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Roberto Conti, lo chef stellato che ha scelto Parma

05 Maggio 2019, 03:44

di Sandro Piovani
I suoi pensieri sulla cucina vanno più forte delle parole. E parlare con Roberto Conti, chef che ha lasciato a Milano, al Trussardi alla Scala, la Stella Michelin, si capisce che non sarà banale. Chef da sempre,  ha nella testa e nel cuore una cucina robusta e raffinata insieme, basata su grandi materie prime utilizzate secondo tradizione e alleggerita secondo modernità. Una cucina che è anche difficile da descrivere a parole, per capirla meglio basta andare al ristorante «Parmigianino» (all’interno dell’Hotel de La Ville) dove lavora. E dove si trova la sua bistecca alla milanese (fantastica) e il tortello d’erbetta a modo suo (tipicamente e gustosamente parmigiano nella sua originalità), la pizza (molto più che gourmet) e lo spaghetto 5&5 (irresistibile): così per citare alcuni piatti in menu. Arriva a Parma dunque un giovane chef emergente, un top player (per dirla alla moda calcistica) che ha scelto la nostra città. Una occasione unica per gli appassionati (e non) di casa nostra. Ed anche questa è una notizia: la capitale della food valle attrae grandi professionisti della cucina e della gastronomia. Senza dimenticare che Conti, per lavorare a Parma, ha lasciato una città come Milano, altra capitale del rinascimento del gusto. «Era tempo di cambiare, ho lasciato il Trussardi per una scelta professionale chiara - spiega Roberto Conti -, perché ero e sono in buoni rapporti ma mi è stato presentato questo progetto ho accettato la sfida». 

Sfida? 
«Perché è molto complicato, molto lontano dai miei attuali standard. Perché Parma è bacino difficile, chi ci ha lavorato mi ha parlato di una clientela esigente. E questa è una sfida che mi affascina. Poi in un bacino grande come è quello milanese qualcuno che apprezza c’è sempre. Qui, in una realtà numericamente diversa, devo  essere più elastico, imparare a cambiare io in base a quello che verrà richiesto. Fatto naturalmente secondo le mie idee».
Forse è la prima volta che un grande chef sceglie Parma. Si diceva che i grandi prodotti di questa terra limitassero la venuta di cuochi e delle loro brigate.
«Essere limitati dai grandi prodotti è una cosa che non esiste. Anzi, io sono avvantaggiato. Qui non manca niente, Parmigiano e salumi e non solo. Bisogna dare una grande cucina con grandi prodotti, facendo capire che dietro c’è la mano del cuoco. Sto studiando tutte le ricette parmigiane, da Cantarelli in avanti. Secondo me un cuoco è completo se sa fare la gelatina e il brodo di carne. Qui c’è la storia della cucina: l’anolino, il tortello, i bolliti. La vera sfida è dare modernità a queste tradizioni. Che è l’idea di cucina che mi sono fatto lavorando con grandi maestri».
Cosa ti porti di queste esperienze?
«Tanto. Se tu sei bravo devi prendere da tutti e poi metterci del tuo. Da Berton ho preso l’organizzazione della cucina; da Taglienti la genialità e la creatività; da Cracco come cercare di accontentare ogni richiesta, da Leemann tutta la parte vegetale, con la sua stagionalità ma anche i valori nutrizionali delle verdure. E poi io faccio la cucina di Conti, con una traccia di tutti. Ma alla fine faccio la mia cucina».

Arrivi con un team Importante?
«Da anni il mio sous chef è Lorenzo Barbieri a cui mi lega una grande stima professionale ed una amicizia fraterna».
Si può fare grande ristorazione all’interno di un grande hotel?
«A livello europeo i grandi ristoranti sono tutti all’interno dei grandi hotel. In tutto il mondo direi. E si sta iniziando anche in Italia. Credo che ormai non sia più un problema. Un grande ristorante è un grande biglietto da visita per un grande hotel».
Al «Parmigianino», all’interno dell'hotel De la Ville, cosa dobbiamo aspettarci?
«Una cucina italiana, molto leggibile. Ecco perché ho accettato la sfida. Perché questa è una delle capitali del food italiano e una cucina come la mia parla la stessa lingua. E per questo cercheremo di ampliare tutto: accessibile a tutte le ore per chi frequenta l’hotel, questo dalla parte bistrot e room service con pizza, hamburger, club sandwich; poi faremo una cucina molto leggibile nel nostro ristorante, con una parte molto parmigiana».
Dunque perché un parmigiano dovrebbe venire qui ad assaggiare la tua cucina? Cosa gli proponi?
«Un menu alla parmigiana ci sarà sempre: tortello d’erbetta, sto lavorando su savarin e bomba di riso e tanti altri piatti. Poi troveranno i miei piatti icona, la cotoletta di vitello alla milanese, le pizze con due impasti diversi, i miei spaghetti. Credo che i parmigiani potranno trovare cose adeguate alla loro storia gastronomica oltre che alla tradizione italiana».

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