Era un vero pramzàn strajè Stefano Alberici. Aveva 71 anni, ma da oltre mezzo secolo viveva a Caracas, in Venezuela. Da giovanissimo, nel 1955, aveva interpretato la parte del figlio di Peppone nel film «Don Camillo e l'onorevole Peppone».
Nella seconda metà degli anni Cinquanta abbiamo frequentato assieme le scuole elementari dalle suore dell'istituto Maria Ausiliatrice in piazzale San Benedetto. Eravamo gli allievi dell'indimenticata suor Gilda Piccoli, poi trasferita a Torino.
Stefano da bambino abitava in via XX Settembre a pochi metri di distanza dall'abitazione di Fabrizio Pallini, ora presidente dell'associazione «I Nostri Borghi». Dato che era basso di statura, con alcuni amici gli avevano affibbiato il soprannome «Nùnsi Picén».
Tutti i giorni passava davanti a casa mia; stavamo sempre vicini perché eravamo i due bambini di statura più bassa della classe, tanto che suor Gilda spesso ci chiamava «Granin di pepe». Dopo anni di ricerche, una decina di anni fa ero riuscito a rimettermi in contatto con lui. Purtroppo il Covid si è portato via anche questo strajè che con la sua breve, ma simpatica interpretazione, era entrato nel cuore di tanti. Sono indimenticabili le immagini in cui «Stefano», il figlio di Peppone, vende il giornale a Don Camillo, impersonato da Fernandel, che paga con una banconota falsa.
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