Diffamazione
Erano i tempi di Easy Money, l'indagine terremoto in seguito alla quale cadde la giunta Vignali. Parma (ne avrebbe volentieri fatto a meno) si ritrovò al centro dei riflettori: tanto che qualcuno prese un abbaglio. Ieri si è chiusa la causa civile che contrapponeva Giovanni Paolo Bernini, assessore alla Scuola in quel periodo, a La7. Motivo della contesa? Un servizio andato in onda durante un telegiornale, con questo titolo: «Ecco il filmato che incastra i quattro». Il contenuto riguardava la cessione di mazzette catturata da una telecamera nascosta, senza che comparissero volti. Trasmesse con il logo della Guardia di finanza, le immagini avevano tutto il crisma dell'ufficialità: peccato, però che si riferissero a un'altra indagine (sempre a Parma) e Bernini non c'entrasse proprio niente, a differenza di quanto recitava il servizio giornalistico, nel quale si faceva il suo nome. «Un cuci e incolla evidente» commenta lui.
Era il 26 settembre del 2011, e a distanza di un commissariamento e tre giunte, Bernini, assistito dall'avvocato Gianluca Dallari, è stato riconosciuto vittima di diffamazione da parte de La7. Il giudice Marco Vittoria, della Seconda sezione civile del Tribunale di Parma ha condannato l'emittente a pagare 17.850 euro all'ex assessore di Forza Italia, oltre alle spese processuali.
«Ad avvisarmi - racconta Bernini, che in questi giorni ha dato alle stampe il suo ultimo libro “Colpo al sistema” - furono amici che abitavano in un'altra città. Il telegiornale venne diffuso a livello nazionale e procurò un danno gravissimo alla mia reputazione. I miei avvocati chiamarono, e il filmato non andò più in onda. Poco dopo, sparì anche da internet. Però ormai il danno era stato fatto».
Bernini, che sempre sul caso Esasy Money, ha in atto un ricorso alla Corte europea di giustizia di Strasburgo, ricorda inoltre di aver evitato di denunciare altri per diffamazione («Mi accusarono di tutto e di più in quel periodo»). «Ma quando si tocca la dignità delle persone - sottolinea - bisogna rispettare ancora di più la verità».
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