SALUTE
Donare fa bene a chi dona
Donare sangue. Un gesto di solidarietà per gli altri e per se stessi. L'aspirante donatore è infatti sottoposto ad un accurato screening per valutare la sua idoneità alla donazione, oltre a controlli periodici: esami e visite dalle quali non di rado emergono problemi sottostimati o ignorati. Con liste d'attesa per esami e visite a volte lunghissime, il donatore può quindi usufruire di un monitoraggio costante, affidabile e gratuito. Ne parliamo con Maurizio Soli, direttore del reparto di Immunoematologia e Medicina trasfusionale dell'ospedale Maggiore.
A quali accertamenti vengono sottoposti i donatori?
Alla prima donazione vengono eseguiti: gruppo sanguigno, test di Coombs indiretto, emocromo, test per epatite B e C, Hiv e sifilide, test per eventuali virosi stagionali. Sono test obbligatori e, salvo il test di Coombs indiretto, vengono eseguiti ad ogni donazione. Sono eseguiti all’idoneità del donatore, con l’elettrocardiogramma, e sono annuali: creatinina, glicemia, colesterolo totale e HDL, trigliceridi, ferritinemia, ALT (funzionalità del fegato), proteine totali.
Capita che nei donatori siano scoperte malattie silenti?
L’esame emocromocitometrico, eseguito ad ogni donazione, permette di dare informazioni su numero, dimensioni, forma delle cellule del sangue: globuli bianchi, globuli rossi e piastrine. Ai donatori viene eseguito in forma completa di formula leucocitaria (tipologia dei globuli bianchi) e può segnalare che occorrono approfondimenti. Proprio a seguito di alterazioni dell’emocromo dei donatori, sono stati individuati in anticipo un linfoma e un mieloma, neoplasie primitive del sangue, che se diagnosticate più tardi avrebbero potuto aggravare la prognosi. La visita medica, eseguita ad ogni donazione per auscultare cuore e polmoni, ha permesso, incidentalmente, di svelare un neo sulla cute del donatore per il quale il medico ha consigliato di indagare: era un melanoma, tumore maligno, subito curato. Lo stesso quadro è stato individuato e curato in ambito famigliare.
Anche il cuore del donatore viene valutato?
La visita medica pre donazione ha permesso di evidenziare su un donatore una fibrillazione (aritmia) cardiaca misconosciuta. Il donatore è stato quindi inviato ad un controllo cardiologico per correggerla. Se trascurata, avrebbe dato sicuramente una sintomatologia invalidante. Il candidato donatore viene sempre sottoposto, oltre al prelievo per esami e alla visita medica, ad un ecg che può essere eseguito, se il medico del trasfusionale lo richiede, anche ai donatori periodici. A cadenza più che mensile vengono evidenziate alterazioni elettocardiografiche ritenute significative dal medico che referta il tracciato. Il donatore viene quindi avviato ad un controllo dell’ecg con visita cardiologica che, talvolta, necessita di approfondimento (ecocardio, holter e così via). I più frequenti sono extrasistolie, blocchi di branca, pattern Brugada, ipertrofia ventricolare sinistra. A volte serve un intervento terapeutico che può bloccare o sospendere l’idoneità alla donazione.
Cosa può emergere dal controllo dell'emocromo?
L’emocromo, oltre che dare indicazione sullo stato di anemia del donatore, può dare importanti informazioni sull’aumento delle cellule presenti. Un aumento dei globuli rossi può portare ad un incremento dell’ematocrito che può determinare una maggiore viscosità del sangue, e quindi un maggior rischio trombo-embolico. È abbastanza frequente trovare donatori con ematocriti elevati (maggiori del 54%), per cui serve un approfondimento per escludere che si tratti di una forma di neoplasia mieloproliferativa cronica (policitemia vera). In questo caso è necessaria, una terapia specifica che per molti anni può essere la sola salassoterapia, eseguita nel nostro ambulatorio con modalità simili alla donazione del sangue, ma con prodotto a perdere. Più spesso ci si imbatte in forme secondarie o metaboliche, per cui è sufficiente correggere, quando possibile, la causa o modificare lo stile di vita del donatore. I quadri senza danno d’organo possono essere riavviati alla donazione.
