Un'infiammazione che intrappola il tendine e limita i movimenti. Utili gli interventi fisioterapici o infiltrazioni di cortisone. Ma al ripresentarsi o persistere dei disturbi, occorre valutare il bisturi
di Monica Rossi
29 Giugno 2023, 21:26
Il dito, soprattutto al risveglio o dopo un periodo di riposo dell’arto, prima si presenta bloccato in una posizione piegata, poi si raddrizza (attivamente o passivamente) con un movimento brusco e, nel processo, si sente un dolore particolarmente intenso. «È la condizione patologica nota come “dito a scatto” o “tenosinovite stenosante” - spiega Massimiliano Alesci, dirigente medico della Clinica ortopedica dell’Azienda ospedaliera universitaria di Parma - e interessa i tendini flessori delle dita di una o di entrambe le mani. Consiste in un’infiammazione che porta all’intrappolamento del tendine interessato all’interno del canale entro il quale scorre (nota come guaina sinoviale), a causa dell’aumento di volume patologico del tendine e del conflitto meccanico a livello della puleggia che rappresenta l”ingresso” del canale digitale. È una patologia oggi abbastanza frequente che si riscontra a tutte le età, con una casistica tuttavia maggiore nella fascia tra i 40 e i 60 anni, e senza prevalenza di sesso. È molto probabile che chi soffre di tenosinovite stenosante in una mano possa poi avere lo stesso disturbo nell’altra».
Quando insorge lo scatto, l’arto è in pratica interessato da un «conflitto meccanico». Al netto del blocco, la patologia «si manifesta in una fase iniziale con un dolore alla base del dito sul versante palmare - continua lo specialista - Dopodiché, può seguire il blocco del dito in posizione di flessione sul palmo, mentre il ritorno alla posizione in estensione avviene bruscamente con uno “scatto” doloroso dapprima attivamente e poi solo passivamente. Il ripetersi di questo attrito a ogni movimento determina il persistere dell’infiammazione e l’usura del tendine e si può verificare anche un blocco con impossibilità di flettere o estendere completamente il dito. In casi estremi, il tendine può sfilacciarsi e degenerare fino alla sua completa rottura».
Che cosa scatena l’infiammazione?
I fattori possono essere molteplici: oltre ai gesti manuali legati ad attività lavorative come l’uso di cesoie o forbici, ad esempio, o il sollevamento continuo di pesi o ancora l’uso frequente e ripetitivo di mouse e smartphone (colpisce ad esempio anche chi scorre compulsivamente lo schermo del cellulare o digita messaggi usando solo il pollice), la patologia può insorgere per traumi o fattori predisponenti come una malattia di tipo reumatico, per gotta o diabete. In questi casi, si parla di dito a scatto secondario.
«Non c’è una particolare analogia con l’arto che si usa abitualmente per motivi occupazionali - continua Alesci - tuttavia per alcune categorie di lavoratori il dito a scatto rientra nella casistica della patologia professionale».
Stabilito che si tratta di tenosinovite stenosante, come si cura?
Alesci spiega che «il trattamento, nelle fasi iniziali, può essere fisioterapico (infrarossi, ionoforesi, ultrasuoni, tecarterapia) oppure consistere nell’infiltrazione locale di cortisone, scelte che permettono un miglioramento che tuttavia può essere transitorio e per breve periodo. Al ripresentarsi o al persistere dei disturbi, il trattamento consigliato è dunque quello chirurgico».
«L’intervento - continua lo specialista - viene eseguito in anestesia locale con tecnica percutanea o con una piccola incisione. È di breve durata e consiste in una sezione longitudinale della puleggia per liberare i tendini al fine di ripristinare un adeguato scorrimento tendineo. Lo scatto scompare immediatamente e le dita devono essere mobilizzate fin dai primi istanti. La medicazione viene eseguita in modo da non contrastare l’agilità della mano e mantenuta per 10-15 giorni fino alla rimozione dei punti».
Nel post-intervento, la rieducazione assistita di solito è facoltativa perché il paziente in genere effettua correttamente la mobilizzazione subito da sé. «In alcuni casi, soprattutto se non si seguono le raccomandazioni del medico, può essere necessario eseguire sedute fisioterapiche per recuperare la mobilità ottimale del dito».
Il dito a scatto è oggi una patologia abbastanza diffusa, «per la quale a Parma ogni anno all’ospedale Maggiore operiamo circa 200 pazienti». Gli interventi chirurgici eseguiti non sono però uno specchio dell’incidenza della malattia nella popolazione: «Molti pazienti, infatti, decidono di non intervenire sopportando il disagio finché non diventa invalidante o causa dolori insopportabili», conclude Alesci.