PIERANGELO PETTENATI
Tutti abbiamo dei sogni da inseguire; non tutti però riescono a raggiungerli per trasformarli in realtà. Il felinese Gian Marco Schiaretti è tra gli adulti che stanno vivendo il sogno di quando era bambino: cantare ed esibirsi.
In questi giorni è appena tornato a casa, a Londra, dopo essere stato a Dubai e pronto per proseguire con il tour internazionale di Evita (unico italiano del cast), musical scritto da Andrew Lloyd Webber e Tim Rice nel quale ha il ruolo del «Che» Guevara, vale a dire uno dei ruoli principali dell’opera. È grazie al musical se il suo sogno si è concretizzato: «Ho capito che questa sarebbe stata la mia vita fin dal primo momento in cui sono entrato a contatto con The Phantom of the Opera e il Notre Dame de Paris di Cocciante... Avevo 13 anni, ma ho sempre desiderato cantare ed esibirmi fin da quando ero piccolo. Fondamentale per la mia carriera è stato l’incontro con Emanuele Valla (regista e “fratello”): è stato lui il primo a credere in me e a incoraggiarmi».
In precedenza abitava in Germania, dove per 4 anni ha interpretato Tarzan, ma Londra è sempre uno dei centri mondiali per la produzione musicale: «Mi ci sono trasferito nell’autunno 2016. Quattro mesi prima, il mio agente mi chiese se avessi voluto stabilirmi a Londra e iniziare questa magnifica avventura. Evita è accaduto dopo un mese dal mio arrivo nella capitale inglese. Mi sento davvero privilegiato».
È stato difficile ottenere il ruolo del Che?
«È stato molto complesso… In questo caso il mio tratto latino ha aiutato (è praticamente richiesto nel ruolo di Che), ma le ore di studio per perfezionare l’accento e accostarmi di più ad una pronuncia british, sono state tante».
Quali sono le doti necessarie per interpretare questo spettacolo?
«Nello spettacolo vi sono tre ruoli principali (Evita, Che e Peron). Siamo costantemente sul palco per tutto il tempo, di conseguenza è molto importante essere preparati soprattutto in termini di costanza e rendimento nel tempo. Sul palco abbiamo anche un fantastico ensemble che deve contemporaneamente ballare e cantare (e recitare ovviamente). Credo che una buona formazione sia davvero importante in questo genere di spettacoli».
Pensi di continuare a cantare nei musical oppure vorresti tentare altre strade, in futuro?
«Il musical è la mia grande passione, la ritengo un’arte completa e per questo motivo sarà sempre parte della mia vita, ma sto perfezionando anche la mia recitazione cinematografica. Ho un agente anche in America e mi piacerebbe intraprendere un’esperienza oltreoceano».
Quali sacrifici occorre fare per lavorare a questo livello? E quali sono, invece, le soddisfazioni?
«Le soddisfazioni sono immense e il più delle volte sono il risultato del gradimento e della gioia visibile negli occhi delle persone a teatro, ma anche il collaborare con grandi artisti e autori. Il sacrificio è parte costante di questa professione. Ogni giorno è fatto di scelte per cercare di essere al top della condizione e per cercare costantemente di migliorarsi. I momenti difficili sono stati tanti, ma ho sempre cercato di superarli seguendo la mia strada e senza scendere a compromessi».
Cosa ti manca dell’Italia? Torneresti a lavorare per produzioni italiane?
«In Italia ho lasciato famiglia ed affetti. Parte del mio cuore sarà sempre nel Bel Paese, ma purtroppo il nostro business in penisola è completamente carente di prospettive e investimenti che possano garantire una lunga carriera teatrale. Sarà molto difficile che io possa rientrare, ma... mai dire mai! P.S. Anche La pizza mi manca sempre moltissimo».
Dal 4 al 9 maggio, «Evita» sarà al Teatro Regio di Torino per le uniche date italiane del tour. È la versione ufficiale dello spettacolo prodotto da Bill Kenwright, quindi in lingua inglese e con sottotitoli in italiano. Almeno per qualche giorno potrà tornare a respirare aria di casa e… gustarsi finalmente qualche buona pizza.
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