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Compie 40 anni il palloncino «salva-vite»

Compie 40 anni il palloncino «salva-vite»

21 Settembre 2017, 13:51

Al Maggiore mille angioplastiche all'anno

Monica Tiezzi

«L'angioplastica è stata per il cuore come la penicillina per le infezioni». Parola di Luigi Vignali, responsabile della cardiologia interventistica dell'ospedale Maggiore. Uno che, assieme ad un team di altri quattro medici e 12 infermieri, di «palloncini» nelle arterie ne installa circa un migliaio all'anno.

«È stata una tecnica che ha rivoluzionato la prognosi della malattia cardiaca e salva il 20% dei pazienti con infarto acuto», continua lo specialista.

Il «palloncino salva-vita» ha compiuto da poco 40 anni. Era il 16 settembre 1977 quando il medico tedesco Andreas Gruentzig gonfia, per la prima volta, un palloncino in un’arteria coronarica con stenosi, effettuando la prima angioplastica coronarica al mondo. Da allora il successo è stato inarrestabile. Se inizialmente la produzione dei dispositivi da parte della società svizzera Hugo Schneider era di cinque palloncini alla settimana, nel 1980 le angioplastiche eseguite nel mondo erano circa 1000. La prima in Italia fu sperimentata nel 1981. Nel 1999 la statunitense Boston Scientific acquista la Schneider Medintag, sviluppando la procedura su larga scala e a livello internazionale.

Oggi in Italia si stima che per ogni bypass coronarico vengano eseguite 11 procedure di angioplastica. Nel 2016, in Italia, sono stati effettuati 154.307 interventi di questo tipo. Un migliaio anche all'ospedale Maggiore, centro di riferimento provinciale per questo tipo di interventi.

Come funziona il palloncino? «È un dispositivo inserito per via femorale, dall'inguine, o anche, sempre più spesso, per via radiale, dal polso, in un'arteria che presenta un restringimento, cioè una stenosi coronarica - spiega Vignali - Una volta arrivato “a destinazione”, il palloncino, inserito in un filo metallico molto sottile che funge da guida, viene gonfiato con un manometro esterno a 12-14 atmosfere, fino a raggiungere il diametro ideale per guadagnare il lume originario dell'arteria occlusa».

Il diametro del palloncino varia da un millimetro e mezzo a quattro millimetri e mezzo e viene scelto in base alla misura della stenosi da trattare.

Molta acqua è passata sotto i ponti dai primi interventi pioneristici del dottor Gruentzig. La novità più rilevante, spiega Vignali, è stata lo «stent», introdotto dagli anni Ottanta, una rete metallica che mantiene il risultato della dilatazione del palloncino.

«Il limite delle prime angioplastiche era infatti che l'arteria, che ha struttura muscolare, tendeva a volte a tornare nella posizione iniziale», spiega il cardiologo. Anche il problema delle reazioni fibrotiche allo stent, che finivano per ostruire nuovamente l'arteria, è stato risolto con stent medicati, che rilasciano un farmaco antiproliferativo, dice Vignali.

Oggi l'angioplastica garantisce risultati duraturi e presenta insuccessi o complicanze sotto il 2% del totale degli interventi.

Dal 2005 il numero delle angioplastiche eseguite al Maggiore si è stabilizzato sui 1000-1200 interventi l'anno.

«Dei circa mille pazienti ricoverati annualmente al Maggiore per infarto miocardico acuto, 250 circa vengono trattati in emergenza con angioplastica, gli altri a 24/48 ore dall'infarto» dice Vignali.

Rispetto al bypass coronarico (intervento chirurgico “cruento” eseguito in anestesia generale, ancora necessario in casi particolarmente complessi) l'angioplastica ha cambiato, oltre alla prognosi della malattia cardiaca, la sua percezione psicologica: «Una procedura mininvasiva che si esegue in una-due ore e richiede al massimo due giorni di degenza», conclude Vignali.

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