INSERTO LA DOMENICA / ARTE
Sergio Ragalzi non c'è più ma il suo pensiero vive per la potenza del contenuto e l'efficacia della rappresentazione.
Scomparso lo scorso luglio, l'artista torinese si è imposto sulla scena nazionale e internazionale per il suo linguaggio diretto, duro, per niente ammiccante ai gusti correnti, affatto accondiscendente verso il pensiero di massa. Semmai severo nei confronti di un'umanità allo sbando, circondata da ombre, sopraffatta dal timore del futuro. Un pensiero, il suo, lungimirante, profondo, legato alle angosce del mondo. Non risulta strano che in passato si sia presentato all'inaugurazione di una sua mostra indossando la maschera antigas.
Apprezzato da collezionisti privati, istituzioni pubbliche e critici d'arte, Ragalzi ha saputo utilizzare il mezzo pittorico e quello scultoreo, mischiando fantasia e concetto, realismo apparente e filosofia. Con un'unica costante: l'utilizzo del colore nero. Che si tratti di sagome dipinte o di insetti giganteschi gonfiabili, creature mostruose prefiguranti scenari apocalittici e post atomici la sintassi utilizzata dall'artista è tra le più riconoscibili e drammatiche nel panorama dell'arte contemporanea.
«Sergio Ragalzi. Tutte le nostre scimmie», alla Galleria Niccoli (via Bruno Longhi) fino al 28 febbraio, a cura di Roberto e Marco Niccoli, porta a Parma la voce potente di un artista che incarna il malessere di una società decadente, sempre più lontana dai sogni e sempre più vicina agli incubi peggiori.
Venti opere - bitume e acrilico su tela - riproducono negli spazi della galleria, una foresta immaginaria popolata di scimmie liberi di rappresentare le nostre peggiori paure.
«Con le “Scimmie Liquide”, Ragalzi apre uno spiraglio di redenzione nella sua poetica postapocalittica – avviata nel 1983 con le “Ombre” prima, gli “Insetti” e i “Virus” poi – ritraendo l’uomo nella sua forma archetipica della scimmia, proiezione delle sensibilità più animalesche e primordiali - scrive Massimo Belli nel testo esplicativo della mostra -. L’aspetto – e la materia stessa – bituminoso delle sagome, riflette la luce di un nero terso e plastico mutuato dalle poetiche di due grandi maestri del Novecento come Burri e Fontana. Le pose dei primati, perturbanti nella loro carica espressiva, vengono amplificate dal formato medio-grande della tela, capace di portarle su scala “umana” innescando un meccanismo di immedesimazione con lo spettatore capace di trasportare la visione in una dimensione privata, che trasforma le Scimmie nelle proiezioni delle nostre angosce e delle nostre suggestioni».
La mostra sarà aperta fino al 28 febbraio lunedì e mercoledì dalle 9 alle 12.30 e dalle 15 alle 18, martedì, giovedì e venerdì dalle 9 alle 12.30; sabato su appuntamento. Per informazioni: 0521-282669 - Video courtesy galleria d'arte Niccoli.
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