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Arterie al microscopio: l'ecg «modificato» che intercetta le placche coronariche

Uno studio ideato a Parma ottimizza gli screening con esami economici e senza radiazioni

Arterie al microscopio: l'ecg «modificato» che intercetta le placche coronariche

di Nicola Gaibazzi*

04 Ottobre 2025, 09:53

Si è concluso di recente a Madrid il congresso di cardiologia europeo 2025, quello che da diversi anni è il più importante al mondo, dove sono stati presentati i migliori studi che potrebbero portare diverse novità.
Anche l'Azienda ospedaliera universitaria era presente, anche con uno studio sulla prevenzione da me ideato, condotto poi nell’area di Venezia dal gruppo che fa capo al responsabile del reparto di Cardiologia dell'ospedale Villa Salus di Mestre. Perché questo studio è potenzialmente interessante?
Perché la prevenzione cardiologica oggi viene ancora convenzionalmente condotta, come decenni fa, focalizzandosi sui fattori di rischio che predispongono, almeno teoricamente, alla malattia delle coronarie, costruendo una stima di come questi fattori di rischio potranno in media tradursi, negli anni, in malattia coronarica vera nel soggetto (quelle placche che ostruiscono le coronarie e non fanno più passare abbastanza sangue, la famosa angina da sforzo).

Tuttavia questo modello ha una scarsa accuratezza nel predire la presenza di coronaropatia nei singoli individui, e richiede poi di trattare «a pioggia» un numero molto elevato di soggetti (spesso quindi trattarli in modo subottimale) mentre quella piccolissima percentuale di pazienti che davvero svilupperanno placche nelle coronarie non vengono individuati preventivamente tra la moltitudine dei soggetti che hanno «solo» questi comuni fattori di rischio (un colesterolo un po’ alto, o intolleranza glucidica o ipertensione, e così via).
La chiave per prevenire l’angina, l’infarto e financo la morte cardiaca invece può risiedere nell’individuare non i soggetti con fattori di rischio, ma coloro che (fattori di rischio o meno) hanno già sviluppato un inizio di malattia coronarica (un passo oltre i fattori di rischio), cioè le famose placche coronariche: poiché non tutti hanno la stessa vulnerabilità a svilupparle a fronte dell’avere esattamente gli stessi fattori di rischio.

Tali soggetti quindi sono già «portatori asintomatici di placche coronariche», che rimangono silenti per molti anni, fino a quando non sarà troppo tardi per curarle e, improvvisamente (per ragioni ancora oggi non del tutto chiare) si complicheranno (rompendosi) dando origine all’infarto miocardico o, peggio, alle sue complicanze più gravi.
Se potessimo individuare questa piccola percentuale di popolazione più a rischio, e con metodiche semplici e non invasive, potremmo concentrare tutte le terapie più efficaci su questi soggetti, quelli che davvero sono già ad alto rischio nel momento in cui li esaminiamo: solo non possono saperlo. perché mai hanno avuto alcun sintomo..

Come individuare quindi la malattia coronarica già presente ma asintomatica, spostandoci nel processo preventivo un po’ più a valle per una miglior precisione?
Beh, esiste la TAC coronarica, ma non è sostenibile eseguirla in tutti i soggetti senza sintomi, «a pioggia» (economicamente, ma anche come irradiazione cumulativa della popolazione).
Nello studio che ho presentato quest’anno a Madrid dimostriamo che utilizzando un normale ecocardiogramma a riposo, con un paio di accorgimenti più avanzati per misurare due parametri specifici, la velocità coronarica (che misura il flusso sanguigno nelle arterie coronarie, ndr) e lo strain miocardico (la misurazione della deformazione del muscolo cardiaco utilizzata per quantificare la funzione del miocardio, ndr) è possibile stabilire, se almeno uno dei due parametri è anormale, che il soggetto ha ben 16 volte il rischio di avere una placca coronarica rispetto a chi ha entrambi i valori normali (i parametri che si misurano in pochi minuti con un ecocardiogramma, senza radiazioni e senza mezzo di contrasto).

Se poi entrambi sono anormali il rischio aumenta di molte volte ancora..
Ecco che un paziente asintomatico, ma con un'alta probabilità di avere placche nelle coronarie, dopo questo «ecocardiogramma speciale» di nostra invenzione, potrà quindi eseguire la TAC coronarica e, se come probabile si confermerà la presenza di coronaropatia, iniziare una prevenzione massimale con i farmaci esistenti per «fermare» la patologia prima ancora che abbia dato segni/sintomi di sé.
Se la TAC invece non mostrerà placche, caso possibile ma minoritario, il paziente sarà comunque rassicurato. In tal modo, invece che eseguire l’esame TAC preventivo a tutti, si eseguirà sì e no al 10% della popolazione normale (nello studio, sono stati scelti soggetti dai 50 ai 65 anni).
Questa strategia è davvero promettente, ma andrà validata esternamente, cioè anche in altri studi e altre popolazioni, prima di diventare uno standard preventivo.
Qualsiasi test da proporre su vasta scala deve essere poco costoso, non porre rischi radiologici ed essere tecnologicamente alla portata di tutti: l’ecocardiogramma «2.0» ha tutte queste caratteristiche.


*Responsabile del Coordinamento attività specialistiche ambulatoriali cardiologiche (Dipartimento ad attività integrata cardio-toracico-vascolare) dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.

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