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RICERCA

L'esposizione a varie essenze durante la notte potrebbe avere effetti positivi sulla memoria

Sonni «profumati», memoria al top? Una (discussa) ricerca sul sonno

di Monica Rossi

11 Ottobre 2023, 11:49

La rivista scientifica «Frontiers in Neuroscience» ha recentemente reso noti i risultati di una ricerca straordinaria condotta dall’Università della California-Irvine: stando ai test condotti su un gruppo di 43 uomini e donne, di età compresa tra i 60 e gli 85 anni, annusare fragranze durante le ore di sonno migliorerebbe in modo significativo le prestazioni cognitive.


I test in questione sono stati eseguiti dividendo - in maniera del tutto casuale, peraltro - il panel di volontari in due gruppi, uno detto «di studio» e uno «di controllo»: grazie a un diffusore, le persone del primo gruppo sono state esposte a sette diverse fragranze (ed erano oli naturali di arancio, limone, rosa, eucalipto, menta, rosmarino e lavanda) per ciascuna settimana dell’esperimento, una per notte, per un totale di due ore a notte. Per il secondo gruppo, invece, stessi profumi ma in dosi minime. Nell’arco di sei mesi (tanto è durato il trial), sono stati quindi condotti esami specifici per testare le capacità cognitive (mnemoniche, decisionali, di pianificazione, dell’attenzione e dell’apprendimento verbale) dei 43 volontari: stando ai ricercatori, nel gruppo «di studio» il miglioramento sarebbe stato addirittura del 226%!


Possibile? Lo abbiamo chiesto a Liborio Parrino, direttore dell’Unità operativa di neurologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma nonché responsabile della struttura semplice dipartimentale Centro di Medicina del sonno.
«Si tratta di uno studio interessante che tuttavia alimenta riflessioni ambigue. Chi vive in campagna, a contatto giorno e notte con i profumi naturali dell’erba e dei fiori, è più dotato cognitivamente rispetto a chi abita nel grigiore olfattivo della città? E i pazienti che hanno contratto il Covid hanno dunque compromesso la memoria perché hanno perso l’odorato? Nello studio citato la stimolazione olfattiva rinforzata è stata somministrata nelle ore notturne e quindi durante il sonno. Eppure, gli autori non dedicano alcuna attenzione alla struttura e alla valutazione soggettiva del riposo. Anzi, nella discussione si limitano a ricordare che gli stimoli olfattivi non passano dal talamo e che la stimolazione olfattiva durante il sonno rende quest’ultimo più profondo. Un dato che non è stato verificato per la completa omissione di esami strumentali oggettivi condotti sui soggetti indagati».
«Da tempo – aggiunge lo specialista - sappiamo che tutti i tipi di input sensoriali, compresi gli odori, vengono elaborati dal cervello che dorme, il quale, entro certi limiti, può sfruttare questi stimoli per approfondire il sonno. Naturalmente, superata la soglia di adattamento, la stimolazione sensoriale tende a distruggere il sonno. Quante volte abbiamo visto nei film persone prive di coscienza risvegliati miracolosamente quando annusano aromi e fragranze?».
Per i ricercatori statunitensi, l’olfatto sarebbe l’unico senso direttamente collegato ai circuiti di memoria del nostro cervello, mentre gli altri sensi «passerebbero» prima attraverso il talamo.
Impossibile non collegare quest’affermazione al celebre «effetto Proust»: nella «Recherche», si sa, è bastata una madeleine per far riemergere nell’adulto i ricordi dell’infanzia, sopiti eppure più vivi che mai tra le pieghe dei ricordi. Gli studiosi americani, inoltre, si spingono ad affermare che il declino del senso olfattivo sarebbe correlato a una perdita di cellule cerebrali, suggerendo che esista quindi una connessione tra olfatto e funzione neurologica.
«È vero che l’olfatto ci aiuta spesso a ricordare eventi o esperienze passate - commenta Parrino - ma è curioso notare che le sensazioni olfattive, a differenza di quelle visive e uditive, raramente affollano i nostri sogni, probabilmente per la capacità limitata di elaborare gli odori durante il sonno REM. A tale proposito, i pazienti affetti da morbo di Parkinson mostrano disfunzioni cognitive solo quando sono presenti sia l’iposmia che il disturbo comportamentale in REM. Ancora una volta è il sonno che diventa la cartina al tornasole per comprendere se un’esperienza sensoriale può diventare feconda o nociva».
Morale: lo studio condotto negli Stati Uniti è certamente interessante, sebbene apra a diverse riflessioni e non sia al riparo da critiche puntuali. Ma su un dato possiamo concordare: diffondere essenze naturali negli ambienti domestici, potrebbe avere un effetto positivo sul benessere psico-fisico. A patto però di non abusarne, soprattutto durante le ore deputate al sonno, quando anche il senso olfattivo ha bisogno di staccare la spina.


Liborio Parrino
Direttore dell’Unità operativa di neurologia dell’Azienda ospedaliero universitaria di Parma e responsabile della struttura semplice dipartimentale Centro di Medicina del sonno.

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