Salta il via libera per il 15 giugno degli sport di contatto. E’ quanto hanno riferito diversi ministri che hanno partecipato oggi al cdm dove ci sarebbe stata una accesa discussione su questo tema. Di conseguenza sarà modificata la bozza del dpcm che conteneva questa norma.
«Restano sospese sino al 14 luglio 2020 le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso, le fiere e i congressi». Lo prevede la bozza, in via di definizione del nuovo dpcm sulle aperture della fase 3. «Le regioni e le province autonome, in relazione all’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori, possono stabilire una diversa data di ripresa delle attività, nonchè un diverso numero massimo di spettatori» per cinema e concerti «in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi».
Gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto sono svolti con posti a sedere preassegnati e distanziati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, con il numero massimo di 1000 spettatori per spettacoli all’aperto e di 200 spettatori per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala". E’ quanto si legge nella bozza del Dpcm in vista della fase 3.
Grazie al mutamento del contesto sanitario, è giunto il momento di un 'ritorno alla normalità' per la giustizia». L’annuncio tanto atteso, soprattutto dal mondo dell’avvocatura, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede lo fa al Senato, rispondendo al question time a un’interrogazione che ha come prima firmataria Anna Russomando, vice presidente di Palazzo Madama ed esponente del Pd. Pur tra i condizionali, il ministro indica una data precisa per la ripresa. «E' imminente l’emanazione di una circolare che riequilibra il rapporto tra lavoro in presenza e lavoro da remoto del personale amministrativo in modo da garantire, per quanto possibile, la regolare celebrazione delle udienze già a partire dal 1 luglio 2020», dice , assicurando che la ripresa avverrà «senza rischi per la salute dei cittadini e degli addetti ai lavori», grazie all’installazione nei tribunali di «tutti i presidi di sicurezza necessari secondo le indicazioni dell’autorità sanitaria».
Mentre lui parla, in Commissione Giustizia il governo dà parere favorevole agli emendamenti che prevedono la riapertura dei tribunali il 30 giugno. Li hanno presentati al dl Giustizia Fdi e il presidente della Commissione Andrea Ostellari (Lega) e il voto dell’Aula è atteso la prossima settimana.
Una svolta che il Consiglio nazionale forense, che con tutta la categoria aveva chiesto di ritornare a celebrare i processi nelle aule, accoglie con favore ma con un pò di cautela. «La ripartenza della giustizia dal 30 giugno sarebbe sicuramente un bel segnale per gli avvocati e per i cittadini che attendono da mesi di veder riconosciuti i propri diritti, tenuto conto che le esigenze di natura sanitaria sono, al momento, ridotte e affievolite» sottolinea la presidente facente funzioni del Cnf, Maria Masi. L’organo istituzionale dell’avvocatura non starà a guardare: «vigileremo affinchè la macchina della giustizia riparta con la più ampia e continuativa presenza dei cancellieri in tribunale, condizione necessaria e funzionale all’attività giurisdizionale stessa».
La giornata si era aperta con la protesta dei giovani avvocati, che avevano manifestato in piazza Montecitorio contro la «paralisi» della giustizia. «Vogliamo tornare a svolgere il nostro lavoro e vogliamo farlo nei tribunali» lo slogan della dimostrazione organizzata dall’Aiga, l’associazione che rappresenta la categoria. Gli avvocati a inizio carriera vedono a rischio la propria stessa sopravvivenza professionale, «con il rinvio dell’85% delle cause anche fino al 2022», come denunciato dal presidente Antonio De Angelis. Una protesta che ha ottenuto la solidarietà dei parlamentari della Lega contro un governo che » si dimostra ancora una volta a una distanza siderale dagli italiani» , dice l’ex sottosegretario alla Giustizia Jacopo Morrone.
«Fino al 30 giugno 2020, restano vietati gli spostamenti da e per Stati e territori diversi» da quelli dell’Unione europea e dei Balcani «salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute. Resta in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza». Lo prevede la bozza del nuovo dpcm, ancora suscettibile di modifiche
Se questo fronte potrebbe però ora chiudersi, per la giustizia ne rimane aperto un altro, quello della riforma del Csm. Sempre al question time il ministro ha assicurato alle opposizioni che è pronto a un nuovo incontro per un confronto sulle linee direttrici del suo progetto che giudica «non rinviabile» perchè con il caso Palamara si è raggiunto «un punto di non ritorno» per la «credibilità» della magistratura. Ma resta anche un altro tema che scotta, quello delle carceri, con la leader di Fdi Giorgia Meloni che torna ad attaccare Bonafede per la gestione delle rivolte di marzo.
Fino al 14 luglio sono sospesi i servizi di crociera da parte delle navi passeggeri di bandiera italiana. Lo prevede la bozza, ancora suscettibile di modifiche, del nuovo dpcm. «E' consentito alle navi di bandiera estera impiegate in servizi di crociera l’ingresso nei porti italiani esclusivamente ai fini della sosta inoperosa».
