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Tommaso Arcagni

“Carmen”, di Georges Bizet… o “Don José”, di Georges Bizet?

08 Marzo 2022, 17:21

Tommaso Arcagni
5^A scenografia – liceo artistico P. Toschi
“Carmen”, di Georges Bizet…
o “Don José”, di Georges Bizet?
Chiunque, nessuno escluso, prova irritazione quando gli viene anticipato il finale di un film, di un
libro o di una serie tv che tanto lo sta appassionando.
L’ordine degli eventi proposto dalla regista Silvia Paoli per Carmen, opera che ha aperto la stagione
lirica del Teatro Regio di Parma, genera una sensazione molto vicina a quella provata dopo uno
‘spoiler’ indesiderato. Sin dal momento in cui si alza il sipario è intuibile che non ci si trovi di fronte
ai tempi narrativi pensati dai librettisti dell’opera di Georges Bizet, Ludovic Halévy e Henri Meilhac.
E se già la Carmen in flashback proposta da Piero Faggioni alla Scala nel 1984 non ha riscosso
numerosi consensi, anche a Parma rischia di convincere poco. La vicenda appare come contaminata
dal vittimismo galoppante del Don José di Azer Zada, la cui voce non riesce a colmare il vuoto di
un’interpretazione poco convincente, e - nonostante un’ottima Martina Belli tenti di ridare lo spazio
necessario al personaggio di Carmen - la protagonista non ha la possibilità di esprimersi con tutta la
libertà di cui universalmente è riconosciuta simbolo. Un contributo decisivo al successo delle figure
femminili dell’opera viene sicuramente dalla Micaela di Laura Giordano, ottima interprete di un
personaggio che sulla scena si impone eccessivamente rispetto a quanto pensato originariamente
da Halevy e Meilhac. Tale successo sicuramente è favorito dall’opaca interpretazione di Alessandro
Luongo, che non rende del tutto giustizia al personaggio di Escamillo, e passa in sordina rispetto alle
effettive potenzialità del personaggio.
La scenografia pensata da Andrea Belli, seppur grigia e claustrofobica, non limita l’espressione degli
attori e genera un’interessante incongruenza tra i toni colorati e vitali della musica di Bizet e la
scatola scenica. Tutto ciò è accompagnato dall’orchestra Arturo Toscanini che non sempre riesce a
seguire – percussionisti in particolare - la direzione vigorosa e coinvolgente di Jordi Bernacer, che si
concede talvolta qualche espressione desolata.
Scelta particolare da parte di Valeria Donata Bettella quella di vestire il torero tradizionalmente,
facendolo risaltare – o stonare – in un palco sul quale si alternano guardie carcerarie e detenuti.
Attraverso i costumi viene definita ulteriormente la distinzione tra le personalità di Micaela e
Carmen, la quale si limita ad indossare lo stesso négligé nero per quasi tutta la rappresentazione, e
se da un lato le fa perdere il carattere dominante donato dalle classiche tinte calde, dall’altra la
staglia indelebilmente nella memoria di Don José.

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