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E' santa ma tutt'altro che bigotta. E' molto bella ma, consapevole di esserlo, evita inutili moine e svenevolezze. E' fiera e non si concede mai fino in fondo sapendo benissimo che chi la ama, e sono in tanti, torneranno da lei. Cercando ancora una volta il brivido di una passeggiata tra i suoi vicoli bianchi. E molti di coloro che frequentano da anni la Grecia (www.visitgreece.gr) vi ripeteranno che ogni isola è, a suo modo, speciale. Ma Patmos ha qualcosa in più.
Ecco perché qui da anni si finge di dibattere se costruire un aeroporto: in fondo nessuno lo vuole, ne i residenti ne i turisti che confidano così di mantenerla appena un po' più protetta e segreta. Ancora un po' tutta per sè.
Eppure Patmos, principessa del Dodecanneso, è tutt'altro che da scoprire: qui, infatti, secondo la tradizione, l'evangelista Giovanni, spedito al confino dal solito imperatore irascibile, avrebbe scritto l'Apocalisse ascoltando la voce di Dio uscire da una fessura nella roccia e in quel luogo, nel corso dei secoli, è nato un veneratissimo monastero pure tutelato dall'Unesco tra i Patrimoni dell'Umanità. Insomma, la Storia da queste parti è passata – e con essa Turchi e Cavalieri di Rodi, Veneziani e italiani – ma è da molto tempo ormai che tutto questo misticismo si è fuso con lo spirito del luogo dando vita ad un atmosfera molto particolare, maliarda.
Certo, c'è il mare dell'Egeo, ci sono struggenti scorci tra il bianco e il blu ma soprattutto c'è la Chora, una dei villaggi più belli dell'Egeo. E' una matassa candida di vicoli, scale e palazzi avvinghiati alla montagna intorno al Monastero di San Giovanni Teologo, e a partire dal XII secolo e cresciuta sbocciando quando le case semplici e squadrate dell'Egeo smisero di sgomitare con i palazzi dei ricchi dell'epoca. Il mondo non cambia: ancora oggi quelle dimore splendide e invisibili dall'esterno, protette da muraglioni come fortezze, ospitano vip e gente del bel mondo.
Ma siamo a Patmos, e ogni sguaiataggine è bandita. Ecco perché qui, alla Chora, si deve salire quando ancora il sole è alto per passeggiare, in solitudine, tra cappelle dalle cupole tonde e squarci di bouganville strabordanti oppure dopo il tramonto per cenare nella piazza: il posto più celebre si chiama Vaggelis e forse non si mangia neppure così bene. Ma qui si viene per guardarsi e farsi guardare. E in base al tavolo che si riesce ad ottenere si capisce quanto si vale.
Ma non si fraintenda: certe snobberie italiane qui non hanno attecchito fino in fondo: tanto che poi la vera coda per la cena si fa giù, a Schala, in una stradina verso il porto alla taverna Trehantiri dove si mangia pesce sulle tovaglie di carta con l'immancabile gatto che guarda e aspetta un boccone. E dove tutti fanno la fila: la prenotazione non esiste.
Nello stesso modo la colazione è immancabilmente un appuntamento nella piazzetta verso il porto, da Petrino o, di fianco, da Houston. Gli habituè dell'isola non si danno neppure appuntamento: sanno che si troveranno li. Prima, è ovvio, di salire sul motorino e andare verso le spiagge: e come è giusto ognuno ha la propria preferita.
Per sgomberare il campo da polemiche va ammesso: quest'isola non ha le spiagge più belle dell'Egeo, altre hanno baie e sabbie forse più sconvolgenti. Ma le spiagge sono comunque belle e intrise dello spirito di Patmos e quindi, alla fine, per la magia del luogo, le ami. C'è Livadi Geranu, con l'isoletta di fronte da raggiungere a nuoto, con la spartana taverna in cui nulla è cambiato da decenni, e c'è la sempre emozionante Psili Ammos da raggiungere camminando in una mezz'ora di sudore. Ma il colore del mare e la sedia di paglia piantata nella sabbia sotto le tamerici dopo cancella ogni sforzo.
Oppure c'è Petra, ciottoli e vento sotto l'immensa roccia Kalikatsou: un tempo le sue fenditure erano abitate dagli eremiti mentre ora fa ombra per chi si ferma a mangiare alla vicina taverna Flisvos. E il mare davanti pare sempre una piscina. Così, giorno dopo giorno, torni tra quella sabbie e quei ciottoli arrotondati dalle onde, ti immergi in quel mare che mai si rassegna ad essere tiepido, origli il vento fischiare tra le piante strapazzate dal meltemi e alla fine, naturalmente, rallenti cedendo alla irresistibile infatuazione per questa isola che è sacra e bella e fiera. Estremamente greca. Soprattutto assolutamente Patmos.
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