POESIA
Il volumetto di versi che ci ha lasciato Raffaele Rinaldi, venuto a mancare la scorsa primavera, è un piccolo gioiello. Di sole 90 pagine, compresi indici, illustrazioni, note biografiche e note critiche (una prefazione e una postfazione firmate rispettivamente da paolo Briganti e Francesco Bellofatto), è un regalo – un lascito – tanto gradito quanto inaspettato. Questa preziosa plaquette s’intitola «Venti vetri doppi»; è pubblicata per i tipi di Epika edizioni (in libreria a 16,90 euro) ed esce a cura di Alma Saporito e Paolo Briganti. Raffele Rinaldi era nato a Napoli, nel 1957.
Dopo una laurea in giurisprudenza, il lavoro in campo assicurativo in quel di Padova, si era trasferito a Parma nel 1987. Qui, a latere della propria carriera nel ramo suddetto, protrattasi fino al 2019, ha svolto un’intensa attività d’artista. Teatro, musica, recitazione, regia, organizzazioni di eventi culturali erano a lui naturalmente congeniali. Mente eclettica e cuore appassionato, Raffaele Rinaldi era persona molto conosciuta, stimata e amata. Ora si scopre poeta, in versi che non aveva mai diffuso per discrezione e, forse, pudore, unito a una certa sottesa modestia, sempre lodevole, aggiungo, di questi tempi. Avvezzo a recitare i versi dei grandi, forse non aveva osato, per una sorta di ritrosia, pubblicare i propri. Ma, per fortuna, ci stava pensando. Perché poeta, Raffaele, lo era (lo è) davvero. Se n’era accorto infatti Paolo Briganti, che lo aveva tenuto a battesimo, per così dire. Un battesimo privato, segreto, la cui cerimonia ufficiale, ahimè, si compie ora post mortem, con la pubblicazione di questo volume, certo, ma ancor più con la curatela, filologica e affettuosa insieme, di cui la nota critica iniziale riferisce le operazioni, riguardanti il reperimento dei versi; la datazione, l’ordinamento e la disposizione dei testi; la scelta del titolo; l’allestimento e la confezione del volume.
Le poesie vanno dagli anni ‘80 al primo decennio del Duemila. Una vita in versi? Non propriamente, visti gli interessi molteplici che rapivano Rinaldi in una vulcanica e feconda serie di iniziative continue e di progetti e tenuto conto della discontinuità nel tempo dei componimenti qui proposti. Piuttosto, quindi, queste poesie vanno lette e intese come note a margine – in forma di versi corti e frantumati – di una vita condotta con entusiasmo («Mitragliate / di passione / alla luna»), tenacia invitta («Corro verso est / guardo il calare / in fiamme / anch’io brucio / sino / al trasparire dei codici / del carbone / e del sangue») e perfetta consapevolezza («conosco / le dinamiche / i giorni / le ore. / I silenzi / coscienti / poi / i lavaggi / di coscienza. / Alla richiesta / di prove / agli schiaffi / di istintiva / certezza»). E quindi, tanto più degni d’attenzione questi versi, che ci mostrano l’uomo intorno al palco e ci rivelano il suo volto dietro le quinte, in un fruscio di sipario. Alcune poesie, nel loro andamento, nelle loro risonanze, risentono della vocazione musicale di Rinaldi, come nel ritornante distico che in parte fa da titolo alla raccolta («venti vetri doppi / quaranta pareti», una sorta di ritornello, insomma). Altre poesie invece ci parlano della sua vocazione teatrale, con scene che sembrano rimandare persino alla disposizione degli attori su un palcoscenico. È il caso della splendida, ancorché sofferta «In una stanza»: «ognuno / dalla sua parte / seduti / ai lati del letto / ritti / nella magrezza / capo in avanti / reclinato / custode delle ginocchia / e delle unghie dei piedi. / All’ombra / della miseria / del padre / muti / complici / sono invecchiati / nella stanza / nella stessa posizione. / Non sorridono più. / Il primo gli è rimasto fisso / è stato mortale». Ma c’è dell’altro: la ricostruzione filologica «familiare» di Alma Saporito, moglie di Raffaele Rinaldi, ha potuto rintracciare anche delle glosse, di pugno del poeta, in cui egli annotava reazioni (in versi) di fronte alle opere del pittore Carlo Bordone. Queste glosse sono riprodotte qui in volume, insieme ad un pugno di pagine del catalogo della mostra di Bordone su cui il poeta aveva vergato velocemente i propri «appunti» poetici, con tratto a biro. Si vede il graffio dell’inchiostro, il tratto energetico del verso, l’impulso, l’intuizione, così come uscivano dal polso di Rinaldi. Anche nella sua composizione, dunque, risulta vario questo volume, il quale verrà presentato da Alma Saporito, Paolo Briganti e da chi scrive domenica alle 11 alla libreria Feltrinelli di via Farini. Leggerlo è un modo in più per ricordare Raffaele Rinaldi, che ora ci saluta da dietro questi vetri doppi; e la sua voce, grazie alla poesia, è da ora più vicina.
Camillo Bacchini
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