salute
Il rientro dalle vacanze, con l'inizio delle scuole e del lavoro, può essere faticoso, stressante, ansiogeno. Perché ogni volta ci caschiamo? Eppure, non stiamo facendo nulla di completamente nuovo o diverso. «La reazione di ansia può essere considerata fisiologica a tutti gli eventi, anche alla ripresa dell’attività lavorativa dopo un periodo di pausa - risponde Giovanni Marozza, psicologo psicoterapeuta dell’Azienda Usl di Parma - Non dobbiamo averne paura o chiedere a noi stessi di evitare questo stato emotivo. L’ansia, per facilità di comprensione, può essere collocata lungo un continuum che va da un polo fisiologico-adattivo, ad un polo disfunzionale, con sintomi e addirittura disturbi. Ciò che è utile fare è riconoscere e comprendere dove, all’interno di questo continuum, si collocano le nostre reazioni agli eventi per cercare di capirne il significato - continua Marozza - Spesso accade che alla ripresa delle routine quotidiane e dell’attività lavorativa abbiamo l’aspettativa di saper far fronte a tutto e subito, mentre, più semplicemente, necessitiamo di un po’ di tempo per riprendere i ritmi e le relazioni che si sono persi durante le vacanze».
«Può accadere - prosegue lo psicologo - che non ci concediamo il tempo di adattarci alla ripresa e pretendiamo da noi stessi una risposta performante e immediata ai diversi impegni e compiti: questo può innescare una risposta di ansia nel nostro organismo. Gradualità, per quanto possibile, e una buona organizzazione del carico di lavoro e del tempo a disposizione, possono essere buoni accorgimenti da adottare».
Il luogo di lavoro è uno spazio che giocoforza condividiamo con altre persone che non scegliamo, come realizzare un ambiente sereno nel quale sentirsi a proprio agio?
«Un ambiente di lavoro sereno in cui possiamo sentirci a nostro agio dipende da quanto quel contesto è pensato, programmato e organizzato per perseguire gli obiettivi di salute e sicurezza e più in generale di benessere dei lavoratori. Su questo concorrono tutti i soggetti coinvolti, a partire dal datore di lavoro fino ai singoli lavoratori. Il fatto che non ci scegliamo i nostri colleghi di lavoro di per sé non impedisce di trovarci a nostro agio; tuttalpiù può essere da stimolo per costruire nuove relazioni, che possono essere altrettanto soddisfacenti, costruttive e proficue. Se ci pensiamo, il tempo che trascorriamo al lavoro ricopre una parte importante della quotidianità in cui la convivenza con altri dovrebbe riprendere i principi della convivenza comune che purtroppo spesso si sono persi nella società attuale. Riuscire a mantenere l’attenzione sui compiti e obiettivi di lavoro ci permette di far fronte all’esperienza, frequente, di non piacersi tra colleghi».
La frustrazione sul lavoro è una eventualità non improbabile. Come gestirla?
«Il lavoro è quell’attività attraverso la quale le persone possono esprimere le proprie attitudini e competenze, mettere in gioco le proprie risorse e ambizioni di crescita personale e professionale. Chiediamoci allora: quali richieste ricevo dal mio ambito lavorativo? Quali risorse ho a disposizione? Quali condizioni lavorative mi sono proposte? Maggiore è la distanza tra questi aspetti, maggiore è la probabilità che il lavoratore avverta la sensazione che le richieste superino le sue capacità e risorse per farvi fronte: più facilmente l’esperienza professionale sarà frustrante. Una condizione da non sottovalutare poiché, se prolungata nel tempo, viene identificata come stress lavoro correlato e riconosciuta come fattore di rischio. Per gestire la frustrazione potrebbe essere utile comprendere da dove nasce, quali aspetti sono coinvolti e individuare quelli su cui intervenire per sentirsi meglio».
Il rapporto con il “capo” e la gerarchia in generale non è sempre facile, non sempre si hanno gli stessi punti di vista, come convivere con questo conflitto?
«Il punto è non rimanere fermi sul conflitto, poiché si rischia una situazione di stallo che solitamente non porta a nulla di buono. È possibile superare una situazione conflittuale dal modo in cui ci poniamo, se riusciamo a esprimere i nostri bisogni e divergenze nel rispetto delle persone e del ruolo dell’altro, adottando un atteggiamento assertivo. Tutte le situazioni conflittuali, anche quelle al lavoro, possono evolvere in qualcos’altro. Ovviamente non dipende solo da noi ma anche da quello che mette in gioco l’altro, in questo caso il “capo”. Credo che il benessere dei lavoratori sia un tema importante e articolato che debba essere affrontato nella sua complessità. Purtroppo questo non sempre accade, scivola in secondo piano quando invece bisogna continuare a investire in termini di prevenzione e promozione della salute di tutti i lavoratori e in tutti i luoghi di lavoro in un’ottica di cultura del benessere lavorativo. Diversamente le conseguenze negative di una mancata gestione di questi aspetti, insieme ad altri rischi lavorativi, continueranno ad avere effetti negativi sulle persone e sulle organizzazioni».
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata