Intervista
Non poteva esserci coda migliore per il Barezzi Festival, in questo periodo di avvicinamento alle festività natalizie, del concerto dei Kula Shaker di domani (alle 21) al Teatro Regio di Parma nel loro unico concerto italiano.
La band inglese si fece conoscere alla fine degli anni ‘90 per il suo pop british intriso di rock e psichedelia ammantato da un’aura di misticismo indiano carico di spiritualità. «Govinda» e «Tattva» sono i due singoli che spinsero l’album d’esordio «K» e la band stessa verso la fama mondiale. Tutti i lavori successivi, anche se con meno evidenza, mantenevano un’impronta mistica fino a sfociare nell’esplosione di suoni, colori e spiritualità del doppio album uscito questa estate da lunghissimo titolo «1st Congregational Church of Eternal Love & Free Hugs». Di questo disco, il settimo in 26 anni, e del concerto ne abbiamo parlato direttamente con Crispian Mills, cantante e chitarrista del gruppo.
Come e quando è stato concepito un lavoro così ispirato?
«Gli album sono come i bambini, ci vuole sempre del tempo per crearli. C’è un iniziale momento di passione, poi tanto lavoro da fare e non sai mai come sarà finché non arriva. Avevamo una serie di tracce e pensavamo a un album singolo, ma non siamo riusciti a ridurlo, ci piaceva ogni singola canzone. In una chiesa abbiamo registrato il materiale teatrale e in questo ambiente ci è apparsa la narrazione per legarle tutte. A volte è la musica stessa a rivelarsi senza cercarla».
Nell’epoca dominata da Spotify, dalle playlist, dai testi dettati dagli algoritmi, un doppio album come il vostro è una scelta coraggiosa…
«Nell’epoca di Tik Tok, di brevi canzoncine e brevi slogan noi abbiamo sentito fosse il momento giusto per fare un doppio album, un concept dal titolo così lungo che nessuno può ricordarlo. Abbiamo un problema di conformità, se qualcuno vuole qualcosa noi gli diamo l’opposto. È così che siamo fatti».
E forse è anche quello che in fan si aspettano da voi, no?
«Esatto, pensiamo di identificarci con i fan e con quello che vogliono. È una tragica battaglia senza speranza in cui non puoi
vincere perché tutto è stato assorbito e distrutto da Spotify, così la speranza che qualcuno ascolti
tutto il tuo album è molto sottile, ma siamo contenti di sapere quante persone lo ascoltano dall’inizio alla fine. È un’arte perduta, ormai. Anzi, morente, così cerchiamo di mantenerla in vita».
La vostra musica è piena di spiritualità e questo concerto sarà in quello che viene considerato un «tempio» della musica; quali sono le vostre sensazioni?
«È un’opportunità meravigliosa, perché tutti erano timorosi di rimettersi per strada dopo la follia degli ultimi due anni. Non pensavamo di avere la possibilità di tornare in Italia e questo sembra essere il posto perfetto per quello che andremo a fare, che forse non sarà quello che vi aspettate ma un po’ diverso».
Sarà incentrato sull’ultimo disco o sarà una specie di «best of Kula Shaker» dal vivo?
«Mescoliamo sempre tutto perché la musica è una storia e tu sei parte della storia, così non abbiamo problemi a suonare le canzoni che abbiamo scritto quando eravamo ragazzi. Non abbiamo mai fatto un concerto in cui non abbiamo suonato “Govinda”, così siamo contenti di suonare anche le nuove canzoni che non abbiamo ancora registrato, così le teniamo sempre fresche».
Cosa conoscete di Parma?
«Non molto, ma conosci bene una città solo quando conosci i suoi abitanti; puoi conoscere la sua storia, vedere i suoi palazzi ma devi incontrare le persone per conoscere il carattere di un posto. Per noi l’Italia ha sempre rappresentato un grande pubblico, ci sentiamo a casa e quando siamo in Italia sentiamo una connessione con l’espressione della religiosità che sentiamo in India. Per noi è sempre una gioia».
I biglietti sono in prevendita online su Vivaticket e Postoriservato.
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