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Incidente per Paolo Schianchi: «Tornerò a suonare come prima»

Incidente per Paolo Schianchi: «Tornerò a suonare come prima»

16 Ottobre 2019, 07:02

Paolo Schianchi, il talentuoso musicista parmigiano - l'unico in grado di suonare il suo celebre «octopus», la chitarra a 49 corde e tre manici -  trasferitosi da tempo negli Usa dove si esibisce e insegna grazie a una speciale «green card», si trova ora, purtroppo,  all'ospedale Maggiore di Parma, in attesa di un intervento. Nei giorni scorsi, infatti, negli States è stato coinvolto in un incidente in scooter nel quale ha riportato fratture multiple al braccio e alla spalla. 
Il malcelato timore, suo e di tutti quelli che ne apprezzano la grande abilità, è di non poter tornare a suonare come prima. Per Paolo la musica è tutto  e lui stesso ha pubblicato su facebook un messaggio in cui racconta tutto il dolore e la preoccupazione per quanto gli è accaduto:
«La vita è la partitura più complessa, in cui talvolta siamo profondamente soli, e in altri momenti vibriamo insieme a un'intera orchestra di anime, sempre in cerca di bellezza e armonia, e quasi sempre, tutti alle prese con un uragano di emozioni, tensioni e accadimenti inattesi. A rincorrerci, la dissonanza esistenziale più difficile: il dolore, che, nella forma d'arte chiamata vita, dobbiamo evitare o quantomeno risolvere, a tutti i costi. In pochi secondi tutto può cambiare, e dare alcunché per scontato è un lusso che non possiamo, né dovremmo, mai permetterci.
Gli istanti tra i più difficili in questa pagina della parte che mi sta davanti sono proprio di queste ore. In un solo attimo mi sono ritrovato a passare violentemente dalla luce alle tenebre. Fino a poco fa la luce era fatta di una gioia sottile tangibile in cui iniziavo a scorgere il frutto di una vita di duro lavoro e sacrifici, in cui, pur con in media 18-20 ore di lavoro al giorno e incertezze enormi, poter rincorrere gli scoiattoli di città oltreoceano tra le risate del mio bimbo e il sorriso della mia compagna, in cui gli inviti a tenere concerti portavano la salvifica pace mentale di poter nutrire il mio cuore e provvedere alla mia famiglia, in cui poter sognare, per me e soprattutto per gli altri, perché la vita di ognuno di noi ha assoluto bisogno di colori, di sorrisi, di amore da condividere. Una luce in cui poter mostrare e dimostrare e a me stesso e in special modo a ragazzi innamorati della musica che, lavorando sodo senza sconti e senza mai, mai, mai arrendersi, si può arrivare a rendere un sogno realtà, a dispetto delle bruttezze e delle apatie del mondo.
D'un tratto poi l'orrore, il buio e il silenzio improvviso: la crudezza di una stanza d'ospedale dove mi si descrivevano le tante fratture alla mia spalla con un omero sbriciolato, l’aria greve di una casa in cui un bimbo dolcissimo e dal cuore enorme ed enormemente generoso di solo 6 anni, piangeva senza sosta disperatamente, capendo che non avrebbe rivisto il suo papà per molto molto, troppo tempo, e portava in dono alla sua mamma tutti i soldini messi pazientemente da parte per tutta la sua vita con il suo salvadanaio colmo di centesimi, nella speranza illusoria di poter comprare per noi un biglietto d'aereo e rimanere così tutti insieme, intuendo, da bambino incredibilmente sveglio quale è, la durezza e i limiti del nostro bellissimo e difficile cammino. Nessun cuore può reggere alla vista di un gesto del genere.
Non chiedetemi cos'è successo esattamente o come, o perché io sia dovuto partire improvvisamente, abbandonando la mia famiglia. Ora, e soprattutto qui, non è importante. Chi mi conosce fuori dalle interazioni e le dialettiche da fast food di un social network sa cosa è accaduto nel dettaglio, sa come la penso da sempre sul bello e il brutto sia del Paese che mi ha dato i natali che di quello che mi ha teso la mano, e di come sia difficile conoscere veramente qualcosa, qualcuno, o anche solo un dove, senza averli vissuti davvero in prima persona, o di quanto sia importante farlo prima di poter trarre giuste conclusioni. Tutte cose che personalmente ritengo quantomeno improbabili rimanendo nei confini virtuali di un post o di un commentario a strascico, in un ambiente irreale, disegnato più o meno per far rimanere e sentire il più possibile ciascuno al sicuro nella sua comfort zone e - bene o male - nella propria tribù opinionistica.
Mi è stato detto che non tornerò mai come prima, e che potrei persino non tornare a suonare. Lo giuro qui e ora, e lo so, e ve lo garantisco: non lo permetterò in alcun modo e per nessun motivo, e non accadrà mai.
Potrà anche essere il passaggio più difficile mai eseguito da un essere umano nella partitura di una vita, non mi importa: ne sarò all'altezza, perché non sarò certo io ad alzarmi, arrendermi e interrompere la musica. Ho dalla mia parte esempi ben più grandi di me di giganti immensi che hanno dimostrato al mondo la potenza della determinazione, dell'amore per la vita e per la musica, che vanno da Django Reinhardt a Petrucciani. Ho con me la fiducia nella scienza, nella medicina, a cui dobbiamo solo gratitudine, rispetto assoluto, e in ogni caso tantissimo. Ho con me la determinazione e la certezza che, studiando, preparandomi, allenandomi, esercitandomi, lavorando duramente, supererò questa enorme montagna, come altre in passato, costi quel che costi, e mi ritroverò più forte, più in alto». 

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