Intervista
Mai pensare che la seduta sia un semplice «massaggio». E neppure che stiamo parlando di qualcosa di alternativo alla medicina tradizionale: perché le due discipline, al contrario, vanno a braccetto, collaborano per un solo traguardo: la salute. In Italia - secondo una ricerca pubblicata dalla rivista scientifica Plos One - il numero degli osteopati oscilla tra 4600 e 5600, gli iscritti al Roi (Registro Osteopati d'Italia) sono 3500. Eppure molte persone non hanno ancora le idee chiare sull'osteopatia. Quando è utile, quante sedute servono, come scegliere il professionista adeguato, in pochi sanno che c'è una nuova (ed era attesissima) legge che la disciplina: allora ne parliamo con Mauro Fornari, storico osteopata parmigiano e presidente del Cio, Collegio italiano di osteopatia.
Quali sono i principi cardine?
«Ci occupiamo di salute, innanzitutto, e finalmente l'osteopatia è stata classificata ufficialmente come disciplina sanitaria. Cosa facciamo in concreto? Manipolazioni su tutto il corpo, dolci ma precise dal punto di vista anatomico, per interagire sulle funzioni corporee in modo profondo. I principi fondamentali, in estrema sintesi, sono che il corpo è un'unità che ha capacità di autoregolarsi con l'obiettivo di mantenere la salute; che struttura e funzione sono reciprocamente correlate e che la persona va vista nella sua globalità, corpo e psiche».
A cosa servono le manipolazioni?
«Consideriamo tre fattori: servono a migliorare la meccanica dell'apparato muscolo-scheletrico, la circolazione sanguigna, la conduttività neurologica del paziente. Il ruolo dell'osteopata è eliminare ostacoli e interferenze del corpo al fine di permettere all'organismo, sfruttando la propria capacità di autoregolazione, di ritrovare la salute».
Può fare un esempio concreto per ognuno di questi tre fattori?
«Ad esempio, nel caso dell'apparato muscolo-scheletrico, interveniamo sui dolori articolari come le cervicalgie, le lombalgie e via dicendo; dal punto di vista circolatorio, per citare un solo esempio, sugli edemi linfatici; come conduttività neurologica, nelle sciatalgie o brachialgie (dolore alla gamba o al braccio) e altro».
L'osteopata può intervenire anche sui disturbi gastro-intestinali? Ad esempio il colon irritabile, classica patologia che in molti casi è legata allo stress.
«Sì. Anche questa patologia può essere trattata con manipolazione per migliorare la conduttività neurologica. Ci tengo a sottolineare che l'approccio dell'osteopata è sempre massimamente rispettoso verso il paziente, mai nelle manipolazioni vengono usate tecniche aggressive. Inoltre è fondamentale che l'osteopata abbia approfondite conoscenze di anatomia, fisiologia e patologia, cioè sappia fino a dove può arrivare la sua azione e dove, invece, serve anche l'intervento del medico-specialista».
Come si riesce a riconoscere il «bravo» osteopata in un mondo in cui per decenni la «deregulation» è stata imperante?
«L'osteopata deve aver frequentato cinque anni di formazione in enti accreditati. Ne cito due, che non sono gli unici, ma direi i principali: cioè il Roi, il Registro degli osteopati italiani, e l'Aiso, Associazione italiana scuole di osteopatia. In questi si usano gli stessi criteri che valgono in tutt'Europa. Al Roi e all'Aiso i cittadini si possono rivolgere per chiedere informazioni».
Ma esiste una laurea in osteopatia?
«Il 29 settembre 2021 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto del Presidente della Repubblica del 7 luglio 2021, numero 131, che istituisce la professione sanitaria dell’osteopata. Sono attualmente in corso di definizione, fra gli altri, sia l’ordinamento didattico della formazione universitaria, sia gli eventuali percorsi formativi integrativi per i soggetti che dovessero aver conseguito titoli extrauniversitari. Aspettavamo questa legge da 30 anni, perché l'Italia in questo settore è rimasta indietro rispetto ai Paesi europee più evoluti. Ma noi osteopati abbiamo molti dubbi su questa legge così a lungo attesa».
Quali sono le perplessità?
«Giusto che di formazione si occupi l'Università, ma ci aspettavamo corsi di cinque anni, mentre saranno di tre: riteniamo che siano troppo pochi. L'altra questione riguarda i docenti: chi insegnerà all'Università, visto che non sono stati formati, in questi anni, docenti universitari? Sia chiaro, questa è una critica costruttiva, nel senso che diamo il benvenuto comunque a una legge che regolamenta il sistema. Siamo critici, però: giustissimo superare l'abusivismo, ma ora formiamo i docenti».
Qual è la differenza tra fisioterapia e osteopatia?
«Premetto che io nasco come fisioterapista. Si tratta di due discipline diverse, ma complementari. La fisioterapia, portata in Italia da don Gnocchi, è una medicina riabilitativa, l'osteopatia, nata alla fine dell'800 in Usa da un medico generalista, è una medicina manipolativa. Il trattamento osteopatico è una terapia manuale che si avvale di un unico strumento di intervento: le mani. Il fisioterapista può usare altri strumenti quali, ad esempio, laserterapia, ultrasuoni eccetera. Il fisioterapista si concentra sull'area interessata dal dolore, mentre l'osteopata pone l'attenzione più generale e globale sul paziente cercando di individuare i meccanismi adattivi in atto».
Come fa le diagnosi l'osteopata?
«Innanzitutto si parla di “diagnosi differenziale”, cioè si deve capire se il caso in questione è di competenza dell'osteopata: ci sono patologie su cui non possiamo agire, ad esempio cronico-degenerative, infettivologiche, psichiatriche, oncologiche. Dopodiché ci si avvale della diagnosi attraverso la manipolazione dei tessuti: attraverso il tocco manuale l'osteopata deve saper leggere ciò che il tessuto esprime. Faccio un esempio: vedere se il tessuto è sufficientemente elastico».
Quali qualità deve avere un bravo osteopata?
«La conoscenza della materia medica, la sensibilità manuale, l'abilità clinica».
Come funzionano le manipolazioni?
«Lo spiego con un esempio. Immaginiamo un sarto che costruisce su misura un vestito per una persona. Ci sono tessuti - come il tessuto connettivo - che ricoprono tutto il corpo umano. Se, a causa di vecchi traumi oppure infezioni importanti, ci sono parti del corpo più ferme dal punto di vista della mobilità, può succedere che tutto il tessuto “tiri”, si metta in trazione: se ho un problema al bacino, il danno va a finire alla spalla, perché diminuisce la capacità elastica del vestito e la spalla viene come impacchettata dalla tensione».
Quante sedute servono mediamente?
«Su persone che non hanno patologie gravi, ad esempio artropatie cronica, il ciclo base è di 3-5 sedute, poi un controllo dopo sei mesi. Le patologie gravi invece vanno assolutamente condivise con il medico specialista del settore. Ribadisco: l'osteopatia non è assolutamente sostitutiva della medicina tradizionale, ma è complementare».
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