«I ricercatori dell'Università di Parma si impegnano a evitare il ricorso all'uso di animali ogni qual volta esista una valida alternativa». Lo aveva sottolineato già nei giorni scorsi il Senato accademico, approvando un documento in cui spiegava come non sia corretto accusare i ricercatori di vivisezione. «L’Università di Parma riconosce il valore e la validità della sperimentazione su modelli animali - sostiene il Senato accademico - quando questa si configuri come l’unico mezzo possibile per poter rispondere ad importanti domande di tipo scientifico o clinico (specialmente se riguardanti la salute umana) non affrontabili mediante metodi pienamente alternativi», sempre «in linea con le più recenti posizioni della comunità scientifica internazionale e nel pieno rispetto delle relative normative nazionali ed europee». Un autorevole comitato di esperti Ue «nel 2017 ha concluso che in diversi ambiti di ricerca (tra cui in particolare, il campo degli studi sul cervello) non sono ancora disponibili valide metodologie alternative rispetto alla sperimentazione su primati non umani». Per questo «l’uso misurato e controllato degli animali, nel rispetto delle stringenti norme in vigore, rappresenta ancora uno strumento fondamentale», grazie al quale sono state fatte «molte scoperte e conquiste in ambito clinico e neuro-riabilitativo». Il Senato accademico aggiungeva anche: «Affermare, senza fondamenti scientifici unanimemente riconosciuti, che esistano metodi alternativi (e altrettanto efficaci) alla sperimentazione animale in tutti gli ambiti della scienza, è fuorviante e fonte di disinformazione». E «nel caso degli esperimenti in corso all’Università di Parma, fare riferimento a pratiche di vivisezione è falso e offensivo nei confronti dei ricercatori e delle istituzioni preposte a giudicare e vigilare». E anche quando a Parma si deve ricorrere agli animali, tutto passa al vaglio di commissioni di esperti e del ministero della Salute. Per l'Ateneo di Parma, il progetto di ricerca Erc «Lightup» al centro delle polemiche (coordinato dall'Università di Torino) rispetta tutte queste condizioni. Il Senato accademico, infine, condannava «ogni offesa o minaccia al Rettore, ai ricercatori e al personale dell'Università, così come il danneggiamento di strutture e materiali dell'Ateneo». Annunciando azioni legali contro gli «atteggiamenti intimidatori».
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