Come eravamo
Parma del primo Novecento, la città «nuova» e la città «vecchia», contrapposte, diverse, divise, gli sventramenti di epoca fascista dell’Oltretorrente, la costruzione dei capannoni ai margini della città, la loro progressiva demolizione, la sostituzione con i primi interventi popolari degli anni Cinquanta fino ai Peep degli anni Settanta: questo e molto altro proporrà la mostra sui «Capannoni» aperta al Palazzo del Governatore da domani fino al 25 aprile a ingresso libero.
Curata dal Centro studi movimenti e dall’Università di Parma (Area della Rappresentazione, Unità di Architettura, Dipartimento di Ingegneria e Architettura) con il contributo del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Parma nell’ambito delle attività di Parma Capitale della Cultura 2020+21, la mostra si aprirà al pubblico domani alle ore 9.
L’origine dei Capannoni è intimamente legata a un momento specifico della storia di Parma: allo sventramento del «riottoso» Oltretorrente («colpevole» delle Barricate del 1922) da parte del regime fascista e al conseguente spostamento di molte famiglie in caseggiati ultrapopolari dalla forma a capanna (di qui il nome) in zone periferiche (a sud via Navetta, a ovest il Cornocchio, a nord via Verona, via Venezia, via Toscana, il Paullo, ad est il Castelletto; tutte aree di bassissimo valore economico).
Tanti alloggi affiancati, sormontati da un unico tetto a due falde (a capanna appunto): moduli abitativi per 4-6 persone di dimensioni molto ridotte, dotati solo di una stufa e inizialmente senza acqua corrente.
La ricerca condotta attraverso l’analisi e l’elaborazione di un amplissimo apparato storico-iconografico dall’Area della Rappresentazione del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Parma, affronta la vicenda dei capannoni di Parma come una lezione urbanistica da non dimenticare.
Le amministrazioni succedutesi dopo la Liberazione si faranno carico della «vergogna dei capannoni» anche se, viste le difficoltà economiche del Paese, sarà necessario attendere il 1957-'58 per vedere realizzate le prime case popolari che consentiranno la progressiva demolizione dei capannoni, e la sistemazione delle persone in alloggi dotati finalmente di cucina e di bagno.
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