INTERVISTA
«Fantozzi» ritorna al cinema: il film di Luciano Salce con protagonista Paolo Villaggio, il creatore del ragionier Ugo, tornerà sul grande schermo il prossimo 27 marzo in occasione dei 50 anni dell’uscita della pellicola, avvenuta nel 1975. Con la figlia Elisabetta, abbiamo ripercorso le tappe del successo di questo personaggio creato dalla mente fervida del padre.
Come nacque Fantozzi?
«Mio padre aveva lavorato come impiegato in un’azienda e aveva vissuto, quindi, in prima persona tutte quelle frustrazioni: lui stesso, infatti, si trovò ingabbiato in una dimensione di vita che non poteva essere la sua. Così ha deciso di narrarlo in una serie di racconti pubblicati sull’Europeo e successivamente confluiti in un libro. Raccontava mio padre che, alla Rizzoli, non erano molto convinti sulla pubblicazione del volume: alla fine decisero di farlo, era il 1971. La diffusione, con mille copie, avvenne nel mese di agosto ma, da subito, il pubblico rispose positivamente. Ci furono tre ristampe nel giro di poco tempo perché Fantozzi era molto amato dai lettori».
Dal personaggio su carta al grande schermo.
«Proprio così, fu la stessa Rizzoli a produrlo: le riprese della pellicola cominciarono nel 1974, sotto la regia di Luciano Salce: per il personaggio di Fantozzi furono contattati attori come Ugo Tognazzi e Renato Pozzetto, che declinarono e il ruolo fu assegnato a mio padre, a colui che aveva inventato il ragionier Ugo».
Come visse suo padre la sera della prima di «Fantozzi», un film che gli avrebbe cambiato la vita?
«Era il 27 marzo 1975, papà era molto teso, per lui era una grande scommessa: tutta la nostra famiglia andò al cinema Barberini per la prima; con me, liceale, c’erano anche i miei compagni di scuola. Io e i miei amici, come scritto nel libro “Fantozzi dietro le quinte”, eravamo le “sue” cavie. Le nostre reazioni per lui erano importanti, eravamo il pubblico, un pubblico diretto e senza fronzoli che avrebbe detto la verità. Quando si spensero le luci in sala, lui uscì e andò in altri due cinema, nella zona di San Giovanni, perché voleva vedere le reazioni del pubblico vero e non quello invitato alla prima. Alla fine fu ripagato perché il successo di “Fantozzi” fu grandissimo. Negli anni è diventato un vero e proprio cult».
Ma la critica non fu proprio benevola?...
«Ai critici rispose il pubblico che decretò “Fantozzi” la pellicola che incassò di più nella stagione cinematografica 1974 - ’75. Successivamente mio padre come attore fu rivalutato dopo le interpretazioni nei film diretti da Federico Fellini e da Ermanno Olmi. La stessa critica, quindi, dovette ricredersi».
Il personaggio di Fantozzi è ancora attuale?
«È molto attuale, all’epoca era l’impiegato con il posto fisso, la casa, l’automobile, che si batteva contro le vessazioni quotidiane. Siamo tutti un po’ Fantozzi. Senza dimenticare che alcuni termini coniati da papà sono entrati nella storia del cinema, dal “batti lei” a “una cagata pazzesca”, solo per citarne alcuni, ma anche nel gergo quotidiano».
Giovedì 27 marzo, proprio come cinquant’anni fa, «Fantozzi» ritornerà sul grande schermo: è soddisfatta di questo?
«Ci tengo tantissimo a quest’iniziativa, sarà ancora al cinema Barberini come quella famosa sera della prima: verrà proiettata la pellicola in una versione restaurata dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con Mediaset, che detiene i diritti di sei film su dieci della serie di Fantozzi. Voglio aggiungere, inoltre, che a teatro ci sarà una seconda stagione con lo spettacolo “Fantozzi. Una tragedia” con Gianni Fantoni per la regia di Davide Livermore, dedicato appunto al personaggio creato da mio padre».
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