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Cinema Astra

«La Duse, antieroina che ha lottato per l'emancipazione femminile»

«La Duse, antieroina che ha lottato per l'emancipazione femminile»

di Emanuele Marazzini

12 Settembre 2025, 09:25

«La mascella forte, le labbra carnose, gli occhi socchiusi, grandi, pensosi. Da lì ricavava tutto il suo fascino; da lì esprimeva il temperamento che l’aveva resa nota e la faceva amare nei teatri di tutta Europa. Lo sguardo - pieno di sentimento e di un’estenuazione per nulla affettata - la rendeva magnetica»: così lo storico Giordano Bruno Guerri dipinge a parole il viso e lo charme di Eleonora Duse, la leggendaria diva amante di D’Annunzio che da Vigevano (dove nacque da una coppia di attori girovaghi) a Pittsburgh (dove morì di polmonite, sola in una stanza d’albergo) compì un percorso artistico eccezionale, ma ormai pressoché dimenticato; o almeno sino all’anno scorso, quando si è celebrato il centenario della morte.
Così, dopo il bel documentario «Duse - The Greatest», anche il cinema d’autore ha voluto omaggiare la «Divina» (che recitò peraltro in uno dei primissimi film italiani, «Cenere»). Come? Attraverso il talento di Pietro Marcello, regista di «Martin Eden», il quale nella sua ultima produzione, «Duse» (in concorso a Venezia), si è affidato per la parte della protagonista a Valeria Bruni Tedeschi, ospite ieri sera - insieme a Fanni Wrochna che interpreta la sua assistente e al parmigiano Savino Paparella, medico della Duse - in un Astra super sold out per l’anteprima nazionale del film. «Per la prima proiezione, tra Toronto e Parma non ho avuto dubbi» ha rotto il ghiaccio l’attrice de «La pazza gioia», intervistata da Filiberto Molossi e Benedetta Bragadini davanti ad un pubblico adorante, «questo è un ruolo unico di cui sono davvero grata. Poi posso anche non fare più niente… La Duse è stata un’antieroina e tutto quello che non ho capito della vita, l’ho riversato in lei. Sono diventata sua amica scoprendola piano piano come una persona che conosciamo in treno». «Duse» non mappa l’intera biografia dell’attrice, ma si concentra sul suo ritorno al palcoscenico dopo una lunga assenza (nelle foto sembra vecchissima, ma aveva solo sessantadue anni) e un’esperienza cinematografica deludente: «Pochi sanno che la Duse si mise a studiare questa nuova arte visiva, diresse persino un film, ma poi comprese che non faceva davvero per lei - ha proseguito la Bruni Tedeschi - da giovane lavorai insieme alla coach americana, ora scomparsa, Geraldine Baron che organizzava degli stage ad Asolo - dove la “Divina” è sepolta - per far respirare agli allievi il profumo, l’atmosfera di lei. Era ossessionata dalle sue mani, dai suoi gesti e ci faceva vedere di continuo “Cenere”. Così, per calarmi nel personaggio, al mattino, durante le riprese, organizzavo delle riunioni con lei e la Duse; parlavo con loro per trovare l’ispirazione. Mi preme sottolineare che la Duse è stata una femminista, ma non ideologica: ha sempre rivendicato la propria libertà, spiritualmente ed artisticamente. La sua lotta per l’emancipazione femminile ha dunque seguito strade particolari. Ad esempio organizzò una libreria per le attrici che non lavoravano e dove potevano anche dormire».

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