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Quelle fake news sugli animali pericolose per la loro sicurezza

Quelle fake news  sugli animali pericolose per la loro sicurezza

(foto d'archivio)

07 Gennaio 2024, 18:19

Le «fake news» sono sempre pericolose. Sono notizie false che vengono raccontate in modo verosimile ma senza avere nessuna base reale o scientifica. Il titolo, e la foto a corredo, sono scelti per colpire «la pancia» di chi vi incappa e, soprattutto sui social, sono le prime a diventare virali. Ma se alcune sono «solamente» diffamanti, altre fanno veri danni, basti pensare alla questione tutta americana degli «sciacqui» con la candeggina per difendersi dal Covid.

E «fake news» che mettono a rischio vite sono rivolte anche agli amanti degli animali. Oltre alle truffe ormai più volte segnalate ma che ancora si diffondono sul web, con cagnolini o gattini di razze costose ceduti a due o tre mesi a seguito della morte della proprietaria – e che di solito si concludono con la sparizione dell’annuncio e del contatto dopo aver spedito i soldi per il trasferimento del cucciolo (che in nessun caso, e per le motivazioni più disparate, sarà possibile ritirare di persona) – ci sono quelle che mettono a rischio la salute, o addirittura la vita, degli animali. Una su tutte, ormai virale e impossibile da fermare, è quella sul «letargo dei ricci» abbinata ad una foto di un riccio steso su un fianco e, se non già morto, in condizioni sicuramente non buone. Il post dice che il riccio non è morto ma in letargo e suggerisce di metterlo in un posto riparato. In realtà, come spiegano gli esperti di Hedgehogs dalla loro pagina dedicata al riccio europeo, se il riccio giace a terra allo scoperto, fuori dalla tana, ed è poco reattivo, con tutta probabilità sarà in ipotermia e va immediatamente soccorso. «Nei casi più gravi il riccio potrebbe avere segni vitali quasi nulli e sembrare morto. Bisogna scaldarlo gradualmente mettendolo sopra una borsa dell’acqua calda coperta da più strati di asciugamani, togliendo ogni tanto uno strato in modo che il calore gli arrivi gradualmente, senza scottarlo o causargli shock termici. Un riccio trovato in queste condizioni va sempre consegnato prontamente a un cras (nel parmense il riferimento è il Rifugio Matildico di San Polo D’Enza) per le cure necessarie, anche se mostra segni di ripresa, perché le condizioni in cui è stato trovato indicano che a monte c’è un problema serio».

In condizioni normali, infatti, nella stagione invernale il riccio si ripara in una tana e resta appallottolato per non disperdere il calore corporeo. «Le funzioni vitali sono rallentate: la temperatura corporea è bassissima e il respiro e il battito cardiaco quasi impercettibili. Il riccio può sembrare morto, ma non lo è! Se capita di trovare un riccio che dorme strettamente appallottolato nella sua tana bisogna lasciarlo tranquillo dov’è, eventualmente mettendogli a disposizione altri materiali naturali, che potrà prendere e portare nella tana in uno dei periodici risvegli. Solo se è piccolo, ovvero lontano dai 500 g di peso, o in cattiva forma fisica (lungo e stretto, coi fianchi magri) va soccorso e affidato prontamente alle cure di un Cras».

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