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Lo Sceriffo, il pilota di drifting che si prepara a Varano

20 Agosto 2017, 11:10

Chiara De Carli

Milanese per nascita, cittadino del mondo e varanese di adozione, Federico Sceriffo è stato il primo pilota italiano a correre nel campionato giapponese «D1 Grand Prix», ossia l’unico campionato ufficiale nel quale si sfidano i migliori piloti di drifting, una competizione di abilità e non di velocità, che si effettua con auto derivate da modelli stradali ed esclusivamente a trazione posteriore o modificate. Il suo lavoro, dal 2009, è dall’altra parte del mondo, ma il suo «buen retiro» è targato Parma. E’ infatti in una frazione di Varano Melegari che Federico Sceriffo ha scelto di prepararsi alle sfide su quattro ruote: da una parte, l’incredibile struttura in cui vengono messe a punto le sue auto da gara e, dall'altra, la pista dell’autodromo Paletti dove ormai è di casa.

Quando è in pista «si sente» dal rombo del motore e dal suono delle gomme che si aggrappano all’asfalto per consentirgli la traiettoria perfetta. E chi è nei paraggi si sposta svelto sulla terrazza per godersi anche solo per un attimo lo spettacolo. La prima domanda che viene in mente non può che essere sul perché della scelta di Varano, avendo un intero pianeta a disposizione. «Perché c’è l’aria giusta per quello che faccio. Pur essendo innamorato di Milano, che per me è una delle città più belle del mondo, devo ammettere che pur essendo una città indubbiamente al top se parliamo di moda, di cibo o di nightlife, quando si passa al settore delle auto preparate, lì si viene considerati "tamarri". A Varano nessuno mi ha mai preso per matto, ma questo probabilmente dipende dal fatto che qua si costruisce qualsiasi macchina da corsa ti possa venire in mente. Mi trovo bene, mi piace il paesaggio e, soprattutto, ho subito trovato tantissima gente pronta a darmi una mano».

Il drifting in Italia è effettivamente poco conosciuto, ma in Oriente e negli Usa è una disciplina seguitissima. La velocità non è tutto: vince chi ha la maggior precisione nei passaggi richiesti. Una cosa ben diversa, quindi, dalle sfide «tamarre» (questa volta sì) che si vedono nelle periferie delle città. Eppure, è proprio in strade secondarie e zone industriali che Federico ha iniziato la sua corsa verso la vetta. La prima guida è stata con la Mini di un amico, a 13 anni, e da allora non ha mai smesso di «addomesticare» motori. «Quando ho preso la patente, ho cominciato ad andare in pista con una Subaru Impreza comprata usata. Ho iniziato a mettere le mani nella macchina per elaborarla un po’ e sembrava un luna park: la turbina faceva dei fischi tremendi, ma in pista ho visto che quello che facevo con naturalezza e divertendomi, gli altri lo facevano con grande difficoltà. Il primo "tondo" con l’auto a trazione posteriore, l’ho fatto a 15 anni».

La passione c’è, l’attitudine è evidente, e Federico comincia a diventare «Lo sceriffo», anche se ancora non sapeva dell'esistenza di uno sport tagliato su misura per lui. «Da appassionato di rally, a 19 anni mi avvicino a quel mondo facendo il navigatore. Quando mi hanno dato la possibilità di fare un test su terra, sono arrivato quarto con 10 piloti professionisti. Ci volevano, però, un sacco di soldi per correre e io non sapevo dove andarli a trovare».

Navigando su internet scopre il drifting. «C’era un giapponese che faceva tutta la pista di traverso: sono rimasto allibito. Mi sono informato e ho scoperto che è una disciplina che ha regole molto rigide ed estremamente tecniche, ma attraverso cui il pilota può esprimersi al meglio». Nel 2006 partecipa alla prima gara nel Super Drift Professional Challenge italiano, e nel 2008 arriva la svolta. «Mi avevano invitato a un evento in Grecia, e lì ho conosciuto il mio futuro team manager, che era lì come giudice. Ci siamo trovati bene "a pelle", e mi ha invitato in Giappone, dove avevano organizzato un evento durante il quale poteva essere concessa la prima licenza per il Mondiale a un non giapponese». Arriva la licenza, e con essa anche l’ingaggio dal Team Orange, uno dei più importanti al mondo. Da lì parte l’addestramento vero: una scuola dura, ma anche la strada verso il sogno. E qualche mese fa, per portarlo sempre più in alto, è arrivata «Fiorella», presentata nel suo look definitivo proprio all’autodromo Paletti, in occasione della Formula Sae, e diventata subito la star del paddock. Fiorella era una Ferrari 599 nera da strada, oggi è uno spettacolo giallo.

«E’ un simbolo di quello che oggi è il drifting, è l’orgoglio dei tifosi italiani ed è la mia armatura. Con Fiorella correrò l’anno prossimo il campionato americano e voglio andare là veramente competitivo, per cui continuerò a migliorarla, anche se una Ferrari è quasi un essere perfetto. Sognare mi fa star bene e non costa niente: fino ad ora ho scritto qualcosa, ora voglio lasciare un segno».

E chissà che il segno non passi proprio da Varano, dove Federico si presta anche ad insegnare ai ragazzi che vogliono divertirsi con il drifting: «Non è il caso di andare nei parcheggi, col rischio di farsi male e di distruggere la macchina. E' meglio venire in pista, dove ci si può divertire in sicurezza».

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