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CINEMA

Pietro Cornini «Il mio corto sul disagio dei giovani»

Il regista 24enne ha girato a Parma «Il ragazzo del cavalcavia»

Pietro Cornini «Il mio corto  sul disagio dei giovani»

di Filiberto Molossi

09 Ottobre 2024, 16:43

«Stavo scrivendo un lungometraggio, ma l'inizio non mi quadrava: quindi l'ho trasformato in un corto. Quando sono tornato in Italia da Los Angeles nel 2022 ho visto un forte stato di depressione tra i giovani: qualcosa che mi toccava, perché anch'io ho conosciuto la depressione in America. “Il ragazzo del cavalcavia” è nato da questa esigenza: dal volere capire cosa ci fosse dietro questo disagio». Non ha ancora 25 anni, ha frequentato il liceo Bertolucci e poi la New York Film Academy Pietro Cornini, il giovane regista che a marzo ha girato nella sua Parma un cortometraggio di 22 minuti - prodotto dalla reggiana Neway e dall'americana (ma fondata a L.A. da italiani) Maua Media - che ora, ormai ultimato, punta a portare nei principali festival mondiali. «È iniziato tutto - racconta - leggendo “L'ospite inquietante” di Umberto Galimberti, un libro in cui si parla anche dei ragazzi che gettavano i sassi dal cavalcavia, un fenomeno degli anni '90».
Perché ti ha interessato tanto da farci un film?
«Mi ha colpito molto questo gesto, mi è parsa l'esplosione di un disagio là dove invece oggi, al contrario, il disagio implode. Nel mio cortometraggio volevo osservare un ragazzo prima di compiere questo gesto, raccontandolo attraverso lo sguardo di un'amica».
Ma qual è l'obiettivo de «Il ragazzo del cavalcavia»? Cosa vorresti comunicare?
Il mio corto non vuole dare risposte, l'obiettivo piuttosto era cominciare a farsi delle domande: indagare il disagio post-adolescenziale, che credo sia molto sfaccettato. Con questo cortometraggio volevo aprire una parentesi, una discussione».
In che luoghi hai girato?
«Il cavalcavia è quello di via Europa, poi siamo stati in piazzale Picelli e, per gli interni, in un b&b del centro storico “Al Battistero d'oro”. Avrei voluto girare in molti altri posti ma abbiamo beccato la settimana più piovosa dell'anno. Ma nonostante il diluvio ce l'abbiamo fatta».
Parlami degli interpreti.
«I protagonisti sono Nina Pons, una grande promessa che ha girato film come “Bangla” e “Enea” e serie come “Vita da Carlo” e “Kostas” e Carmine Buschini, che in tv tra le altre cose ha fatto “Braccialetti rossi” e “Cuori”, Licia Navarrini, nel ruolo della madre. La colonna sonora invece è curata dal compositore parmigiano Pietro Cantarelli, a cui il progetto è piaciuto molto. Il direttore della fotografia è Nicola Ciccarelli e la produttrice la bolognese Rebecca Morandi. Il budget? 50mila euro. Ma sono particolarmente contento perché, anche grazie alla collaborazione con l'assessorato alla Comunità giovanile, nella lavorazione sono riuscito a coinvolgere anche tanti ragazzi di Parma».
Ma il progetto del lungometraggio lo hai accantonato?
«No, assolutamente: non l'ho dimenticato. Lo sto scrivendo, parlerà molto più in profondità dello stesso argomento di cui si occupa il corto: ossia della depressione giovanile e della forte mancanza di amore all'interno della nostra vita sia da un punto di vista sociale che familiare». Una «grande apatia» che forse il cinema se non guarire può almeno affrontare, spiegare: e infine esorcizzare.
Filiberto Molossi

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