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«Con Pirandello arrivi a conoscere te stesso»

«Con Pirandello arrivi a conoscere te stesso»

di Claudia Olimpia Rossi

08 Agosto 2021, 10:48

L'attore martedì a Parma con «Uno nessuno centomila»
 

Quando posò per il calendario Pirelli a Paestum, gli chiesero il tempo occorso per la foto: «tremila anni» rispose Enrico Lo Verso, riferendosi alla storia del tempio sullo sfondo. Il senso per la filosofia del noto attore siciliano (tra i suoi film: «Hudson Hawk - Il mago del furto» di Michael Lehman, «Il ladro di bambini» e «Lamerica» di Gianni Amelio, «Baaria» di Giuseppe Tornatore), martedì al Parco della Musica con lo spettacolo «Uno nessuno centomila», regia di Alessandra Pizzi (un sodalizio artistico sfociato in altre produzioni, mentre lui sta girando anche il film «Dante», diretto da Pupi Avati), svela che l’autenticità della vita ha una secolare colonna portante: il teatro.  Lo spettacolo, pluripremiato, cui si deve il ritorno di Lo Verso al palcoscenico, con 200 repliche all’attivo, pare dia dipendenza: «le persone - spiega il protagonista - tornano a vederlo varie volte».


Qual è la vostra chiave di lettura del grande classico di Luigi Pirandello?
«Quella dell’uomo saggio, esperto, nella nostra società considerato il vecchio da tenere da parte, mentre nella storia dell’umanità rappresentava l’esperienza e la possibilità data ai giovani di non ripetere gli errori commessi da lui. Racconta la propria vita, l’esperienza e il cammino verso la pace. Per fare questo parte dal caos e quindi inizia a destabilizzare fondamenta che tutti crediamo salde. Mentre io racconto, il pubblico si cala nelle proprie vicende. E’ un percorso comune. Alla fine, dopo tutte le domande, ci si rende conto che l’unico modo per acquisire una vera, salda, indissolubile identità è…vedere lo spettacolo. Avviene come in una serata tra amici: accolti in casa Moscarda, si comincia a chiacchierare».


Così cadono le maschere. 
«La maschera ha un valore essenziale fin dall’inizio, perché il pubblico è abituato alle convenzioni: appena arriva in teatro cadono una dopo l’altra, perché sa che è tutta una finzione, si aprirà il sipario su una scenografia e arriveranno gli attori vestiti da personaggi. Invece no, lo spettacolo inizia prima, perché il vero spettacolo è la vita. Da prima che si apra il sipario si capisce che le maschere, apposte a noi stessi e agli altri, non funzionano».

Maschera è una parola chiave, perché rimanda all’origine assoluta del teatro, quello greco, da cui lei stesso ha attinto la passione artistica, assistendo da piccolo ad una rappresentazione al Teatro di Siracusa, nella sua Sicilia.
«La ringrazio, perché di solito le interviste iniziano con la domanda su come ho cominciato e io mi chiedo perché non se lo vadano a leggere». Beh, sarebbe come invitare qualcuno a cena senza conoscere i suoi gusti.   «Ed è esattamente quello che faccio io in teatro. Accolgo la gente che entra perché devo sapere per chi sto recitando. Accolgo il pubblico come Enrico Lo Verso e poi torno a presentarmi dopo come Vitangelo. Con riferimento alle maschere, al teatro greco, ai miei inizi, vedo un bambino che gioca con la maschera di Zorro e capisce che in teatro può continuare con lo stesso gioco portando altre centinaia di maschere. Il teatro è l’unico luogo della verità, perché se fingi non giungi al pubblico. Attraverso Pirandello arrivi a conoscere quei centomila che abitano dentro di te: devono essere tutti veri». 

E’ un male della nostra società invece affidarsi a modelli che non appartengono a chi li indossa?
«Mi è capitato di dire, scherzando, che quando Pirandello ha scritto “Uno, nessuno e centomila” in realtà si è ispirato al mondo dei social. L’influencer è uno che decide un’immagine costruita e la propone affinché venga seguita. La non consapevolezza porta al bisogno di riconoscersi negli altri. Il nessuno è inconsapevole, perché non conosce se stesso».


Qual è la nota di colore che la Sicilia ha dato alla sua carriera?
«Quando dicevo che bisogna essere il più possibile veri pensavo anche al fatto che Peppino ha definito questo testo un unico flusso di pensiero. Essere siciliani aiuta: bisogna possedere quel cinismo lucido, spietato, del ragionamento pirandelliano, quel meccanismo di pensiero che si arrovella su se stesso della nostra letteratura». 
Lo spettacolo, ore 21.30,  è a ingresso libero per il cartellone di «Parma Estate».
 
 

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