Dalla storia dei sandali rotti del santo a quella dolce golosità parmigiana
È vero che i calzolai sono uguali in tutto il mondo ma, quelli parmigiani, hanno qualcosa di particolare in quanto possono fregiarsi di retaggi storici di tutto rispetto. Infatti alcuni calzolai ducali scrissero il loro nome nella storia o nella leggenda popolare come l’anonimo ciabattino che aggiustò i calzari di Sant'Ilario, Patrono di Parma, che il santo trasformò in oro donandoli al generoso "cibàch", per non parlare di Asdente e Cortopasso. Asdente, fu addirittura citato da Dante nel XX canto dell’Inferno. Cortopasso, invece, fu il calzolaio nano che, all’indomani della clamorosa vittoria dei parmigiani su Federico II con l’annientamento della Cittadella di Vittoria (l’attuale zona attorno all’attuale barriera Santa Croce), si impadronì della corona dell’imperatore sconfitto.
A Sant’Ilario sono legate tantissime tradizioni, in primis, quelle delle scarpette dolci che compaiono in questa giornata nelle pasticcerie e nelle panetterie. Ogni pasticcere e fornaio ha la propria personalissima ricetta come d’altronde la possiede, tramandata dalle sue ave, ogni rezdora che si rispetti. Un po' come gli anolini, la tortafritta, la spongata e le chiacchiere di Carnevale. Un grande facitore di chiacchiere dolci fu l’indimenticato Aldo Castagneti, mitico pasticcere di strada D'Azeglio. Non solo valente maestro pasticcere, ma vessillifero della più schietta e gioiosa parmigianità, custode ed anima dell'Oratorio Sant'Ilario, persona amabile, gentile, garbata nonché innamoratissima della città, del suo dialetto e delle sue tradizioni. E fu proprio Aldo Castagneti, con la collaborazione del fedelissimo Ermes Ghirardi, che, in occasione ella festività del santo Patrono, tanti anni fa ripristinò la tradizione antichissima della consegna dei guanti bianchi alle autorità.
Gli anziani della comunità di Parma e le corporazioni arti e mestieri celebravano ogni anno con festosa pompa il Santo Patrono. Tra le iniziative da loro promosse era significativo il gesto, documentato dalle "Ordinationes" del 1695, ma già in uso in tempi precedenti, di far dono di un paio di guanti bianchi alle autorità nel giorno stesso delle festa patronale auspicando un buon governo per la città.
Ma un tempo, specie "de dla da l’acqua", nel giorno di Sant’Ilario, non mancavano le burlesche trovate di alcuni monelli i quali, armati di una pezzuola di panno a forma di scarpa strofinata nel gesso, la stampavano a mo’ di cliché sul posteriore di chi capitava loro fra i piedi in modo da lasciare una traccia. Sant’Ilario, patrono di Parma, ma anche terz’ultimo «mercante da neve». Infatti, in ordine stagionale, è preceduto da Santa Bibiana (2 dicembre) e Santa Lucia (13 dicembre), quindi seguito da Sant’Antonio Abate "Sant’Antònni dal gozèn" ( 17 gennaio) e, per ultimo, San Biagio ("San Biäz con la neva sotta ‘l näz") che chiude, il 3 di febbraio, la lista dei «mercanti da neve». Un'altra tradizione legata alla ricorrenza di Sant’Ilario ha da vent’anni come teatro la chiesa dell’Annunziata con il concerto benefico dedicato a Padre Lino che vede instancabile regista Claudio Mendogni e, come protagonista, la «Corale Verdi».
Enrico Dall’Olio nelle sue «Tradizioni Parmigiane» (Grafiche Step editrice), accenna che nella notte di San’Ilario, a Borgo Taro, si faceva la «pusèina», termine dialettale con probabile significato di dopocena. In tale occasione si riunivano diverse famiglie per gustare insieme frittelle di mele e di riso. Era un «filossu» speciale festeggiato anche a Tornolo e a Tarsogno con il nome "tredesein". Sant’Ilario fu pure ricordato in versi da tanti poeti dialettali che cantarono, con la lingua dei nostri padri, la figura leggendaria di questo santo come l’indimenticato Fausto Bertozzi.
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