×
×
☰ MENU

mafia

Strage di via D'Amelio: Maria Claudia Loi, sentinella della memoria per la sorella Emanuela

La sentinella della memoria

di Antonio Bertoncini

05 Giugno 2022, 10:15

Il processo Aemilia ha scoperchiato quello che molti non hanno voluto vedere: una mafia diversa da quella di trent’anni fa ma che innegabilmente coinvolge e riguarda anche il nostro territorio.
Anche per questo ricordare non è uno stanco rito, ma un dovere civico, un segno di rispetto per chi ha pagato con la vita e il modo migliore per far crescere i cittadini di domani.
E’ partita da questa constatazione la giornalista della «Gazzetta» Chiara Cacciani, che ha coordinato l’incontro con Maria Claudia Loi, sorella di Emanuela, vittima della strage di via D’Amelio, in cui il 19 luglio 1992 persero la vita il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta.
Nell’incontro a Palazzo del Governatore, promosso da «Libera Parma» insieme al Comune nell’ambito delle celebrazioni per il trentesimo anniversario delle stragi che hanno colpito i giudici Falcone e Borsellino, Maria Claudia Loi, affiancata dal marito Enrico, ha ripercorso con lucidità ed emozione la tragedia che ha cambiato la vita della sua famiglia.
«La cosa più utile che possiamo fare – ha esordito Maria Claudia Loi – è non dimenticare, portare la nostra esperienza nelle scuole, e soprattutto fare tutti con coerenza la nostra parte in difesa della legalità».
La sorella di Emanuela Loi ha rivissuto il momento in cui ha saputo che la sorella era stata uccisa dall'autobomba: si trovava in vacanza a Riva del Garda, quando ha appreso della strage di Palermo: «Ma né io né i miei genitori sapevamo che mia sorella era impiegata nella scorta a Borsellino. Ho saputo che era fra le vittime in albergo ascoltando il TG 3. Nessuno ci aveva avvertito».
E fu così che la prima donna poliziotto in Italia inserita nella scorta di un magistrato, fu anche la prima poliziotta vittima di un attentato di mafia. Dopo la strage, il padre di Emanuela girò l’Italia per tenere viva la sua memoria, fino a quando morì di crepacuore.
Poi continuarono la mamma e infine la sorella Maria Claudia, che si è data questa missione di «sentinella della memoria»: «Per 26 anni non sono riuscita a tornare in Sicilia – ha raccontato – ogni volta che vedevo un’auto targata PA mi veniva un tuffo al cuore. Ci sono riuscita quattro anni fa con la nave della legalità, dedicata agli angeli custodi».
Sono passati trent’anni, ma Maria Claudia non si dà pace per il destino di Emanuela: «Voleva fare la maestra. Fui io – dice – a spingerla a fare il concorso in polizia. Lei lo vinse, frequentò il corso a Trieste, poi e fu destinata a Palermo. Attraversammo l’Italia insieme in treno. Era cambiata, più forte, più determinata. Il destino ha voluto così». E’ consapevole Maria Claudia che ancora oggi manca un pezzo di verità, ma non ha perso fiducia nello Stato, perché «lo Stato siamo noi», nonostante i servizi deviati e gli insabbiamenti. E non vuole sentire parlare di odio: «Non ho mai provato odio, ma desiderio di giustizia, di legalità e di memoria. Siamo una famiglia religiosa, ma è molto difficile parlare di perdono. Forse più giusto seguire la strada della giustizia riparativa».
Il prossimo passo potrebbe essere la fondazione di un museo nella casa di famiglia, a Cagliari, dove potrà tornare a brillare il sorriso di «Raggio di Sole» (così i colleghi chiamavano Emanuela) anche grazie all’illustrazione firmata dal parmigiano Luca Soncini.
L’incontro si è chiuso con le testimonianze dei rappresentanti delle forze dell’Ordine: il vicequestore Giovanna Sabato, il tenente colonnello dei carabinieri Andrea Pacchiarotti e il maggiore Antonio Dima della Guardia di finanza.

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI