Corsi e ricorsi
Tutta colpa dell'euro. No, non della divisa targata Bce, per la quale vent'anni fa i prezzi raddoppiarono a fronte di stipendi tradotti al centesimo dalle lire. Non colpa della moneta unica, ma dell'unica moneta che a Giampietro Manenti era chiesto di scucire, per evitare la chiusura del Mapi Group, la società del cui nome si riempì la bocca nei 40 giorni da presidente del Parma Fc. Era il febbraio del 2015, ricordate? Altre squadre cambiavano gli allenatori, qui da noi cambiavano i presidenti. Manenti era il quinto della stagione. Si presentò parlando di Mapi Channel, Mapi Fashion e via discorrendo, fino a che dal Mapi si passò alle manette.
Ma il Mapi Group, specializzato in consulenze, era destinato a sopravvivere, almeno fino all'altro ieri. Di internazionale, aveva, a quanto risulta, solo un'acciaccata casa colonica abitata da due anziani a Nova Gorica: questa la sede, appena oltre la frontiera. Ora, Paola Crivelli, amministratore unico (difficile immaginarlo in compagnia) della capofila italiana della holding creata dal 51enne brianzolo in questi giorni ha alzato bandiera bianca. «Preso atto che il capitale sociale è sceso al di sotto del minimo legale di 1 euro e gli azionisti non hanno ricapitalizzato - si legge nei documenti societari - dichiaro lo scioglimento della Mapi Italia srl». Fine anche di questo campionato.
Un euro. Non ci paghi nemmeno un caffè. Manenti ci si comprò il Parma Fc, che l'anno prima si era classificato sesto in campionato (senza poi ottenere la licenza della Uefa per giocare in Europa). Il Parma allenato da Donadoni, che aveva in squadra Mirante, Belfodil, Biabiany, Felipe... Poteva permettersi di schierarli in campo, ma non di pagarli. Dettaglio da niente in una storia che ruota attorno a (solo) un euro, ma con la croce su entrambe le facce. Con quello spicciolo, dopo aver fallito la scalata di Brescia e Pro Vercelli, il nostro eroe conquistò la Serie A.
Tre figli da tre diverse mogli, Manenti aveva allenato in Terza categoria, dopo essere stato una promessa nelle giovanili di Milan, Avellino e Salernitana. Un infortunio gli spezzò i sogni di gloria pallonara: e lui forse si sentì in dovere di riprendersi quanto la malasorte gli aveva rubato. Ma si infortunò anche da presidente. Anzi, diede il colpo di grazia a una società già inguaiata dalla gestione Ghirardi.
Fu a causa dei milioni di euro di debiti lasciati dal presidente di inizio stagione (al quale poi successero Pasquale Giordano, Ermir Kodra e Rezart Taci) che a Manenti bastò il fatidico euro per rilevare le quote del Parma Fc necessarie per conquistare la guida del Parma. Alla conferenza stampa si presentò con barba incolta, occhiaie, una camicia a quadretti dal colletto sbottonato. In tinta con questa, una sgualcita giacca color kaki, più adatta a mimetizzarsi in un bosco che ad affrontare il fuoco di fila di domande. Bando alle apparenze, potrebbe dire qualcuno. E sbaglierebbe, perché quella fu tutta apparenza. Fuffa. Una litania di verbi al futuro, bonifici in partenza o in arrivo accompagnati da fantomatiche folle di investitori. Biascicante un chewing-gum, il sorriso di chi ha visto cose che gli umani nemmeno immaginano, il neopresidente sfoderò promesse, definendo «malinformato» chi muovesse obiezioni. Praticò un gioco offensivo anche nelle uscite seguenti, rilasciando dichiarazioni di questo tenore: «Purtroppo, se non fai i fatti...» o «I soldi ci sono, l'Italia è un manicomio. Il mio modello è Florentino Perez». E anche «Adesso, purtroppo, saranno i fatti a fare la differenza». E quell'avverbio, a ripensarci, sapeva tanto di confessione. Purtroppo.
Esasperati, a fine febbraio i sostenitori del Parma, circondandolo in via Repubblica, gli fecero capire di non fare proprio il tifo per lui. «Manenti è inaffidabile, non dà garanzie» il commento a margine del sindaco Federico Pizzarotti. Il 18 marzo, la Guardia di finanza arrestò mister Mapi con l'accusa di essere pronto a incassare 4,5 milioni per il Parma attraverso carte di credito clonate. Se sia vero non si può dire, nessun verdetto è stato espresso sulla vicenda. L'unica sentenze a suo carico la pronunciò la giustizia sportiva: Manenti fu squalificato per cinque anni, mentre il Parma sprofondava in Serie D. La società crociata doveva toccare il fondo, per risalire, e così avvenne. Ora, cinque anni, a pensarci bene, sono trascorsi. La pena è stata scontata. Che Manenti abbia intenzione di comprare un'altra squadra? L'euro che gli avrebbe permesso di tenere in vita il Mapi Group l'ha risparmiato. Non si sa mai.
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