VIAGGI
Tremila anni di storia non sono certo il battito d’ali di una farfalla, ma sono il risultato di un viaggio che partendo dalle sabbie di Saqqara giunge sino a noi. Qui, al limite del deserto occidentale, una civiltà nata da pochi secoli ha sepolto i propri re e ha elevato questa distesa di pietre e sabbia arse dal sole, a testimonianza delle proprie credenze, delle proprie scoperte e delle proprie speranze.
E’ tra queste sabbie che è nata la storia, che è nato il culto dei morti, che la religione è divenuta speranza per gli uomini. Qui gli Egizi hanno lasciato la testimonianza della loro civiltà ed un messaggio per noi che lo avremmo letto decine di secoli dopo. Il messaggio parla di rispetto, di speranza e di fede. E’ da queste tombe, da queste mastabe nascoste tra le dune che la voce di Zoser, la voce di Imothep, e dalla vicina Giza a nord del grande deserto, la voce di Cheope, di Chefren, di Micerino, di Pepi II° ed altri, che sprona l’uomo, sotto lo sguardo severo e vigile della Sfinge, ad intraprendere il cammino della vita per giungere a ricevere il premio che gli dèi hanno preparato per loro. Gli dèi, infatti, vivono qui, tra queste sabbie, camminano tra di esse, controllano e verificano ciò che gli uomini fanno. Gli Egizi sentono la loro presenza, il loro respiro e si inchinano al loro passaggio erigendo per loro monumenti di alta ingegneria che stanno vincendo il tempo, custoditi dal silenzio che tutto intorno si ode.
Ogni epoca, ogni periodo storico ha le sue credenze, i suoi miti ed i suoi sogni, Saqqara rappresentava il sogno di ogni Egizio che credeva negli dèi ed aspirava ad essere sepolto in questo luogo sacro e magico, in attesa di vivere la «Vita Vera» per la quale era nato.
Questa è Saqqara, qui si è formata l’identità della prima nazione della nostra civiltà.
Saqqara, il cui nome si perde nel tempo, deriverebbe dall’antico dio della morte Sokar e, forse, per questo eletto a luogo sepolcrale, è una vasta necropoli distante una trentina di chilometri dalla moderna città del Cairo, che fu scelta, quale necropoli reale del regno egizio, all’inizio della III° dinastia, quando i Re provenienti dall’Alto Egitto, abbandonarono Tanis per eleggere «Ineb Hedj» ovvero «il Muro Bianco», che i greci chiameranno Menfi, a loro capitale. La scelta non fu causale. Il tumolo primordiale e le pietre sovrapposte a protezione delle sepolture più antiche suggerirono al Re e ai sacerdoti la scelta di questa fetta di deserto per le loro tombe.
All’inizio queste tombe furono strutture squadrate, architettonicamente non complesse, fatte di un pozzo profondo sul quale, con il tempo, costruirono cappelle votive. Queste tombe, chiamate con il nome arabo di mastabe (che vuol dire panche) sono di forma tronco-piramidale, sembrano, in sintesi, cumuli di pietra. Questa fu, infatti, la forma voluta dagli antichi, una forma a somiglianza del tumolo sacro dell’origine del mondo e a somiglianza delle antiche sepolture nella sabbia, protette, come sappiamo, da un cumulo di pietre. Sono fatte di mattoni impastati con paglia e cotti al sole rivestite di calce e dipinte, poi, ad imitazione di stuoie e tende usate nel deserto.
All’inizio della storia, negli anni 3.000 a.C., Saqqara fu usata principalmente da personaggi nobili legati alla corte (I° dinastia), solo nella II° dinastia si ha la prima tomba reale nella necropoli: la tomba del Re Ninetjer (2.900 circa a.C.).
Gli archeologi e gli studiosi hanno considerato, per molto tempo, le mastabe reali di Saqqara come cenotafi reali, perché le stesse tombe degli stessi Re sono state trovate e scavate ad Abido, località connessa con il culto del dio Osiride principe della Duat, cioè dell’Aldilà. Un doppione quindi? Probabilmente, a quel tempo, infatti, Saqqara non aveva ancora l’importanza che avrebbe assunto successivamente, importanza che le è derivata dall’essere vicina alla città di Menfi eletta nuova capitale al posto della città di Tanis alla fine della seconda dinastia.
E’, infatti, con la terza dinastia che si ha la consacrazione di questa necropoli.
Sarà Imothep, il genio, a costruire nel 2.650. circa a.C., la prima piramide a gradoni. L’architetto voleva creare per il suo Re un monumento che rimanesse per sempre. Non, dunque, una semplice mastaba, ma tante mastabe una sopra l’altra di dimensioni sempre più piccole sino a raggiungere l’altezza di 70 metri. Una scala per il cielo!
Ma perché questa costruzione vincesse il tempo, era necessario usare materiali più solidi dei mattoni seccati al sole. Ed ecco la prima meraviglia della storia: Imothep usa per la prima volta la pietra, più pesante, più complessa dei mattoni, ma più solida e più resistente. Sotto la piramide, perché questa è la forma, costruirà, per le figlie del Re, stanze completamente intonacata con la più bella ceramica del tempo: la faiance blu. Imothep voleva che il monumento che stava costruendo fosse testimone della grandezza e delle bellezze del suo Re per l’eternità. Ci è riuscito!
La IV° dinastia sarà il trionfo di Saqqara e della vicina e collegata Giza. Prima Snefru, poi suo figlio Cheope, poi suo figlio Chefren ed infine suo figlio Micerino daranno la definitiva consacrazione al luogo con la costruzione delle loro piramidi a testimonianza delle loro capacità e della loro intraprendenza nel costruire monumenti che reggono ancora oggi. Un proverbio egizio dice: il tempo vince tutto, le piramidi vinceranno il tempo.
Saqqara, però, non è solo importante per i suoi monumenti, ma è anche importante per la testimonianza scritta che gli Egizi ci hanno lasciato. All’interno delle piramidi (quella di Unas e quella di Teti) leggiamo infatti i testi delle piramidi considerati i precursori del Libro dei Morti del Nuovo Regno. E’ il filo sottile che unisce questo popolo dal 3.000 a.C. al 1.550 a.C. ed anche oltre, il filo della profonda credenza nell’altra vita.
E’ indubbio che Saqqara sia la necropoli più importante dell’antico regno, sono testimoni di questa importanza i numerosi monumenti, tuttavia non possiamo dimenticare che fu anche necropoli per molti secoli ancora, ne è testimone la tomba del generale Horemheb che sarà l’ultimo sovrano della XVIII° dinastia (1.300 circa a.C.).
Questa tomba fu realizzata a Saqqara perché, anche dopo tanti anni, essa era ritenuto luogo sacro di particolare importanza.
A sud del centro nevralgico di Saqqara si trovano i complessi dei Re Pepi I° e Pepi II°, Faraoni della VI° dinastia che rappresentano, storicamente parlando, la fine dell’Antico Regno. Ma la loro importanza è grande, perché all’interno del monumento piramidale di Pepi II° si ha l’esposizione, in una grande parete, di molti testi delle piramidi che, ancora oggi, ci mostrano il loro colore originale, il verde, che, rappresentando il ciclo della crescita e del decadimento, era associato alla morte e al potere della resurrezione, quindi in tema con il monumento funebre.
Non si può, dunque, andando in Egitto, non visitare Saqqara e Giza. Non si può non respirare l’aria di quell’altopiano e non sentire dentro di noi tutta la spiritualità che da quelle sabbie emana.
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