Scuola
Ci sono abbracci capaci di scaldare anche il freddo. Per alcuni studenti del liceo Bertolucci è stato così, mentre salutavano gli amici irlandesi. Alla pioggia e al vento gelido dell’isola, si è contrapposto il calore umano della gente del posto, l’ospitalità delle famiglie da cui hanno alloggiato, dei loro coetanei, curiosi e straordinari compagni di viaggio.
Sono rimaste per un'intera settimana, in una decina appartenenti, le classi 3ªG e 3ªF Cambridge a Dungloe in Eire. Hanno viaggiato fino lì, accompagnati dalle docenti Maria Saponaro e Alice Bellodi, per affrontare insieme a gruppi di studenti e docenti francesi, spagnoli, olandesi e danesi, il tema delle competenze imprenditoriali. Il viaggio rientra nel progetto Erasmus+ «Don’t dream it, make it happen». Di cui fanno parte anche i recenti progetti di mobilità in Svezia dove gli studenti stanno lavorando sulla sostenibilità, in Estonia per visitare la rete delle scuole democratiche e imparare un modo alternativo di fare scuola; un altro gruppo partirà per la Slovacchia per lavorare anche qui sulla sostenibilità e per la Francia a lavorare sulle tecniche di insegnamento digitale. «Tutte queste esperienze sono possibili grazie a un lavoro di squadra all’interno del Bertolucci, alla collaborazione tra docenti, al dirigente scolastico, alle famiglie dei nostri studenti che ospitano i ragazzi provenienti dalle diverse parti del mondo» sottolinea la prof Saponaro, coordinatrice dei progetti di mobilità del liceo cittadino.
L’ultimo viaggio in Irlanda è iniziato varcata la soglia della Rosses Community School. A dare il benvenuto una grande «coperta» creata all’uncinetto dagli studenti irlandesi, con disegnate le bandiere dei diversi Paesi coinvolti. Uno dei tanti metodi utilizzati dalla scuola irlandese per alleviare lo stress degli alunni, che imparano a dedicare tempo e cura a un progetto comune. Di fatto, una delle tante pratiche che gli studenti e i docenti italiani hanno potuto imparare e condividere. «È stata un’esperienza bellissima - racconta la prof Saponaro - i ragazzi hanno fatto insieme l’uncinetto, hanno suonato in modo liberatorio i tamburi e le percussioni, fatto diversi laboratori e hanno ovviamente parlato tanto, tanto inglese. Abbiamo poi ballato i loro balli tipici - ricorda - visto la Tv locale, abbiamo mangiato insieme: un’esperienza totalizzante». Poi l’immersione nella storia del luogo, che ha toccato i loro cuori. Indimenticabile la gita a Derry/Londonderry e il racconto della Bloody Sunday (la strage di civili avvenuta il 30 gennaio del 1972): «È una storia che hanno vissuto e che quindi ci hanno raccontato anche i genitori dei ragazzi e delle ragazze irlandesi che ci ospitano - scrivono due studentesse del Bertolucci -. Abbiamo capito quanto qui in Donegal in maniera particolare, vista la collocazione geografica della regione, questa sia una storia di certo non ancora consegnata al passato». Ma mentre la teoria si affianca alle competenze, accade qualcosa di più. Succede che «le relazioni diventano più solide - sottolinea la prof Saponaro -. E si comprende che il diverso non è poi così diverso». I ragazzi lo hanno capito. Lo sentono quando piangono stretti in un abbraccio che pare travalicare i confini di qualsiasi Stato. Che va oltre la lingua diversa, le abitudini diverse, tanto che il nuovo si trasforma in conosciuto, la conoscenza in amicizia, l’amicizia in legame sincero e duraturo. Non è, alla fine, tutto questo la vera - e forse unica - importante meta?
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