Manca un mese al raduno del nuovo Parma che dovrà attraversare il mare tempestoso della serie B con la prua verso la A. Un mare che vogliamo provare a farci raccontare da chi ci sta navigando. Per esempio il parmigiano Giovanni Corrado, amministratore delegato del Pisa, società rilevata dalla sua famiglia alla fine del 2016, quand'era a un passo dalla D e dal fallimento e che sta invece per iniziare la sua terza stagione di fila tra i cadetti. «Tre anni di seguito in B il Pisa non li faceva da tre decenni - spiega Corrado - e questo ci inorgoglisce, ma non è l'unica cosa. A gennaio abbiamo ceduto il 75% delle quote al magnate anglo-russo Alexander Knaster il quale, preso atto del modo efficiente e trasparente con cui abbiamo risollevato il club, nonostante siamo al 25% ha lasciato a noi l'operatività della gestione, fatto poi salvo il suo potere decisionale».
È dura durare in serie B?
«Al nostro arrivo c'erano 9 milioni di debiti e una situazione compromessa: l'ultimo bilancio, pur con un ammanco di circa tre milioni dovuti al covid, lo abbiamo chiuso con un attivo di 300mila euro. Nel mezzo una promozione in B e due tranquille salvezze. Vogliamo fare un calcio sostenibile e grazie all'equilibrio raggiunto abbiamo sopportato l'emorragia delle porte chiuse: considerate che il Pisa era primo per incassi e secondo per quote abbonamenti in B».
Sul campo invece quali sono le difficoltà?
«Fondamentalmente ho capito che in serie B il dislivello tra la prima e l'ultima in classifica è molto meno marcato che in A. Il Venezia, ad esempio, nella finale play-off vinta con il Cittadella, aveva in campo 4 o 5 giocatori che l'anno scorso erano retrocessi in C e che invece oggi sono in A. Questo equilibrio generale fa sì che ci siano sempre grandi motivazioni in campo. La morale è che l'agonismo, il senso di sacrificio e la fame di punti forse pesano più di certe qualità tecniche. E' anche vero che quest'anno il livello medio si è alzato e probabilmente l'anno prossimo si alzerà ancora di più, e infatti non ci sono stati i play-out».
Il Pisa fa molto ricorso ai prestiti di giocatori?
«Quest'anno ne avevamo quattro, di cui due con possibilità di riscatto. Una società che voglia crescere deve generare asset e quindi è meglio avere calciatori di proprietà ma proprio l'asprezza della B a volte consiglia di andare a prendere qualche giovane di belle speranze da club importanti».
E l'allenatore D'Angelo com'è? Gli avete appena prolungato il contratto sino al 2023.
«Questo testimonia quanto crediamo in lui. E' un tecnico che si mette al servizio della squadra e non la usa per fini suoi. Ha le sue idee di gioco ma sa essere pragmatico quando serve. E poi ha un'altra grande qualità. Sa farsi voler bene da giocatori, tifosi e dirigenti. E questo non è poco. In C a metà stagione eravamo undicesimi e invece di cambiarlo abbiamo fatto quadrato, centrando poi la B. Io credo che lui sia arrivato anche tardi tra i cadetti e gli auguro di fare anche il salto in A perché se lo meriterebbe».
Magari col Pisa? L'ultimo cda ha presentato un piano strategico in cui si parla, oltre che del centro sportivo e dello stadio a cui mettere mano, anche di serie A...
«Diciamo che quelli sono propositi un po' generici. Knaster ha i piedi per terra e punta intanto a portare benefici al territorio attraverso una nuova impiantistica sportiva, profilo sotto il quale Pisa è davvero carente. Poi se ci sarà un crescendo di investimenti si penserà a strutturare la società e pian piano a migliorare i risultati sportivi, com'è nella ''mission'' di ogni club di calcio. Ma senza alcuna frenesia.
Fin dal primo giorno abbiamo cercato di far le cose gradualmente e con serietà e continueremo così».
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