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Comunicato Stampa: “La storia di Mademoiselle Rose Escargot”, la favola che educa a prendersi cura dell’altro

Comunicato Stampa: “La storia di Mademoiselle Rose Escargot”, la favola che educa a prendersi cura dell’altro

25 Novembre 2025, 19:48

Il bosco respira piano, immerso in un tempo che sembra immutabile, ma che produce un continuo fermento. Tra i solchi di una foglia lucida, dove il verde custodisce il profumo dell’acqua, una piccola figura scorre con grande lentezza. La sua scia è minima, quasi invisibile, eppure segna una strada. Il suo è un corteo solitario, un microcosmo in viaggio che avanza con sguardo scostante e guscio impettito, a manifestare il proprio carattere appuntito. La protagonista della favola di Alessandro Sterlino Mazzeo è proprio lei, una chiocciola vanitosa che dovrà fare i conti con un sentimento a lungo dimenticato: l’amore. “La storia di Mademoiselle Rose Escargot” , primo racconto di Alessandro Sterlino Mazzeo per il Gruppo Albatros il Filo , invita a entrare nell’atmosfera serena del bosco con passo misurato e sguardo vigile. L’autore compone un racconto per grandi e piccini che si colloca nella tradizione senza rinunciare alla vitalità del presente. La pagina accoglie un lettore bambino che cerca immagini e ritmo e accoglie anche un lettore adulto che insegue rimandi, valori antichi, fili di senso. Il bosco diventa teatro di un apprendistato sentimentale, e il suo codice è accessibile come una filastrocca e stratificato come una fiaba europea con genealogie profonde. La protagonista entra in scena con un nome altisonante e una postura ruvida, incline alla solitudine, devota all’ordine del proprio guscio. Questo temperamento viene proposto senza sconti, e la scrittura gli regala un timbro netto, ironico, a tratti spigoloso. Poi accade qualcosa che modifica l’assetto della sua vita: la scoperta di aspettare ventitré chioccioline. La notizia produce in lei un progetto, in cui la scontrosità si converte in protezione, l’orgoglio diventa responsabilità, il guscio smette di essere una fortezza e si trasforma in culla. Il suo carattere non sparisce, ma riceve un compito da portare a termine. Il compito genera conflitto, e il conflitto ha bisogno di un’antagonista all’altezza. Il ragno Gina la Lolla arriva con passo leggero e sorriso obliquo, figura elegante e feroce, predatrice di ragnatela e attese, presenza che intriga e inquieta. La sua funzione è chiara: provocare la protagonista, verificare la tenuta del suo progetto, introdurre deviazioni nella strada già tracciata. Gina brilla per intelligenza scenica, ogni suo gesto costringe Rose a misurare il proprio coraggio, a raffinare la propria idea di maternità, a capire che la cura vive di scelte ripetute, di veglie, di alleanze. L’ombra dell’antagonista illumina per contrasto la metamorfosi della protagonista . Attorno alle due figure principali si muove una polis. Il bosco raduna creature grandi e piccole , molte con compiti precisi, tutte con una funzione nella macchina narrativa. Si incontrano aiutanti generosi, consiglieri cauti, messaggeri rapidi, custodi di sentieri, e ogni comparsa incide sul ritmo con un intervento puntuale. Il bosco si organizza come una comunità capace di scambi e reciprocità: c’è chi offre un riparo, chi segnala un pericolo, chi porta notizie, chi sposta un ostacolo. Il dono entra nel tessuto della storia come gesto naturale. Ogni scena aggiunge un tassello al principio di responsabilità condivisa, e il piacere della narrazione coincide con l’apprendimento che deriva dal guardare gli altri all’opera. L’ordito intertestuale lavora con naturalezza. La personificazione degli animali rimanda a Esopo e Fedro , e in filigrana si avverte il sorriso sottile di La Fontaine . L’educazione sentimentale passa per l’avventura come in Collodi , con la concretezza di un viaggio di formazione che traduce la fantasia in realtà. Una malinconia chiara affiora in certi snodi come