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Carapaz trionfa a Verona, è suo il Giro d'Italia 2019

Carapaz trionfa a Verona, è suo il Giro d'Italia 2019

02 Giugno 2019, 06:05

La cronometro finale è stata vinta dallo statunitense Chad Haga. Nibali: Carapaz non ha rubato nulla, è stato molto forte 

Richard Carapaz ha vinto il 102/o Giro d’Italia di ciclismo, che si è concluso oggi a Verona, con la 21/a tappa, che è stata vinta dallo statunitense Chad Haga in 22'07», a oltre 46 km/h di media. E’ la prima vittoria dell’ecuadoriano, ma anche di un corridore del suo Paese. 

«Non ho alcun rimpianto, tutti quanto abbiamo disputato un bel Giro d’Italia, che è stato molto combattuto. Ho avuto dei grandi rivali, Carapaz ha dimostrato di essere forte e di meritare. Tutti i leader ci siamo controllati stretti, marcati, soprattutto nella prima parte del Giro, poi non è stato semplice recuperare. Carapaz non ha rubato nulla, è stato fortissimo. Ha guadagnato tanto a Courmayeur». Così Vincenzo Nibali che ha chiuso al secondo posto il Giro d’Italia.

Come ogni anno, il Giro d’Italia regala sorprese e conferme. Ma soprattutto verdetti. In montagna, in pianura, ma anche in discesa o a cronometro c'è spazio per velleità e rimpianti. A volte non bastano nemmeno 3.600 km per dipanare la matassa, tra fughe mancate, alleanze sfumate, ambizioni lasciate sulla strada. Nel Giro di Carapaz qualcuno ha fallito e qualcun altro, invece, è addirittura andato al di là dei pronostici. Ecco top e flop della corsa rosa. 
RICHARD CARAPAZ - Ha vinto due tappe, a Frascati e Courmayeur, ha scalato montagne e si è lanciato in discese ardite. E’ stato sempre nel vivo della corsa, presente e reattivo, sempre protagonista, mai un calo, una distrazione, un 'fuorigirì. Ha meritato di vincere, dimostrando di essere solido e forte come una roccia. Ma non solo: ha confermato di essere dotato di un senso tattico invidiabile. 
VINCENZO NIBALI - Non ha vinto il terzo Giro d’Italia, ma non si può dire che non ci abbia provato. Sul Mortirolo si è spremuto, prima ancora aveva tentato allunghi e colpi di mano. Il suo credo: la fantasia al potere. Lo 'Squalò, quando e se può - nel senso che le gambe lo sorreggono - ci prova sempre, in salita come in discesa. 
MIKEL LANDA - Ha avuto il pregio e l’umiltà di mettersi al servizio del compagno di team Carapaz, dopo essere partito con i gradi di capitano della Movistar. Il suo karma recita: «Devi lavorare sempre per qualcun altro». E anche quest’anno è stato così. Landa ha dimostrato di essere lo scalatore più forte: non ha potuto fare il diavolo a quattro per rispetto degli ordini di scuderia subentrati dopo che l’ecuadoriano è andato in rosa. 
PRIMOZ ROGLIC - Ha vinto due crono su tre, ha indossato la maglia rosa per cinque giorni, prima di cederla a Valerio Conti. Unico neo: la scarsa predisposizione ad assumere l’iniziativa. Il catenaccio pagava un tempo nel calcio, forse anche nel ciclismo, ma è un vezzo oltremodo dèmodè. Nibali non gliele ha mandate a dire e lui non ha cambiato atteggiamento, restando però a mani vuote. Nemmeno la fortuna l’ha aiutato. 
MIGUEL ANGEL LOPEZ - A proposito di sfortuna: l’Oscar è suo. Fra salti di catena, forature, spettatori che lo tirano giù, buttandolo sull'asfalto, non può essere contento del proprio Giro d’Italia. Poteva fare sfracelli, il colombiano, aveva i mezzi per spianare qualsiasi salita, ma è rimasto irretito fra le braccia della Dea bendata che, però, gli dava le spalle. Nemmeno il podio per l’hombre Astana. 
PASCAL ACKERMANN - Ha vinto la maglia ciclamino, aggiudicandosi gli sprint a Fucecchio e Terracina, secondo a Santa Maria di Sala, dove è stato beffato da Cima. Il suo Giro è da incorniciare, anche per essere riuscito ad arrivare fino a Verona. Impresa non da poco. 
VALERIO CONTI - Per una settimana ha vestito la maglia rosa: è il primo romano della storia a esserci riuscito. Ha lottato per il primato con orgoglio e passione, sapendo che lo avrebbe ceduto in salita. Ha riportato l’Italia sul tetto del Giro dopo tre anni. 
GIULIO CICCONE - Ha indossato la maglia azzurra di miglior scalatore, mettendo insieme una sequela di Gp della montagna. L'abruzzese ha ingoiato con straordinaria voracità tutte le salite, mettendo assieme punti preziosi per la classifica della maglia più sudata. Qualcuno dice che il futuro delle corse a tappe per il ciclismo italiano sia nelle sue gambe. Si vedrà. 
ELIA VIVIANI - A Orbetello è stato declassato per cambio di direzione allo sprint, da allora non è riuscito più a mettere la ruota davanti a quelle dei rivali. Si è fermato dopo il penultimo sprint, a Novi Ligure. Bocciatura piena, anche in relazione al fatto che era la maglia ciclamino uscente. 
SIMON YATES - Alla vigilia, a Bologna, aveva manifestato propositi bellicosi. Ma solo a parole, però. «Se fossi un mio avversario, me la farei sotto», disse. All’inizio sembrava invisibile: avrà imparato a gestirsi, pensavano gli esperti. Macchè. Simon Yates non è mai stato in gara. Solo un lampo nella crono bolognese, secondo a 19» dal vincitore Roglic. Poi, il buio. 

Queste le maglie assegnate definitivamente alla fine del 102/o Giro d’Italia di ciclismo, a Verona. 
Maglia rosa della classifica generale: Richard Carapaz (Ecu). 
Maglia azzurra della classifica del Gran premio della montagna: Giulio Ciccone (Ita). 
Maglia bianca della classifica di miglior giovane: Miguel Angel Lopez Moreno (Col). 
Maglia ciclamino della classifica a punti: Pascal Ackermann (Ger). 

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