Fate esami che abitualmente non vengono richiesti dal medico di medicina generale per un controllo di routine?
La ferritina, che viene eseguita all’idoneità alla donazione e ripetuta ad ogni controllo annuale. Scopo del legislatore, che l’ha inserita come esame obbligatorio per la donazione, è garantire la salute del donatore, spesso donatrici, evitando di raccogliere sangue intero in persone non idonee perché carenti in ferro nelle quali il prelievo di sangue intero, potrebbe aggravare uno stato di anemia presente o latente. Una o due volte l'anno, al contrario, si riesce al contrario ad evidenziare un aumento della ferritina, presente magari da tempo. L’aumento del ferro è una situazione che non determina, per molti anni, alcun segno clinico, ma i danni cellulari possono essere significativi. Nel donatore di sangue quindi, la possibilità di fare diagnosi in anticipo di situazioni di accumulo di ferro (emosiderosi), o in alcuni casi, quando ritenuto opportuno, mediante un esame di approfondimento genetico (HFE), di diagnosticare la forma ereditaria (Emocromatosi Genetica), permette di intervenire in anticipo evitando l’accumulo di ferro nell’organismo e il danneggiamento di molti tessuti (fegato, cuore, ghiandole, ma anche pancreas, articolazioni, milza). La terapia dell’accumulo di ferro sono i salassi. Anche nelle forme di emocromatosi genetica, una volta che la ferritina si riduce, e il paziente sta bene e non ha riportato danni, può tornare a donare e curarsi.
Che controlli vengono eseguiti sulle malattie infettive trasmissibili con la trasfusione del sangue?
All’aspirante donatore, e ad ogni successiva donazione, sono eseguiti esami sierologici e di biologia molecolare verso 4 agenti infettivi trasmissibili col sangue: epatite B e C, HIV e sifilide, oltre a virus a comparsa stagionale (West Nile Virus). Questi esami evitano anche il minimo rischio di trasmissione di malattie infettive. Fortunatamente i casi individuati di infezione sono pochi: meno di una decina lo scorso anno, con incremento significativo dei casi di sifilide, che mai saranno idonei alla donazione, per il mantenimento della positività dei test anche dopo la guarigione. Esistono poi, e capita più di frequente (alcune decine di casi l’anno), la positività di alcuni test, anche in donatori periodici, più volte testati come negativi, dovuta alla estrema sensibilità dei test, che talvolta reagiscono in assenza di infezione (falsi positivi). In questi casi, il donatore viene sospeso e richiamato a controllo subito dopo la donazione positiva, e alcuni mesi dopo: se risulterà negativo potrà riprendere le donazioni.
Quante volte all'anno si può donare sangue «dipende molto dall'idoneità assegnata ai donatori dai medici dei centri raccolta - spiega Maurizio Soli - Dipende poi se si dona sangue intero, plasma o piastrine. La normativa attuale permette ai maschi e alle donne post menopausa di donare sangue intero quattro volte l’anno. Per le donne in età fertile due volte l’anno. Il plasma può essere donato ogni 14 giorni, per un massimo di 20 volte l’anno. Le piastrine possono essere donate massimo sei volte l’anno».
Soli spiega che «a Parma il sistema gestionale, impostato anni fa sul principio che è meglio avere più donatori, che fare donare più volte gli stessi donatori, gli intervalli di chiamata per le donazioni sono più lunghi e prevedono, in linea di massima, due chiamate l’anno per donatore. Li stiamo rivedendo perché sta cambiando la necessità di emocomponenti: la raccolta di sangue intero, per quanto riguarda la componente globuli rossi, ha raggiunto e superato l'autosufficienza nazionale, per cui sarà necessario ridurne la raccolta per evitare sprechi».
Di contro, a livello nazionale - spiega sempre Soli - c’è una carenza del 30% circa di derivati dal plasma, «non sufficienti per la cura di pazienti che necessitano, ad esempio, di proteine quali le immunoglobuline e l’albumina, per cui è necessario importare dall’estero. Bisogna aumentare la raccolta di plasma da aferesi, agendo sulla organizzazione, (quindi riducendo i tempi di chiamata, in particolare per le plasmaferesi, e aumentando i donatori disponibili) ma anche sull’incremento dei punti di raccolta e sul numero di apparecchiature disponibili».
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