VIAGGI
Ci sono eventi che non si possono spiegare. O si amano o si odiano. E comunque non si capiscono: solo si intuiscono. Uno di questi è quello che si svolge in questi giorni in Spagna (www.spain.info/it/), a Pamplona, la capitale della Navarra dove, molto ibericamente, si mescolano gioia sfrenata e devozione, omaggio alla vita e sfida della morte. Eccesso e tradizione. (www.pamplona.es/turismo).
Ovvero le Fiestas De San Firmin, quelle che per tutti sono i giorni dove i torri corrono per le strade anche se, in realtà c'è, molto di più come potrebbe spiegarvi qualunque abitante che un po' maledice quell'americano che arrivò in città il 6 luglio del 1923.
L'americano si chiamava Ernest Hemingway e scese alla stanza 217 dell'hotel La Perla, al centro di Plaza del Castillo da cui affacciandosi vide le strade piene di gente. Hemingway curioso, si mescolò alla folla, bevve una sterminata serie di bottiglie di vino rosso e vermouth e scrisse pagine immortali di quello che divenne il romanzo Fiesta. E da allora San Firmin non è più stata la stessa.
Ma cosa è in realtà questa festa? E come viverla? Questa celebrazione nasce, ovviamente, come una festa religiosa e quindi fondamentale è la processione che si è celebrata due giorni fa, tra la Cattedrale e la chiesa di San Lorenzo. La statua del Santo esce per strada avvolta dell'affetto della gente che, assieme ai membri delle confraternite e strane figure di giganti onorano San Fermín in una mattina colma di fervore popolare. Una passione che si ritrova dall'alba al tramonto: ogni giorno alle 6 e 45 la banda municipale «La Pamplonesa» sfila per le vie del centro per svegliare le persone. Perché, ricordate, a Pamplona in questi giorni non si dorme. Ci sono anche bande militari, gruppi di zampognari e poi i membri delle peñas, gruppi di amici che si riuniscono per partecipare alla festa. Fateci caso: mentre vagano rumorosi nel Casco Viejo quasi mai sono del tutto sobri. Ma non solo: durante il giorno poi si susseguono decine di concerti e spettacoli e le strade sono invase da curiose sfilate come quella dei Caballeros en plaza o la parata amata dai bambini dei Giganti e dei Testoni mentre alle 23 si alzano gli occhi al cielo per i fuochi di artificio: oltre che uno spettacolo è un concorso tra le migliori case pirotecniche. Vincere qui è come un Nobel.
Ma poi, alla fine, questa è la festa dell'encierro, della corsa dei tori. E di questa dobbiamo parlare. La corsa si svolge ogni giorno alle 8 e dura una manciata di minuti: si, perchè la galoppata è di soli 850 metri dal cortile di Santo Domingo fino alla plaza de Toros ed è quella che tutti conosciamo con i «mozos», i corridori, vestiti di bianco con i fazzoletti rossi che cercano di avvicinarsi il più possibile mentre i tori dimenano le corna. Un dettaglio: i tori pesano 600 kg, hanno un pessimo carattere e basta essere sfiorati per farsi molto male. Dal 1924 ad oggi ci sono stati 15 morti e le statistiche dicono che uno dei corridori su 70 riporta qualche ferita o contusione.
Ma prima c'è un rituale immutabile: cinque minuti prima delle 8 i corridori invocano il santo: «Chiediamo a San Fermín, perché è il nostro santo patrono, di guidarci nella corsa dei tori e di darci la sua benedizione». Segue il grido «Viva San Fermín» e tutto il canto si ripete altre due volte in quegli snervanti ultimi minuti prima del botto del fuoco d'artificio che indica che la porta è aperta e che la corsa dei tori è iniziata. Migliaia di persone – nel weekend si arriva a 4000 - e sei tori bruciano il selciato fino all'arena. Succede tutto molto velocemente ma ogni tanto qualcuno dei tori si separa o resta indietro. E il pericolo aumenta. Solo lo scoppio di un ultimo petardo avvisa che tutti i tori sono rinchiusi nel recinto dell'arena. E ci si può rilassare.
O meglio: riprendere a fare festa. I «mozos» bevono vino caldo per ritemprarsi per la corsa, e poi mangiano uova al tegamino con la chistorra , la salsiccia locale o estafado de toro. La sete si placa con il vino o con il kalimotxos , una stravaganza basca a base di vino rosso e cola. E ci si prepara per la mattina seguente. E' una febbre che avvolge e contagia tutti e che si spegnerà solo alla mezzanotte del 14 luglio quando la piazza del Municipio si riempirà di gente che canta «Povero me, povero me, perché è la fine della festa di San Fermín». Molti hanno una candela accesa, tutti il fazzoletto rosso in mano. E' uno strano momento di tristezza. Ma dura poco: da domani si inizia a pensare alla fiesta del prossimo anno.
Per arrivare a Pamplona il mezzo migliore è l'aereo. L'aeroporto dispone divoli regolari con Madrid e Barcellona. Altri aeroporti vicini sono quelli di Bilbao, San Sebastián, Saragozza. La stazione ferroviaria si trova abbastanza vicino al centro città, e ha collegamenti con le principali città del paese.
Per muoversi per la città è consigliabile di dimenticare l'auto e camminare o utilizzare i trasporti pubblici. In questo modo si evitano gli eterni intasamenti e tutto il centro storico è pedonalizzato in questi giorni.
Durante la settimana di San Fermín hotel e b&b di Pamplona registrano ogni anno il tutto esaurito nonostante i prezzi siano alle stelle: se volete partecipare a una delle feste più famose di tutto il mondo dovete prenotare con molti mesi di anticipo.
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