donne
Il titolo architetta a Parma ora è ufficiale. Una «a» significante, per una marcatura morfologica di segno epocale.
L’Ordine degli Architetti della nostra provincia, lo scorso 2 marzo, ha varato il libero uso dei termini «architetto» e «architetta», con relativo impiego del timbro professionale.
Una decisione importante in merito alla questione, da anni dibattuta tra gli Ordini professionali (in Italia il primo via libera arrivò nel 2017 da quello di Bergamo, capofila della nutrita schiera dei favorevoli), a cui perfino l’Accademia della Crusca ha dato il suo placet. Altrove non ci si pensa più, come le arquitecte spagnole possono confermare. «L’architettura è un mestiere da uomini, ma io ho sempre fatto finta di nulla» era solita dire l’indimenticata Gae Aulenti.
Le donne dell’architettura ora vanno oltre e chiedono di essere chiamate con il loro nome. Poiché il linguaggio cambia il pensiero e viceversa, come la storia dei popoli dimostra, l’uso del femminile non solo è grammaticalmente corretto ma attesta l’identità di genere all’interno della professione. Un curare la forma agendo per la sostanza.
«L’Ordine degli Architetti pianificatori paesaggisti e conservatori della Provincia di Parma - si legge nella delibera dell'Ordine - promuove la valorizzazione del pluralismo e delle pratiche inclusive, in generale nel mondo del lavoro ed in particolare in seno al sistema ordinistico e nell’esercizio istituzionale della professione di architetto. Si oppone a qualsiasi forma di discriminazione per il superamento di ogni eventuale stereotipo di genere, dando peraltro seguito ad un indirizzo collettivo negli organismi rappresentativi ed elettivi, oltreché nel corpus stesso dell’Ordine, che vede ampiamente presenti colleghi di ambo i sessi». La delibera recepisce i principi espressi nella «Carta etica per le pari opportunità e l’uguaglianza nella professione di architetto» elaborata dall’Associazione delle Donne Architetto, orientata alla valorizzazione del pluralismo e delle pratiche inclusive nel mondo del lavoro.
Architetta non vi piace? Forse, se suona strano, la colpa è dell’abitudine e di una strisciante diffidenza, impigliata tra cultura e costume, di storcere il naso davanti a parole solitamente usate al maschile. Declinare al femminile si può, in questo caso. Non resta che allenare l’orecchio. Ed aprire la mente alla libertà di scelta. «La decisione nasce nel periodo della festa della donna - dice Daniele Pezzali, presidente dell’Ordine degli Architetti di Parma - ma in realtà la nostra intenzione non era legarla all’evento quanto invece dare un riconoscimento civile, che mi pare molto più autorevole. E’ un dato di fatto che il termine venga utilizzato nella pratica, anche se sono pochissime le donne che utilizzano il titolo architetta anche laddove sia consentito. Il senso della libertà apre la questione della scelta: ed è giusto così».
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