«E' consentito l’accesso di bambini e ragazzi a luoghi destinati allo svolgimento di attività ludiche, ricreative ed educative, anche non formali, al chiuso o all’aria aperta, con l’ausilio di operatori cui affidarli in custodia e con obbligo di adottare appositi protocolli di sicurezza in conformità alle linee guida del dipartimento per le politiche della famiglia». Lo prevede la bozza del nuovo dpcm con le misure dal 15 giugno. «E' consentito l’accesso dei minori, anche assieme ai familiari o altre personr e abitualmente conviventi o deputate alla loro cura, ad aree gioco all’interno di parchi, ville e giardini pubblici»
«Le attività di centri benessere, di centri termali (fatta eccezione per l’erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza che sono erogate nel rispetto della vigente normativa), di centri culturali e di centri sociali possono essere svolte a condizione che le regioni e le province autonome abbiano preventivamente accertato la compatibilità di queste attività con l’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e che individuino i protocolli o le linee guida applicabili idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in settori analoghi». Lo si legge nella bozza del nuovo dpcm con le misure dal 15 giugno.
Si riapre o non si riapre e soprattutto chi ci riuscirà? Le sale cinematografiche dal 15 giugno possono di nuovo essere il luogo magico esperienziale della visione cinematografica, rispettando i protocolli di sicurezza dettati dall’emergenza coronavirus, ma quasi alla vigilia del giorno in cui si potrà tornare a vedere film sul grande schermo, l’aria che tira è tutt'altro che buona.
Ovviamente «viviamo in un momento difficile e complicato e tutti devono esercitare il massimo senso di responsabilità, ma siamo in una situazione paradossale. Il presidente del Consiglio circa un mese fa ha annunciato la riapertura dei cinema, ma in questo periodo non si è creata una condizione che permetta ai cinema di aprire», ha detto il presidente dell’Anica Francesco Rutelli, intervenendo a Studio 24 su RaiNews24. E ieri l'associazione degli esercenti, l’Anec, è stata chiara: con le mascherine durante la proiezione e il food proibito (la cosiddetta questione pop corn) le sale restano sbarrate.
La conta non è facile: si sa che il circuito Uci Cinemas, il principale circuito cinematografico in Italia del Gruppo Odeon Cinemas Group, riapre quattro delle sue proprietà: UCI Bicocca (MI), UCI Porta di Roma (RM), UCI Orio (BG) e UCI Luxe Campi Bisenzio (FI). E certamente anche altri sul territorio italiano toglieranno i lucchetti. Come il cinema Massimo a Torino, la multisala legata al Museo del cinema (dal 18 o subito dopo) «ma - dice il direttore del Museo Domenico De Gaetano - non è così scontato e semplice adeguarsi agli standard di sicurezza richiesti, infatti la maggior parte delle sale in città non riusciranno ad aprire per l’estate. Perchè lo farebbero in perdita. Li capisco tutti. C'è molta confusione in materia - aggiunge De Gaetano - in questi giorni ci siano sentiti tutti più volte per individuare una strategia comune. Ma poi ognuno fa un pò come crede, in base alle proprie forze e ai propri progetti».
Starà insomma alla valutazione dei singoli esercenti decidere. I titoli a disposizione, almeno per il momento, e fino a luglio sono quelli già passati in streaming nei mesi del coronavirus o i film che erano appena usciti e sono stati spazzati via interrompendo il loro percorso in sala. Dagli Anni più belli di Muccino a Favolacce dei fratelli D’Innocenzo (Orso d’Argento per la sceneggiatura all’ultima Berlinale) che Vision mette a disposizione della sala dopo il recente passaggio in streaming.
Per il settore «è stato drammatico l’impatto del coronavirus - sottolinea Rutelli -. Solo nelle sale, gli esercenti calcolano che si siano persi 30 milioni di euro in questi mesi di chiusura. In questa situazione pesantissima ci si aspetterebbe, al di là dell’aspetto economico cruciale, un sostegno di praticità e concretezza, di regole chiare e comunicate per tempo». Invece «regole così astruse, come hanno detto gli esercenti, rendono impossibile riaprire alla grandissima maggioranza delle sale, che sono oltre 4000 in Italia». Rutelli fa l’esempio di come, stando alle disposizioni, si possa portare in sala un gelato confezionato acquistato nel cinema ma non si possa consumare per l’obbligo della mascherina: «Ci saranno intelligenze superiori in qualcuno di questi comitati, immagino». Per quanto riguarda le sale si parla «di 7000 lavoratori in cassa integrazione, 20 mila lavoratori dell’indotto che non hanno oggi una certezza». Nonostante questa modalità «ci saranno certamente e in modo meritorio delle sale che aprono, ma c'è una mancanza di prodotto, quindi molti lo faranno con dei film che nel frattempo sono andati sulle piattaforme o non sono potuti uscire o recuperando film di successo dell’ultimo periodo».
E questo per l’esercizio. Poi, «devono ripartire i set ma se il governo non recepisce l’accordo che tutte le parti hanno fatto per la sicurezza sui set, ovvero le distanze, i controlli sanitari, tutte le cautele per garantire la salute degli attori, delle maestranze, dei tecnici, la difficoltà è grande». Altro nodo centrale sono le assicurazioni: «Si tratta di controassicurare dai rischi che possono esserci con il Covid per le attività creative» spiega. Nella produzione, in tutta la filiera, che occupa circa 200 mila persone, «abbiamo una parte fondamentale del prestigio, del rispetto e dell’apprezzamento del nostro Paese nel mondo - ricorda il presidente dell’Anica -. La gente, pur chiusa in casa, ha visto su computer, televisioni, piattaforme e telefonini tanti prodotti italiani».
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