Il suo sorriso e le nostre lacrime. Non c'era telefonata, in quelle ore di frenetico e triste passaparola, in cui non si ricordasse innanzitutto quel suo sorriso gentile; non c'era telefonata che non si interrompesse, perché il pianto spezzava i discorsi, lo stupore e i ricordi. E non si riusciva più a proseguire.
Annamaria Bianchi se ne è andata all'improvviso un anno fa nel pieno dell'estate, nei giorni che dovevano essere di sole, di mare e di amicizia: quella che da anni la legava a Pia Russo, un'altra delle voci storiche di Radio Parma e con cui stava dividendo anche quella vacanza . Se ne è andata la nostra Annamaria, ed anche l'Annamaria rimasta nel cuore di migliaia di parmigiani che negli anni l'avevano accolta nelle loro case dove sempre entrava con garbo e simpatia, prima con la voce nel pionieristico avvio di Radio Parma e poi anche con il volto per porgere ogni sera, alternandosi a Claudia Magnani, le notizie del Tg Parma.
Nella città del quotidiano più antico e dei tanti fuoriclasse approdati nei quotidiani più prestigiosi come inviati speciali, c'è una storia di giornalismo «minore» che meriterebbe di essere ricostruita e raccontata. È la storia di un giornalismo radio-televisivo che oggi dura ancora e che si è professionalizzato e attrezzato con tecnologie allora impensabili, ma che non sarebbe cresciuto se all'inizio non ci fosse stata quella pattuglia improvvisata, autodidatta, ma capace di metterci il cuore.
Annamaria ne era un emblema. Era lo specchio televisivo di una Parma più semplice e sorridente: quel sorriso, appunto, che era la sua immagine professionale ma anche e soprattutto la sua anima, anche a telecamere e microfoni spenti.
Mai un litigio, mai una parola negativa per nessuno. In questo modo, Anna si era fatta benvolere anche quando dalla radio e dalla tv era passata al telefono del centralino della Gazzetta.
Impossibile non volerle bene. E quando l'allungarsi degli anni aveva dolorosamente svuotato qualche sedia nelle rimpatriate in pizzeria (Betty Zanlari, Ezio Venturi), quel volersi bene ce lo eravamo anche detti a parole: tutti quasi stupiti che un'esperienza di lavoro avesse prodotto una simile amicizia collettiva che durava negli anni.
Quello che non le avevamo mai detto, ma era sottinteso e condiviso da tutti, era che di quei bellissimi anni anche per noi il simbolo era proprio lei: con la sua infinita pazienza nel sopportare le nostre battute e con quel suo modo di fare che continuava a conquistare noi esattamente come aveva conquistato ascoltatori e spettatori. Perché Annamaria, per dirla con la parola più banalmente semplice, era una persona buona. E questa sensazione arrivava subito a chiunque le stesse vicino.
C'è voluto un anno intero per provare a rivedersi, pur sapendo che non sarebbe stata e non sarà più la stessa cosa. Ma avevamo dentro di noi tutti quei ricordi di lavoro, di risate e di affetto. E il pensiero di un mazzo di fiori bianchi che è stato l'ultimo saluto nella sua Pianadetto, dove l'aria è pura come quei suoi sorrisi.
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