Georgia Azzali
«Adesso quanto vuoi? Vuoi 100 euro?». Lei, scaraventata sul letto, e quelle parole meschine che le piombano addosso. E' l'ultimo affronto, dopo anni interminabili di umiliazioni e botte. Ma a volte il coraggio ha bisogno di gesti estremi, di mortificazioni che ti fanno ritrovare lo spirito per risorgere. Per Maria (il nome è di fantasia, ndr) è stato così: quando quell'uomo con cui aveva condiviso un lungo pezzo di vita ha tentato di violentarla, ha deciso di denunciarlo. Una prima querela, e poi altre ancora, fino a mettere insieme davanti ai carabinieri quella trama lunga una ventina d'anni. Tentata violenza sessuale, lesioni e maltrattamenti: queste le accuse che hanno fatto finire l'uomo, 55 anni, parmigiano, davanti al giudice Mattia Fiorentini. E, ieri, dopo l'accordo con il pm e dopo aver risarcito l'ex convivente, la decisione di patteggiare 2 anni.
Non erano sposati, ma forse Maria non aveva mai sentito il bisogno di ufficializzare il rapporto in cui credeva. Quel figlio, poi, nato nel 1999, sembrava solo il grande punto di partenza di una storia destinata a durare. Né una speranza né un'illusione, perché quel rapporto è andato avanti fino all'autunno dello scorso anno. Fino a quella notte di ottobre, quando l'uomo, dopo essere rientrato a casa, aveva preteso che lei «ubbidisse». E quando la compagna aveva rifiutato di avere un rapporto sessuale, aveva sollevato il lenzuolo gettandola a terra. Poi, si era scatenata la reazione: violenta e rabbiosa. Una serie di pugni sulla testa, e nel momento in cui lei aveva tentato di rialzarsi, era stata ributtata sul letto. Immobilizzata, con le mani di lui che le bloccavano i polsi e un ginocchio sul petto che le impediva quasi di respirare. «Perché sei una p...», le aveva urlato in faccia. In quel momento Maria aveva trovato l'energia che forse non avrebbe mai immaginato d'avere: aveva afferrato la collana del compagno e aveva cominciato a dargli dei morsi sulle braccia, mentre lui stringeva, continuava a premere sui suoi polsi. Ma subito dopo si era placato.
Aveva evitato la violenza, però quello era solo l'ultimo capitolo di una storia che fin dall'inizio le aveva riservato pochi momenti di serenità. Già diciotto anni prima - ha poi raccontato Maria ai carabinieri - il compagno l'aveva aggredita perché lei avrebbe voluto tornare per un po' in Sudamerica, nel suo Paese d'origine. Un'altra volta, nel 2002, era stata costretta a chiudersi in camera da letto per evitare che l'uomo le mettesse le mani addosso.
Possessivo e geloso, avrebbe voluto «controllare» anche gli sguardi di Maria, tanto che due anni fa, dopo averle infilato un dito in un occhio, l'aveva minacciata così: «Ti voglio togliere gli occhi, così non vai in giro a vedere nessuno».
Ma tutto era rimasto tra le quattro mura di casa. Anche quando era finita in Pronto soccorso, non aveva mai rivelato il suo segreto: si era rifugiata dietro a una serie di scuse banali. Aveva pianto e sopportato. Fino a quella notte di nove mesi fa.
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