Spannolinati
Una conquista importane nella crescita del bambino è l’addio al pannolone, una fase delicata che spesso preoccupa i genitori. Su come e quando deve essere affrontato il cosiddetto «spannolinamento» abbiamo parlato con Sergio Capobianco, pediatra di famiglia, coordinatore dell’Unità Pediatrica delle Cure Primarie del Distretto di Parma.
A che età iniziare questo processo?
«Come per il linguaggio e la deambulazione vi è una grande variabilità: ci sono bambini che hanno un buon linguaggio già a due anni ed altri, invece, che iniziano a parlare più tardi. La stessa cosa avviene per lo spannolinamento. In base alla mia esperienza, non si può definire un’età ottimale nella quale cominciare. Suggerisco di iniziare quando il bambino prova fastidio o comincia a pronunciare la parola “cacca” o “pipì”, prima o dopo averla fatta nel pannolino. Sono contrario a uno svezzamento troppo precoce, come certa letteratura consiglia. Ritengo che prima dei due anni sia presto e difficile. L’importante è farlo nella maniera più naturale possibile, facendo dei tentativi senza costrizioni, cercando la collaborazione, senza fretta e senza farsi prendere dall’ansia. Un buon momento per iniziare è l’estate, dove per il caldo il pannolino provoca più fastidio, ma senza far girare il piccolo per casa senza pannolino in attesa di un improbabile segnale: se non è il momento giusto, può trattenere le feci e diventare stitico. Mi riferisco in particolare alle feci, dato che il controllo diurno della pipì si raggiunge più facilmente poiché si urina diverse volte al giorno. Poi, ci sono casi in cui non si riesce a eliminare il pannolino neanche dopo l’età di tre anni e mezzo-quattro, oppure si notano altri sintomi associati, come il ritardo del linguaggio: in questi casi, occorre l’aiuto del neuropsichiatra infantile o dello psicologo».
Che consigli dare ai genitori per rendere meno complesso questo momento?
«In tanti anni di esperienza, nei casi difficili, suggerisco di fare brevi sedute, un paio di volte al giorno, meglio al mattino dopo la colazione o dopo i pasti, mettendo il bambino con il pannolone sul water (con il riduttore e facendo bene appoggiare i piedi per terra, utilizzando, se necessario, una scaletta o altro), anche se non dà segnali. Quando il bambino inizierà ad evacuare in questo modo nel pannolino, si proveranno le sedute senza. In poco tempo si ottengono buoni risultati. Con questo metodo si risolve anche il rapporto difficile col vasino: che può essere molto utile, ma che successivamente deve essere superato. Ciò che consiglio, davvero, è di non farlo mai sentire un problema».
Alcuni suggerimenti pratici?
«Fare in modo che questo momento diventi, come per il dormire, qualcosa di piacevole. Ci sono tante possibilità come leggere insieme un libro, ascoltare musica, ecc. Nel caso di stipsi invece è meglio rivolgersi subito al pediatra curante. L’evacuazione di feci dure è dolorosa e il bambino tende a trattenerle con la conseguenza che diventano ancora più dure e si instaura un circolo vizioso poi difficile da superare. Meglio pertanto abituare il bambino ad evacuare al mattino perché se non impara a inizio giornata, difficilmente, quando crescerà, lo farà dopo e lontano da casa».
Il ritardo estremo nel togliere il pannolone può comportare problematiche da non sottovalutare?
«Certamente, per il bambino che si rifiuta di accettare queste modalità soft e non ne vuole proprio sapere di eliminare il pannolino e che ha raggiunto o superato i tre anni e mezzo, è utile una consulenza del neuropsichiatra infantile, in quanto potrebbe rientrare nei cosiddetti disturbi oppositivi del comportamento. Aggiungo che lo svezzamento dal pannolino va fatto in momenti favorevoli, non conviene iniziare, ad esempio, dopo la nascita di un fratellino o sorellina, durante la fase iniziale di una separazione dei genitori, dopo il lutto di un parente stretto, dopo un cambio di scuola o di residenza. Oggi si ha a che fare con una generazione molto più intuitiva di un tempo: imporsi senza spiegare è sbagliato, anche nei più piccoli che capiscono più di quanto pensiamo».
Sergio Capobianco
Pediatra di famiglia e coordinatore dell'Unità pediatrica cure primarie del Distretto Ausl Parma.
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