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Allergie, se i sintomi esordiscono negli «anta»

Allergie, se i sintomi esordiscono negli «anta»

di Antonella Cortese

12 Agosto 2020, 10:20

Aiuto, ho sviluppato un’allergia! Spesso sentiamo questa esclamazione da parte di persone che più o meno improvvisamente ravvisano disturbi prima mai avvertiti: riniti, congiuntiviti, prurito a naso, palato, orecchie, difficoltà respiratorie o anche nausea, diarrea o orticaria. 
Giunti dal medico curante, dopo la visita del caso e la valutazione dei sintomi, i pazienti vengono indirizzati dallo specialista allergologo per cercare di capire perché il sistema immunitario risponda male o in modo eccessivo a sostanze innocue con le quali di solito si è in contatto e per individuare l’allergene che produce l’indesiderata reazione. Abbiamo chiesto a Sergio Scarpa, direttore della unità operativa di Allergologia e immunologia clinica dell’Ausl di Parma di spiegarci questo meccanismo tanto diffuso quanto poco chiaro ai più.
IPERATTIVITÀ IMMUNITARIA
«Studi internazionali hanno messo in evidenza il meccanismo che rende un soggetto allergico o atopico. In sostanza si fonda su un’iperattività a livello immunologico che porta alla produzione di anticorpi che non dovrebbero essere prodotti -  spiega Scarpa - Questi anticorpi riconoscono le sequenze di aminoacidi e in quella sede si innesca una reazione allergica. Si pensi alle allergie ai pollini o ai peli di animali dovuti ad allergeni aero diffusi che colpiscono le mucose rivolte all’esterno: naso, occhio e polmone che sviluppano riniti allergiche, congiuntiviti e asma bronchiale. Nel caso degli alimenti, si possono manifestare reazioni dermatologiche o intestinali o, addirittura, si può arrivare, per fortuna non così spesso, a shock anafilattici».
STILE DI VITA OCCIDENTALE
Perché avviene tutto questo? «Un tempo si attribuiva la responsabilità ai contaminanti e all’inquinamento, che sicuramente hanno un effetto quantomeno irritante. Oggi la presenza di tanti pazienti allergici sembrerebbe dovuta ad uno stile di vita tipicamente occidentale, per esempio all’uso di antibiotici e in generale di farmaci non sempre strettamente necessari magari assunti in automedicazione. Ci ammaliamo sempre meno di patologie infettive ma più frequentemente si sviluppano ipersensibilità e allergie. E’  lo stile di vita occidentale  tipico delle realtà socio-economico avanzate che hanno facilmente accesso alle terapie farmacologiche».
UNO SU TRE NE SOFFRE
 E’ da considerarsi una malattia cronica? «Certamente, ed è al terzo posto tra le patologie croniche più diffuse dopo quelle osteoarticolari e l’ipertensione. Attualmente le malattie allergiche colpiscono il 30% della popolazione italiana e sono a carico di organi diversi. Le patologie più diffuse nelle nostre zone sono a carico del sistema respiratorio: rinite, asma allergica e congiuntivite con un’incidenza fino al 25-30% soprattutto nell’età adolescenziale».  E le allergie alimentari? «Spesso c’è un incrocio tra le allergie respiratorie e quelle alimentari, per esempio tra pollini e alcuni alimenti, quindi delle reazioni crociate. Perfino gli acari della polvere possono avere reazioni crociate con crostacei e molluschi». 
ALLERGICI A 40 ANNI
A che età si può diventare dei soggetti allergici? «Molto spesso vediamo per la prima volta pazienti con sintomi verso i 40-50 anni. Magari in età infantile avevano avuto qualche disturbo lieve, qualche sensibilizzazione che poi viene manifestandosi in modo più acuto nel corso della vita. Questo è quello che noi definiamo "allergy march", cioè la progressione dei disturbi allergici che dura tutta la vita anche se noi cerchiamo di alleviarne i sintomi attraverso terapie farmacologiche o meccanismi preventivi. Quindi un soggetto allergico va seguito nel tempo». 
Una persona che diventa allergica è stata prima «ipersensibile»? «Sì. Va fatta una distinzione: la condizione di sensibilità è quando il sistema immunitario si è sensibilizzato a qualcosa, mentre l’allergia è la conseguenza di questa sensibilità. Un soggetto può essere sensibile senza avere grandi manifestazioni finché non si creano delle condizioni in cui si manifestano reazioni allergiche più o meno importanti».
 Esiste una prevenzione? «Il paziente, prima di tutto, deve essere studiato da un immunologo per poter fare una diagnosi secondo criteri e schemi internazionali condivisi. Poi va valutato se possibile evitare l’esposizione all’allergene; quando non sia possibile, si agisce informando bene il paziente e utilizzando terapie farmacologiche al bisogno. La diagnosi di questo tipo di patologia è complessa anche perché colpisce organi diversi. Infatti noi nella nostra unità di Parma e nei nostri distretti abbiamo un approccio multidisciplinare, siamo in interconnessione con otorino, oculisti, dermatologi, pneumologi gastroenterologi e perfino neurologi quando necessario. Un protocollo diagnostico e terapeutico individualizzato che abbiamo cominciato già 10 anni fa e al quale si stanno ispirando anche altri ospedali e professionisti».
 

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