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Ciclismo

Gualazzini, campione dei gregari: «Io al servizio di chi andava forte»

Gualazzini  Campione dei gregari «Io al servizio di chi andava forte»

di Antonio Bertoncini

21 Settembre 2025, 11:00

Quante storie e quanta vita nell’epopea ciclistica di Ercole Gualazzini, gregario dei campioni, ma anche campione dei gregari, partito dal basso nella Bassa, sansecondino doc, determinato, caparbio, gigante da volata, che è riuscito a ritagliarsi uno spazio significativo in un mondo difficile, come quello del ciclismo, negli anni in cui Parma viveva il suo periodo d’oro, con un ottimo gruppo di professionisti e un campione (Vittorio Adorni), e con squadre in cima al mondo, quali Salvarani e Scic.
Al campione della Bassa è stato tributato il giusto omaggio a San Secondo, nella bellissima sala degli stucchi della Rocca dei Rossi, affollata per l’occasione da centinaia di persone, fra le quali tanti ciclisti che con lui hanno avuto a che fare per le più svariate ragioni, grazie all’iniziativa di “Casa del Borgo”, con la collaborazione del Comune e dell’Unione Veterani dello Sport.

Tra i cimeli

Con tre biciclette storiche di Gualazzini in bella mostra (due Bottecchia e una rossa, la prima, regalo degli zii) e l’inaugurazione dell’esposizione di una dozzina di fotografie che molto dicono delle imprese e delle sofferenze del ciclista parmense, le maglie di Salvarani, Scic, Brooklin e Bianchi – Campagnolo, indossate nella sua lunga avventura nel ciclismo professionistico, e il saluto della sindaca Giulia Zucchi, si è aperto l’incontro, che ha visto protagonista proprio lui, il mitico Ercole, che a 81 anni si vede ancora scorrazzare nella Bassa in bicicletta con qualche amico, e che da sempre porta San Secondo nel cuore. Sollecitato dalle domande di Elisabetta Copelli, presidente della Casa del Borgo, Gualazzini ha vinto la commozione e ed ha raccontato decine di aneddoti, di eventi dietro le quinte, di gioie e di sofferenze nei suoi 13 anni vissuti nel ciclismo che conta.

Garzone di bottega

Nato nel 1944 e cresciuto con i nonni, quando ancora portava i pantaloni corti faceva il garzone di bottega dal falegname Seletti, ed ha esordito lavorando all’arredo della sala consiliare del Comune di San Secondo. A 13 anni già lavorava come muratore, e a tempo perso cominciò a correre con la bici regalata dallo zio Angelo. Il suo primo trofeo lo conquistò correndo a Castel San Giovanni: due bottiglie di vino e una coppa piacentina. E nella seconda ha portato a casa il frigo. Ad insistere lo hanno convinto ii tanti amici di San Secondo, che lo seguivano e lo incoraggiavano ovunque indossasse il numero di gara. «Non ero un campione – ha detto Gualazzini – ero al servizio di chi andava più forte, ho faticato tanto per portare a casa qualcosa. Ho sempre fatto quello che mi era stato richiesto, con un’unica eccezione: correvo in un Giro di Sardegna con Gimondi e Basso, che doveva vincere la gara. Nell’ultima salita si è attaccato a me, l’ho trascinato in cima a 15 chilometri dall’arrivo di Olbia, poi ho ceduto. Ma arrivò l’ammiraglia della Salvarani e Panbianco mi annunciò che era nato mio figlio Antonio. L’adrenalina salì a mille, riuscii a riportarmi sui primi e quella volta non ce ne fu più per nessuno: figlio e vittoria in un giorno solo. Ho vinto altre volte, tappe più prestigiose come le 4 al Giro d’Italia, 2 al Tour e l’unica della Vuelta, ma questa mi è rimasta nel cuore».

Il pugno a Merckx

Gualazzini, conversando con Giancleto Vigetti (vicepresidente dei Veterani dello Sport), Corrado Bilzi, Carlo Alberto Cova, Paolo Gandolfi e Alessandro Freschi che hanno realizzato il libro e il filmato a lui dedicati, ha continuato con aneddoti del ciclismo di
altri tempi. Ha parlato
di quel giorno in cui diede un pugno nella schiena a Eddy Merckx, che per vendicarsi di un presunto torto lo aveva costretto ad inseguire per 150 chilometri.
E poi ancora della tappa
del Manghen al Giro d’Italia in cui diede la caccia al capitano della squadra Roger De Vlaeminck, che, arrabbiatissimo con un gregario traditore, aveva mollato la bicicletta e si era intanto
in un bosco. Ma non riuscì
a convincerlo a riprendere la corsa. E fra gli episodi tristi ha citato la caduta a 4 chilometri dall’arrivo ad una Milano – Vignola, valida per il campionato italiano, che avrebbe potuto
vincere in una fuga ben riuscita. Ha ricordato anche
i disagi patiti nei tre Tour d’altri tempi a cui ha partecipato, pur con la soddisfazione di vincere due tappe
e indossare prestigiose maglie.

Adorni e Gimondi

E ha ricordato l’amicizia con Gimondi e il tutoraggio al giovane Saronni.Infine, c’è stato l’amarcord con Luciano Vezzani, con il quale ha condiviso la maglia scartata dal campione amico Vittorio Adorni, e l’abbraccio con Gabriella Persegona, vedova di Tarcisio, amico di una vita, che da pensionato scalò 555 volte il Gavia: ad entrambi è stata donata la foto su lastra di ardesia, con le incise le parole “La vostra amicizia, un tesoro senza tempo”. Parole su pietra che dicono di che pasta è fatto Ercole Gualazzini.

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