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ECONOMIA

Dubai 2020: Expo, cose dell'altro mondo

La Terra non ci basta più: prove di conquista dello spazio. Non solo Usa e Cina, oggi ci provano tutti

dubai expo 2020

Dubai Expo 2020

di Aldo Tagliaferro

14 Dicembre 2021, 08:31

Siamo ancora discretamente lontani dal risolvere su questo pianeta i problemi - strettamente intrecciati - di mobilità e sostenibilità, eppure si pensa già al prossimo: Marte, Venere, chissà? Il mondo investe nello spazio e l'Expo di Dubai è la grande, fantasmagorica, vetrina dove mettere in mostra le magnifiche sorti e progressive dell'uomo del nuovo Millennio e i miliardi di dollari di investimenti che le economie (tutte, da Est a Ovest) stanno riversando nella «conquista» dello spazio.
Quell'enorme luna park che fatalmente è oggi un evento come l'Expo ci suggerisce la direzione ma fallisce nell'indicare le soluzioni, perdendosi nella spettacolarizzazione di padiglioni destinati a un pubblico fin troppo generalista e lasciando semmai ai singoli eventi per pochi - seminari, incontri, approfondimenti - il compito di andare in profondità. Ma della vera innovazione, quella che le imprese fanno tutti i giorni e che corre più veloce dell'Expo, tra le luci di Dubai restano solo deboli tracce filtrate dalle parate governative.


Contraddizioni
I temi ormai obbligati della sostenibilità e della transizione ecologica esibiti all'Expo in realtà stridono con tutto ciò che accade intorno al quartiere sorto in un lembo di deserto della più sfavillante metropoli degli Emirati: le auto elettriche sono mosche bianche, così come le colonnine di ricarica (e poi ci lamentiamo dell'arretratezza dell'Italia). Certo, a Dubai la benzina costa meno dell'acqua, che poi non c'è: per consentire di vivere nel lusso una città di 3,3 milioni di abitanti (almeno la parte ricca, perché l'esercito di pendolari indiani ha stipendi da miseria) funzionano giorno e notte giganteschi impianti di dissalazione, per lo più termici, alla faccia della sostenibilità, con i Tir di «waste water» in continuo movimento verso il deserto...
Insomma si predica bene (all'Expo), si razzola malissimo in città. Ecco allora che, prima di tornare al tema dello spazio, una deviazione al piccolo ma significativo padiglione dell'Autorità per l'energia di Dubai può essere utile per capire meglio cosa effettivamente bolle in pentola. Dopo aver attratto capitali (chapeau) da ogni angolo del globo, anche gli sceicchi ora si pongono il problema di un mondo post-petrolifero. E allora sfruttando due elementi che non mancano, il sole e il deserto, si sta costruendo il più grande impianto solare del mondo (Mohammed bin Rashid Al Maktoum Solar Park) che per il 2030 con una capacità di 5.000 MW fornirà il 50% del fabbisogno di Dubai e per il 2050 salirà al 75%. Se ci pensiamo bene, sono tempi molto dilatati rispetto all'urgenza del cambiamento climatico.


Ma il progetto più interessante dovrebbe sorgere - usiamo il condizionale perché tra il dire e il fare c'è pur sempre di mezzo la propaganda - a Hatta, sui monti al confine con l'Oman. Si tratta di un impianto idroelettrico basato su due enormi bacini costruiti con le acque reflue (che come abbiamo visto abbondano) con un dislivello di 300 metri: l'energia prodotta in modo pulito (per caduta) è di 1.500 mWh e il pompaggio dell'acqua verso l'alto assorbirebbe circa il 10% di quanto prodotto. I tempi? Rapidissimi: una sorta di “generatore” di scorta pulito e pronto per l'uso in appena 90 secondi. L'investimento è di 1,4 miliardi di dirham (350 milioni di euro).