in Andersen , quando la grazia della scena convive con il rischio e la paura. Queste parentele non sono esplicitamente chiamate in causa dall’autore, ma risuonano nella sensibilità dei lettori che le hanno amate da bambini. Così la tradizione respira nella modernità. La scelta stilistica, che strizza l’occhio al teatro delle marionette, nasce da una biografia artistica precisa. Alessandro Sterlino Mazzeo conosce il teatro dei burattini dall’interno, ne possiede il ritmo, i tempi comici, l’arte dell’entrata e dell’uscita, il colpo d’occhio sul pubblico, la disciplina del gesto che vale una frase. La stessa figura del nonno Sterlino , dal quale l’autore ha ereditato l’amore per quest’arte, agisce come una forza attiva che entra anche nella storia. L’arte delle marionette fornisce l’ossatura di molte scene: si avverte una partitura di movimenti, un’attenzione al cambio di luce, una scansione da sipario che apre e richiude quadri ben disposti. I caratteri possiedono tratti caricaturali, come nelle maschere, e al tempo stesso conquistano tridimensionalità attraverso piccoli dettagli, esitazioni, tic linguistici. Il lettore diventa spettatore, e la pagina somiglia a un palcoscenico portatile. Il lessico resta limpido e accogliente, la cadenza più volte si affida all’oralità, le immagini cercano la concretezza degli odori, delle superfici, dei suoni. Le illustrazioni realizzate dall’autore sostengono questo disegno: funzionano come bussola per lo sguardo dei più piccoli, come indizi per decifrare la direzione emotiva di un passaggio, come pausa che permette di sedimentare ciò che si è appena letto. Il bambino impara a leggere il libro e insieme impara a leggere il mondo, riconoscendo schemi, segnali, piccole leggi del vivere comune. Il cuore tematico pulsa nel registro dell’ empatia , della cooperazione , della maternità come scelta che riorienta un carattere. Mademoiselle Rose non diventa una figura diversa, diventa la versione più matura di sé stessa. L’egoismo iniziale cede il posto a un’energia protettiva che non ammette indifferenze e la comunità del bosco risponde con un’intelligenza corale che mostra a ogni pagina come la cura non viva da sola. La storia, così intesa, si offre a un uso familiare e scolastico: la lettura condivisa diventa pratica sociale, e il testo si presta a una conversazione sul limite, sul rispetto degli spazi altrui, sulla forza delle differenze. Il libro parla ai bambini che abitano città rumorose e stanze piene di schermi. La riconnessione con l’ambiente naturale viene proposta attraverso immagini nitide e situazioni praticabili dall’immaginazione. Il bambino può chiudere gli occhi e camminare su un sentiero di foglie, può ascoltare una fonte, può riconoscere la logica di un nido. Questa disponibilità del racconto a farsi esperienza prepara il terreno per gite, esplorazioni, piccole osservazioni domestiche. Anche l’adulto ritrova gesti elementari ormai rarefatti: il silenzio pieno dell’ascolto, il tempo lungo come ricchezza, la pazienza come strumento conoscitivo. L’educazione ambientale entra così attraverso la grazia narrativa di un bosco che vive e regola sé stesso. La pace ritrovata del bosco somiglia a un equilibrio conquistato e faticoso, pronto a essere rimesso alla prova se necessario. Le uova, le nascite, i primi passi diventano il regno di una tenerezza operosa. L’ultima pagina pronuncia un nuovo “c’era una volta” , e questo gesto vale quanto un manifesto poetico: ogni storia produce storie, ogni racconto se ben narrato invita a raccontare ancora, ogni bambino che chiude il libro porta con sé un nuovo innesco. La parola “fine” porta all’orecchio un fruscio e nella mente la figura minuscola della chiocciolina che ha imparato a essere grande, perché ha imparato a prendersi cura. E il racconto, da quel punto, può ricominciare.  

La responsabilità editoriale e i contenuti di cui al presente comunicato stampa sono a cura di NEW LIFE BOOK

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