SALUTE
Scrivere non è solo un modo per comunicare con gli altri. Come tutte le attività creative - e la scrittura in qualche modo lo è sempre - può aiutare ad affrontare meglio stress, traumi e paure. Sul valore terapeutico della scrittura si è cominciato ad indagare abbastanza di recente, e gli studi - sebbene non sempre concordi sui risultati - sono generalmente arrivati alla conclusione che un percorso psicologico può trarre giovamento dalla scrittura. E che la scrittura in molti casi ha ridotto le somatizzazioni, aiutato il sonno, stimolato le difese immunitarie, diminuito il ricorso ai farmaci.
Lo sostiene ad esempio lo psicologo James Pennebaker, uno dei più recenti studiosi del potere della narrazione, nel suo libro «Scrivi cosa ti dice il cuore. Autoriflessione e crescita personale attraverso la scrittura di sé». Una scrittura che sia però narrativa, non frammentaria e disorganizzata, in grado di trasformare ricordi, motivazioni, emozioni, sensazioni e pensieri in una struttura linguistica che dia un «senso» alla propria storia, al nostro agire e a quello altrui.
«Scrivere, ed in particolare scrivere di sé, ha il valore della riflessione, dell'osservazione di sé stessi lungo un percorso che è quello della vita. È come vedersi in un film che è girato da noi stessi. Si può osservare i ricordi che avvolti dal tempo spesso risuonano solo di tonalità emotive», dice Maria Teresa Gaggiotti, psicologa e psicoterapeuta dell'Ausl di Parma.
«Tradurre i ricordi attraverso la scrittura “mettendo nero su bianco” consente di osservare un processo che ha portato noi a vivere quel fatto, quel ricordo. Osservare il processo ci da la possibilità di analisi di elementi che non abbiamo chiari nella coscienza e può avere un significato catartico».
«Tenere un diario, ad esempio, è dedicare a se stessi uno spazio riflessivo cercando un senso al vissuto. Mi viene in mente il diario più famoso, quello di Anna Frank: un diario che ha dato un senso alle giornate in cui Anna viveva nascosta durante la persecuzione nazista. Anna affida i suoi pensieri alla carta che è “più paziente degli uomini” e che sa custodire riflessioni che affidate agli uomini potrebbero essere un pericolo. Il diario ha sì lo scopo di “custodire” i pensieri, ma a volte può essere inconsciamente un messaggio in bottiglia - come quello dei naufraghi - quando viene lasciato, incautamente, perché venga trovato da altri. Penso ai diari degli adolescenti che vengono letti “di nascosto” dai genitori».
«Scrivere una lettera è ormai “vintage”. Peccato, perché la lettera permette di esprimere emozioni con parole che non troviamo nell’immediato e permette il coraggio di esprimersi. La lettera disarma ed ha un potere molto forte perché può essere riletta: “Verba volant, scripta manent”. È noto il potere emotivo di un testamento olografo che può mettere ordine o destabilizzare gli affetti anche dopo molto tempo dalla scomparsa della persona fisica. Scrivere ferma il tempo, permette di dare uno sguardo intenso e riflessivo al passato e, nel contempo, proiettare il pensiero nel futuro. Dalle pagine di un diario di una adolescente clandestina alla forma di poesia che travalica i secoli sta tutto il potere della scrittura».
«Ormai facciamo scarso uso della scrittura come comunicazione degli affetti: non solo le lettere ma anche i biglietti di auguri sono stati sostituiti da sms, whatsapp, mail, video, emoticons. Tutto cambia: il tempo, lo spazio e con loro anche lo spessore emotivo che è fatto anche di cancellature, di carta da lettere e francobolli e di gesti come quello di sigillare i segreti del cuore chiudendo la busta».
«In realtà non considero i sogni una pratica utile per la psicoterapia: l’analisi dei sogni si basa sul materiale che il paziente ricorda e che porta in quel momento in terapia. Trascrivere i sogni è già una forma di interpretazione perché implica la scelta di un codice con il quale “ingabbiarli”».
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