CINEMA
Moretti, uno di noi: "Il sol dell'avvenire", ne parliamo con Filiberto Molossi.
No, non sono solo parole: è anche il tempo che passa, il pistacchio di Bronte, Roma in monopattino (e non più in Vespa), quel giovane dai capelli lunghi che parla troppo alla fine della «Dolce vita» e invece dovrebbe solo pensare a baciare la ragazza che ha di fianco... No, non sono solo parole Nanni: è il cinema, sospeso sul trapezio di un circo senza sapere cosa succederà; con gli odiati sabot («una tragica visione del mondo»), Netflix (e il momento «what a fuck»?), ma anche la coerenza, i princìpi («che due o tre nella vita bisogna averli»), la voglia - sacrosanta . di non essere come tutti. E Tenco, Noemi, la Fonte di Ramiola. E gli elefanti, sì gli elefanti: che mai si riuscisse a fare andare d'accordo quelli francesi con i tedeschi...
Mettetela come vi pare, ma è un film a cui non si può non volere bene questo: nemmeno tra mille anni. Nemmeno tra un milione. E non solo perché è onesto, sgomento, malinconico, commovente, spiritoso: ma anche perché è autoanalitico e autoironico, ma mai autoassolutorio. Un film che sa essere triste come il circo, ma altrettanto magico e pieno di sorprese: là, nella recita di una recita, dove gli uomini non cambiano mai e gli artisti e gli intellettuali finiscono col cappio al collo, magari solo per insegnare (a noi e a loro stessi) a vivere.
Ecce Nanni: è un Moretti all'ennesima potenza, fragile e geniale, irresistibile e solo, quello che si mette in gioco - senza rete - ne «Il sol dell'avvenire» e tra gelati e antidepressivi porta sullo schermo tutto se stesso, le manie, le passioni, i tormentoni, le idiosincrasie. E i suoi luoghi comuni, i suoi punti fermi, la sua idea (e filosofia) di cinema, le amarezze, le risate, i rimpianti, gli obiettivi. Facendo (senza concedersi sconti) i conti con sé e con quello che il pubblico si aspetta da lui: ancora una volta orgogliosamente controcorrente, eppure mai come oggi uno di noi, rappresentante non tanto di una minoranza silenziosa quanto di un'umanità che non accetta di tacere- O di smettere di ribellarsi.
E così, mentre realtà e finzione si mescolano nelle porte girevoli del film dell'anima, Nanni diventa Giovanni, regista che dirige la storia di un circo ungherese ospitato nella Roma del '56 da una sezione locale del Pci («ma come? In Italia c'erano i comunisti?), proprio nei giorni dell'invasione russa a Budapest. Ma le cose non vanno troppo bene nemmeno al giorno d'oggi: il produttore francese finisce in manette, la moglie del regista (Margherita Buy, fedelissima dell'ultimo Moretti, che con Silvio Orlando, Barbora Bobulova, Mathieu Amalric, Jerzy Stuhr, Blu Yoshimi e tanti altri compone un cast oliatissimo e «a tono») sta per lasciarlo...
Poetico, denso, generoso, il bellissimo film di Moretti affronta la crisi (professionale, personale e d'epoca) facendo, per una volta, la storia con i se, lasciando che, tra mille canzoni e altrettante, celesti, citazioni (due su tutte: «Un uomo a nudo» - titolo non casuale in questo contesto -, nonché titolo straordinario e sottovalutato, e «Breve film sull'uccidere» di Kieslowski, un regista fondamentale di cui, chissà perché, non si parla più...), il privato si fonda con il pubblico e viceversa. Un film toccante, «Il sol dell'avvenire», libero ancora prima che felliniano, capace di sequenze esilaranti e nello stesso tempo rivelatrici (la riflessione, alta, sull'etica del cinema, sulla pericolosità di una violenza che «non ha peso», che è solo intrattenimento). L'opera matura di un regista che ti fa sentire parte della sua stessa grande marcia. Nella speranza che quel saluto non sia un addio ma solo un arrivederci. Anche perché nessuno come Nanni lo sa: domani è un altro giorno e il sole (dell'avvenire) sorge ancora.
Filiberto Molossi
Regia: Nanni Moretti
Interpreti: Nanni Moretti, Margherita Buy
Ita/Fra 2023, colore, 1 h e 35'
Genere: Commedia/Drammatico
Dove: Astra, The Space Campus e Centro
Giudizio 4/5
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