Salute
L'abc dello stress: ne parliamo con Andrea Sgoifo, professore ordinario di Fisiologia, direttore del Laboratorio di Fisiologia dello stress, presidente del corso di laurea magistrale in Scienze biomediche traslazionali e vice direttore del Dipartimento di Scienze chimiche, della vita e della sostenibilità ambientale dell'Università di Parma.
I sintomi dello stress: non solo ansia o depressione, anche quelli fisici.
I sintomi sono sia di natura psicologica che somatica. Nel primo caso, si osservano difficoltà a rilassarsi, accessi di rabbia, preoccupazione costante, senso di solitudine, bassa autostima, ansia, depressione, calo della libido, forte tendenza ad adottare un’alimentazione sregolata e a consumare eccessivamente tabacco, alcolici o sostanze stupefacenti. Sul fronte fisico, i sintomi più frequenti sono tachicardia, respiro accelerato e affannoso, spossatezza, insonnia, disturbi allo stomaco ed intestinali, mal di testa, dolori e tensioni muscolari.
Quali sono le cause più frequenti dello stress?
I fattori di stress sono di varia natura. Possono essere prevalentemente fisici, come variazioni ambientali o uno sforzo eccessivo; oppure per lo più psicologici, come certe relazioni interpersonali complicate in ambito familiare e sociale. Possono essere episodici, cioè di breve durata, come un imprevisto: smarrire un mazzo di chiavi o perdere un treno. In questo caso anche il loro impatto è transitorio e non risulta particolarmente preoccupante. Tuttavia, le sollecitazioni stressanti possono presentarsi in forma cronica e persistente: pensiamo a situazioni di conflitto in ambito familiare o lavorativo che si protraggono nel tempo e che non riusciamo a risolvere. Queste possono rappresentare un rischio concreto per la nostra salute fisica e mentale. Certo, in casi estremi, anche l’evento isolato può essere molto destabilizzante: una violenza fisica, la perdita di un congiunto, un terremoto, un attacco terroristico, una pesante perdita economica… e dare origine a quello che viene chiamato disturbo post traumatico da stress. In tutti i casi, le variabili prevedibilità/controllabilità giocano un ruolo di primo piano. Quanto meno siamo in grado di prevedere e - soprattutto - controllare la situazione che ci troviamo ad affrontare, tanto maggiore è l’attivazione che si determina nel nostro cervello e nel nostro organismo.
Lo stress può portare al burnout?
Il burnout è una sindrome che solitamente si determina nelle professioni che presentano un’elevata implicazione relazionale, ovvero quelle che offrono educazione, sostegno e cure alle persone in difficoltà. Pensiamo ad esempio ai mestieri di ambito sanitario, educativo e sociale: medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, ma anche gli insegnanti, i pompieri e i poliziotti. In tutti costoro, l’implicazione emotiva personale dell’operatore è molto elevata. Se poi, come non di rado succede, ci troviamo - comuni cittadini - a farci carico per un tempo prolungato di una persona cara che soffre di una malattia invalidante, a lungo andare il fardello che grava sulle nostre spalle (e sulla nostra salute mentale e fisica) diventa pesantissimo, ben più di quanto non incida su chi è professionalmente attrezzato per fare tutto questo.
È vero che frequentare persone stressate è stressante e fa aumentare i livelli di cortisolo?
L’abilità nel relazionarsi e nel percepire le emozioni altrui ci consente di navigare in modo efficiente ed appagante in un ambiente sociale complesso come il nostro. Tuttavia, sappiamo anche che gli stati emozionali negativi altrui possono essere contagiosi, ovvero che esiste una trasmissione da chi li vive in prima persona a chi ne è testimone più o meno volontario e consapevole. Ed è stato dimostrato che questa trasmissione implica nel “contagiato” attivazioni del sistema nervoso e del sistema endocrino in tutto e per tutto sovrapponibili a quelle che si riscontrano nel “contagiante”. Questa constatazione, lungi dal voler scoraggiare gli atteggiamenti empatici ed altruistici, deve comunque farci riflettere sul fatto che il supporto sociale/psicologico potrà essere efficace soltanto se chi lo attua è sufficientemente protetto e attrezzato rispetto alle sue possibili ripercussioni.
Quali sono gli accorgimenti per difendersi dallo stress (e dalle persone stressanti)?
Quando mi si chiede di parlare di “tecniche anti-stress” mi vengono spesso in mente quei terapeuti che congedano il paziente dicendo “…e mi raccomando: cerca di evitare il più possibile le situazioni stressanti!” Questo mi fa sorridere. Si, perché è molto facile a dirsi! Posso convintamente propormi di evitare le situazioni di stress uscendo dallo studio del terapeuta, ma se incontro, subito dopo, per strada, una persona o una situazione che mi creano grande fastidio, allora il mio buon proposito crolla subito. Ora, noi possiamo senz’altro evitare, almeno in parte, le situazioni che ci provocano disagio. Possiamo anche limitare al minimo, o addirittura abolire, la frequentazione di persone per noi particolarmente sgradevoli! Anzi, questo e quanto spontaneamente (più o meno coscientemente) già facciamo: una forma di prevenzione spontanea dallo stress, potremmo dire! Tuttavia, resta il fatto che in ambito lavorativo - e spesso purtroppo anche in ambito familiare - certe persone e certe situazioni sono difficilmente evitabili. Insomma, più che evitare lo stress, ciò che concretamente possiamo imparare a fare è gestirlo in modo adeguato.
Oggi abbiamo a disposizione una serie di strategie comportamentali che ci consentono di rinforzare la nostra capacità di resilienza allo stress. In realtà, ciascuno di noi ha (o ritiene di avere) le proprie personali contromisure contro l’ansia e lo stress. C’è chi fa tre respiri profondi prima del colloquio con il capo ufficio, chi a tennis non calpesta le righe quando riprende posizione dopo il cambio di campo, chi dopo un’accesa discussione esce sul balcone e si fuma tre sigarette di seguito. Beh, non è questo a cui mi riferisco, piuttosto a tecniche come la meditazione, la mindfulness, l’aromaterapia, il massaggio, la musicoterapia, l’esercizio fisico, la terapia cognitivo comportamentale. Sono tutti interventi terapeutici alternativi ai farmaci ansiolitici o antidepressivi e per ciascuno di questi abbiamo evidenze scientifiche concrete circa la loro efficacia. Dico questo perché uno studioso non può fermarsi alle apparenze, agli aneddoti, ma deve verificare. In questo caso deve verificare che le tecniche di stress management che vengono adottate siano efficaci non solo nell’abbassare la percezione soggettiva dello stress, ma anche nel modificare significativamente alcuni parametri biologici di stress, come l’attività del sistema nervoso parasimpatico e i livelli di cortisolo. Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, che una certa strategia può essere molto efficace su di me (per esempio l’attività fisica o la musicoterapia) e molto meno su di te, che invece trarrai assai maggiori benefici dalla meditazione o dall’aromaterapia. Dunque, gli eventuali benefici vanno misurati periodicamente, a intervalli di tempo stabiliti e regolari, perché questo consente di verificare se l’intervento che si è scelto ha davvero effetti positivi. In caso contrario, si potrà sempre optare per un percorso alternativo e orientarsi verso una strategia che garantisca maggiori benefici.
Anna Maria Ferrari
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