dubai expo 2020


Verso lo spazio
Ma torniamo al grande tema dell'Expo: anche se i tre padiglioni tematici sono dedicati a Mobilità, Terra, Opportunità, l'indicazione netta è quella della ricerca di uno spazio oltre il nostro pianeta, dove il fenomeno delle migrazioni - in crescita da vent'anni - rende necessari nuovi spazi anche per rendere più sostenibili quelli attuali: al 2019 erano 272 milioni le persone migrate per lavoro, disastri naturali, guerre, educazione... La corsa allo spazio non è più solo appannaggio esclusivo di Usa, Cina e Russia, ma vede coinvolti anche Paesi come India e Kazakhstan (un padiglione dove - a differenza di quello italiano - c'è sempre coda all'ingresso...) e perfino gli Emirati Arabi Uniti, che di sfide in luoghi inospitali ne sanno qualcosa: gli Emirati stanno studiando le possibilità di vita su Marte con un progetto partito nel luglio dello scorso anno (Hope Probe); il problema è che pur essendo Marte il pianeta più ospitale dopo la Terra nella nostra galassia, l'atmosfera marziana è troppo sottile per permettere all'uomo di viverci, la temperatura media si aggira intorno ai -63°, la quota di diossido di carbonio nell'aria è del 95% e praticamente tutta l'acqua è ghiacciata. Houston, pare che abbiamo più di un problema: però tutti gli scienziati del mondo stanno lavorando. Vedremo.


L'Italia c'è
Tranquilli, ci siamo anche noi nella corsa verso lo spazio. E lo facciamo con una regione per molti inattesa, la Puglia. Forse non tutti sanno che la Puglia ospita un Distretto Tecnologico Aerospaziale all'avanguardia che coinvolge diverse aziende dell'Ict e il Politecnico di Bari, in prima fila nella costruzione e progettazione di materiali compositi in fibra di carbonio e sistemi intelligenti motoristici, aeronautici e spaziali (Boeing ha importanti commesse a Grottaglie). L'aerospaziale in salsa pugliese (540 imprese, 7.931 addetti, 737,9 milioni di export nel 2019) è una delle eccellenze che l'Italia schiera in un padiglione che per il resto si perde fra suggestioni nautiche - e il mare, si è capito, non è più di moda in tempi di suggestioni spaziali - ed è inspiegabilmente orfano della sua locomotiva lombarda e di altre quattro regioni...


Mobilità, tecnologia e alternative
L'altra grande sfida contemporanea, per molti versi più stringente per i cambiamenti a cui sottopone l'industria mondiale, è quella della mobilità sostenibile. Con la terra ormai ingolfata si cercano vie di uscita verticali, ad esempio con investimenti sulla guida autonoma nei cieli: sempre a Dubai già dal 2017 si sta testando l'Autonomous Air Taxi, velivoli elettrici di trasporto, ma a dimostrazione che l'Expo (previsto tra l'altro nel 2020, poi posticipato per la pandemia) non tiene il ritmo dell'innovazione, pochi giorni fa Londra ha annunciato un progetto da 15 milioni di sterline per sviluppare un aereo di medie dimensioni alimentato a idrogeno liquido...


E poi proliferano le soluzioni alternative come l'hyperloop, il treno ad altissima velocità su cui si lavora ormai da parecchi anni e che pur non essendo una novità in senso assoluto continua a destare curiosità anche all'Expo di Dubai: in pratica le capsule superano i 1200 km/h all'interno di un tubo a bassa pressione. Un'idea che ha almeno un secolo, ma solo oggi la tecnologia potrebbe fare viaggiare uomini e merci alla velocità del suono. E del resto anche la mobilità elettrica ha più di cent'anni (pensiamo ai tram) e perfino la mitica Lohner-Porsche, concepita dal genio di Ferdinand Porsche nel 1900, si basava su un motore elettrico per mozzo: fu svelata all'Esposizione Mondiale che quell'anno era ospitata da Parigi. Dopo 121 anni l'auto elettrica sta quasi per diventare lo standard. Magari fra un secolo vivremo davvero su Marte...

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