Georgia Azzali
Quarantacinque anni macchiati da un crac che l'ha fatta affondare in un passivo di oltre 67 milioni di euro. L'epilogo della storia della cooperativa edile Giuseppe Di Vittorio è stato scritto il 2 gennaio del 2015, quando il tribunale ne ha decretato il fallimento. Lo stesso giorno i giudici hanno sancito la fine anche della società Polis, controllata dalla Di Vittorio, anch'essa naufragata in un mare di debiti. Crisi del mattone, ma soprattutto una serie di operazioni che, secondo la procura, avrebbero dissanguato le casse dell'una e dell'altra: oltre 19 milioni bruciati. L'indagine, portata avanti dalla Finanza di Parma e coordinata dai pm Paola Dal Monte e Umberto Ausiello, è stata chiusa nei giorni scorsi, e sono già partiti gli avvisi di garanzia: 41 in totale gli indagati, tra ex consiglieri d'amministrazione, membri dei collegi sindacali ed ex soci di società collegate. Tutti devono rispondere di episodi diversi di bancarotta fraudolenta (ovviamente limitati al periodo in cui erano in carica), ad eccezione di chi sedeva nei collegi sindacali, a cui viene invece contestata solo la bancarotta semplice.
Quei «giochetti» tra coop e società
Al centro dell'inchiesta, la figura di Franco Savi, numero uno della Di Vittorio dal 2006 al 2013, ma anche presidente di Polis dal 2007 al 2013. Tra gli indagati, nessun sindaco in carica, ma spunta il nome dell'ex primo cittadino di Salsomaggiore, Adriano Grolli, consigliere della Di Vittorio dal 2006 e fino al fallimento. Un default proclamato poco più di due anni e mezzo fa, ma in realtà la Di Vittorio, secondo gli inquirenti, era in dissesto già nel 2008. Eppure, si andava avanti. Spesso con operazioni tra la cooperativa e la sua controllata, anche quest'ultima, secondo la procura, già decotta dal 2008. In particolare, il presidente Savi, in concorso con altri 31 consiglieri d'amministrazione, in carica dal 2006 al 2015, avrebbe distratto 16 milioni di euro dal patrimonio della Di Vittorio, dissipandoli per finanziare Polis (6,8 milioni), che non era assolutamente in grado di rimborsare il debito, e per acquistare «dalla stessa Polis degli immobili a prezzi superiori ai valori reali», si legge nell'avviso di conclusione delle indagini, facendo uscire dalle casse della cooperativa altri 9,2 milioni.
I «Frati Minori» e via Carducci
Oltre ai finanziamenti, sono due le operazioni finite nel mirino degli inquirenti. Nel dicembre 2008 la Di Vittorio acquista da Polis il complesso «Frati Minori» di via Cavour, a Salso, sborsando 4,2 milioni di euro. Ma non c'è alcuna valida ragione economico-finanziaria, secondo la procura, anche perché l'edificio è in stato di degrado (e non viene ristrutturato), oltre ad essere comprato a un prezzo superiore al valore della perizia. Il motivo? «Al solo fine di permettere alla controllata Polis di registrare un'importante plusvalenza e di compensare parte del debito che quest'ultima doveva onorare verso la cooperativa», si legge nell'avviso di conclusione delle indagini.
Tre anni dopo, va in scena l'altra acquisizione: la cooperativa acquista da Polis il complesso immobiliare di via Carducci 21, a Fidenza, per 5 milioni. Un'altra mossa che non ha giustificazioni razionali, secondo i pm, e portata a termine «a un prezzo superiore dell'11% rispetto ai prezzi medi di vendita applicati da Polis per i medesimi appartamenti».
I due terreni di San Pancrazio
Ma non solo la Di Vittorio sarebbe stata progressivamente prosciugata. Anche dalla controllata Polis sarebbero usciti fiumi di denaro. Nell'aprile del 2008 vengono costituite le società AB1 Immobiliare e AB2 Immobiliare, tramite un bonifico bancario fatto nei giorni precedenti da Polis alla società Effe&Erre Fiduciaria. Le due società vengono messe in piedi per poter costruire su due lotti di terreno a San Pancrazio, vicino alla tangenziale nord, il cui acquisto era già stato opzionato nel 2005. Successivamente Polis acquista le quote delle due società immobiliari «senza alcuna motivazione economico finanziaria e a distanza di un solo mese dalla costituzione», scrivono i pm, sborsando 1.042.000 euro. Un'operazione che sarebbe stata gestita, oltre che da Franco Savi, anche da Enzo Monica e Mariacristina Robuschi (soci di fatto della AB1 e AB2), da Cristina e Paolo Bariggi (soci della srl La Perla, a sua volta socia di AB1 e AB2), tutti indagati per concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale.
Il lotto? Caro e non edificabile
Passano pochi mesi, e nel giugno 2008, un'altra manovra, che porta la firma di Franco Savi, numero uno di Polis, avrebbe fatto bruciare altri 2,3 milioni di euro alla società. Sono sempre i terreni di San Pancrazio al centro dell'operazione: prima dell'adozione del Piano operativo comunale, Savi e i proprietari dei terreni si accordano per l'acquisto. Ma in questo modo Polis, secondo la procura, si impegna a fare l'acquisizione senza avere la certezza che quelle terre potessero diventare edificabili. Fatto sta, che alla fine delle trattative, pur avendo sborsato quei 2 milioni e passa, Polis si trova proprietaria di un solo lotto che - si legge nell'avviso di conclusione delle indagini - «alla data del fallimento non aveva ancora il requisito dell'edificabilità e quindi di valore pari a circa euro 220.000».
Falsificazioni e mancati controlli
Eppure, fin dal 2008, sia la Di Vittorio che Polis boccheggiano. Ma - secondo la procura - si prosegue fino al 2012 taroccando i dati, con l'iscrizione di attività fittizie o omettendo di mettere nero su bianco le poste passive. E chi avrebbe dovuto controllare, ha invece dato il via libera a quei bilanci.
Ora, tutti gli indagati avranno 20 giorni di tempo per farsi interrogare, presentare documenti o memorie difensive. Poi, la procura deciderà: richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio.
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