Ricordare, scoprire, ma anche immaginare, giocare, sognare. Sentirsi parte di una comunità, ritrovare frammenti della propria storia nella storia di tutti. «Parma e la Gazzetta. Cronaca, cultura, spettacoli, sport: 285 anni di storia», la mostra in corso a Palazzo Pigorini, è un viaggio nel tempo tra storia di Parma e storia del quotidiano che ne porta il nome. Un percorso attraverso pagine e oggetti che sono parte del nostro immaginario collettivo. «In quell'accento giallo, sulla “e” che però è anche “è”, la chiave di tutta la mostra - spiega lo storico Giancarlo Gonizzi, curatore insieme al direttore Claudio Rinaldi -. Non esiste parmigiano che non trovi in mostra qualcosa, un oggetto o una notizia, che non lo riguardi, di cui direttamente o indirettamente sia stato protagonista».
E sembra che proprio in questo senso di appartenenza stia anche la chiave del successo in termini di visitatori: «Sentirsi partecipi della vita della comunità piace. Ripercorrendo la storia della “Gazzetta di Parma” tutti possono riconoscersi. Questa mostra racconta frammenti della nostra identità».
C'è una regola che diventa premessa: è bene ricordarla.
«Dico sempre che non bisogna cercare quello che non c'è, ma gustare fino in fondo quello che c'è. Il nostro auspicio è che i visitatori “giochino” con noi a una sorta di “caccia al tesoro”. L'invito è a cercare relazioni tra pagine e oggetti. In questo modo la mostra diventa un'esperienza vera. La sfida non è raccontare una storia: è farla rivivere. Speriamo che tutti si immergano nella visita al punto da viverla attivamente, non in modo passivo. Apriamo la porta magica ed entriamo nella nostra storia».
Duecento pagine, per ricostruire 285 anni di storia. Un'impresa improba. Quale il criterio seguito per la selezione?
«Dal 1735 a oggi sono uscite circa 68mila e cento “Gazzette”. I numeri dicono subito la mole del materiale con cui abbiamo avuto a che fare. La scelta di selezionare 200 pagine è figlia degli spazi disponibili per l'esposizione. Il criterio principale è stato concentrarci sulla storia di Parma. La suddivisione è basata sulle aree di lavoro della redazione. Ognuna delle quattro redazioni del giornale è stata invitata a indicare, in base alle proprie competenze ed esperienze, una serie di notizie che non potevano mancare. Poi lo storico ci ha messo lo zampino e ha limato gli elenchi proposti, sapendo bene che sarebbe stato impossibile dire tutto».
Fondamentale quindi il gioco di squadra?
«L'impresa è stata possibile grazie al lavoro di tutti, i tanti che ci hanno messo le proprie competenze e conoscenze».
Oltre alle pagine del giornale, tanti oggetti curiosi. Come sono stati scelti?
«Per evitare che qualcuno si potesse annoiare guardando solo le pagine alle pareti, abbiamo pensato di collegare i fatti e le notizie a oggetti capaci di scatenare i ricordi. Un po' come la “madeleine” di Proust, l'oggetto stimola la curiosità e i ricordi, smuove la memoria. Ho cercato di evitare i “dejà-vu”, ossia quegli oggetti già noti e privilegiato quelli particolari, strani proprio per accendere la curiosità dei visitatori».
Quali i più particolari, i meno «ortodossi»?
«Il catalogo della mostra dedicata al Correggio nel 1935, per esempio. Se tutti ricordano il grande evento dedicato all'artista rinascimentale nel 2008, non tutti sanno che la prima retrospettiva risale al periodo fascista. La presenza del catalogo riaccende l'attenzione sull'evento. O la prima edizione della raccolta di poesie “Sirio”, scritte da un giovanissimo Attilio Bertolucci. Ma come questi due, tanti altri interessanti e rari».
E oltre ai libri?
«Anche in questo caso solo per fare qualche esempio, ci sono le scatole di latta risalenti alla prima mostra delle conserve, che ci raccontano come senza quella manifestazione oggi probabilmente non ci sarebbe Cibus; la pipa di Ildebrando Pizzetti, che ci fa ricordare il grande compositore parmigiano; tutti i “memorabilia” sportivi. A questo proposito, un solo esempio: la magia sta proprio nel mettere insieme le pagine speciali dedicate ai trionfi di Vittorio Adorni, campione del mondo, con le foto, i video e la bicicletta con cui vinse nel 1968: sembra di rivivere quel grande successo. Il passato continua così a vivere».
Ecco dunque un altro spunto per gustare la mostra?
«Potremmo definirle variazioni sul tema. Faccio un altro esempio: in cronaca riportiamo la notizia della morte del Mat Sicuri, il clochard-filosofo a cui i parmigiani erano molto affezionati. Poco più in là nel percorso proponiamo la scultura di Aristide Barilli che lo rappresenta: tante interpretazioni dello stesso tema. Al visitatore il compito divertente di trovare legami e relazioni».
Anche un frammento di monumento sembra riprendere vita in mostra.
«La storia di come un pezzo del Monumento a Verdi è arrivato in mostra ha dell'incredibile. Trovarlo non è stato facile, visti i vari passaggi di mano. Sapevo che esisteva ma non sapevo a chi appartenesse. Alla fine, dopo vari passaggi e ricerche, abbiamo raggiunto il proprietario, solo tre giorni prima dell’inaugurazione, che è stato felice di prestarcelo».
Tanti prestatori privati e tanti pubblici.
«Grazie all'entusiasmo dei prestatori privati che con entusiasmo si sono resi disponibili, è stato possibile realizzare questa mostra. Fondamentale anche la collaborazione con istituti pubblici come il Complesso monumentale della Pilotta, con la Biblioteca Palatina e la Palatina musicale e il museo Bodoniano, la Fondazione Cariparma e il Museo Glauco Lombardi».
Tra le pagine, le fotografie, gli oggetti, anche tanti video.
«E' possibile rivivere il passato in diretta attraverso vari Qr Code disseminati nelle sale. Si possono così scaricare i video dei Tg o degli speciali di Tv Parma selezionati con la collaborazione di Gabriele Balestrazzi. C'è anche l'edizione straordinaria del Tg in occasione del ritrovamento di Ferdinando Carretta».
Accompagna la mostra un poderoso catalogo.
«Nel catalogo abbiamo scelto un registro. Abbiamo chiesto ai tanti esperti coinvolti - docenti universitari e giornalisti - di ripercorrere la storia della città e del quotidiano e come la “Gazzetta” li ha raccontati. Una sorta di grande sinfonia, alla fine esce quell'identità comune che unisce chi vive in questa terra e legge questo giornale».
Un grande orgoglio essere anche nel calendario di Parma 2020?
«E' soprattutto un motivo di ringraziamento. Se non ci fossero stati tutti quei parmigiani che sono arrivati prima di noi, che hanno letto e leggono la “Gazzetta”... non ci sarebbe la mostra».
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