Progetto Sum
Una serata all’insegna della riflessione sulla salute e i suoi sistemi quella che ha organizzato «Progetto Sum», un’associazione sempre più presente sul territorio sia per le attività di cura che sostiene, che per i momenti di stimolo culturale di qualità. Lo spunto è il podcast di Fabio Vanni «Navigare nella cura», che testimonia un quarto di secolo di vita professionale nella nostra città, e non solo. Al centro del dibattito la salute mentale, e la salute in generale, nella nostra realtà locale e di come può essere declinato un percorso professionale che sia presenza attiva.
Vanni è stato per oltre trent’anni un dirigente psicologo della Azienda sanitaria locale, la sua testimonianza ha quindi raccontato come i servizi pubblici fronteggiano le esigenze di cura. Il parere dei presenti, autorevoli esponenti del mondo della salute della nostra e di altre città, si è incentrato sulla capacità del tessuto sanitario di rispondere alle domande di cura. Parrella, psicologo dirigente dell’Asl Toscana Nord Ovest, ha messo in evidenza come, a suo dire, le Aziende sanitarie siano ben poco sensibili alle richieste di salute del territorio e funzionino più come organizzazioni che tendono ad autoconservarsi più che a produrre salute. Una posizione che ha condiviso anche Alessandro Bosi, sociologo, già docente dell'Università di Parma, che ha messo in evidenza come l’esperienza di Vanni non costituisca certo un’eccezione, ma piuttosto una pratica diffusa.
La capacità innovativa e di stare al passo con l’evolversi delle conoscenze per rispondere sempre meglio alle esigenze dei cittadini appare, quindi, di «disturbo» per un sistema che tende alla chiusura. Le competenze di Maria Zirilli, già primario del servizio di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza della nostra Azienda sanitaria, derivano dall’esperienza del lavoro in manicomio, che per definizione era una struttura di «non cura» e di chiusura. Tra i temi anche le radici dei sistemi di salute territoriale, nati dalla chiusura dei manicomi e dalla stagione delle riforme degli anni settanta e ottanta, che ha introdotto nello stato sociale novità importanti. E nel privato, com'è la situazione? Alcuni spunti sono arrivati da Alessandra Micheloni e Carlotta Longhi, che operano a Milano: hanno sottolineato come il privato «profit» sia capace in molti casi di portare cultura e soluzioni terapeutiche alle quali il pubblico fa fatica ad arrivare. Facendo riferimento al podcast di Vanni, alla testimonianza di Parrella si è spiegato anche il ruolo del terzo settore, che mette al centro l’etica dell’accessibilità, pilastro fondamentale del concetto di cura.
In particolare, ci sono esperienze di organizzazioni del terzo settore che, da poco, si sono organizzate in una «Rete nazionale per la psicoterapia sociale», la quale fornisce una «terza via» di cura a migliaia di cittadini. Roberta Giampietri ha infine sottolineato come sia difficile il dialogo fra organizzazioni del privato sociale e del mondo associazionistico parmense con le istituzioni pubbliche e come prevalga una cultura della cura.
Alla fine, tutti gli esperti intervenuti hanno auspicato che si arrivi a percorrere una strada in grado di mettere insieme i diversi attori. L'obiettivo è arrivare a soluzioni concrete e comuni, con una compartecipazione di diversi soggetti: «Soluzioni che rispettino l'interesse dei cittadini».
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