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ECONOMIA

Tfr, meglio in azienda o nei fondi pensione?

Tfr, meglio in azienda  o nei fondi pensione?

di Patrizia Ginepri

05 Febbraio 2024, 09:53

Èmeglio lasciare il Tfr in azienda ritirandolo come liquidazione al termine del rapporto di lavoro oppure conviene farlo confluire in un fondo pensione? Quelli assunti dopo gli anni duemila lo sanno: insieme al contratto di lavoro viene fornito un modulo sulla scelta della destinazione del Tfr. Un documento che anche se non verrà riconsegnato potrà avere delle ripercussioni. Infatti, “non scegliere” equivale a lasciare la liquidazione in azienda. Destinarlo a un fondo pensione, di secondo o terzo pilastro (ovvero ad adesione collettiva o individuale), offre l'opportunità di investirlo e di integrare così l’assegno pensionistico pubblico al momento del ritiro definitivo dal lavoro.

Le scelte dei lavoratori

Secondo i dati forniti da Covip, alla fine del terzo trimestre del 2023, le posizioni aderenti alle forme pensionistiche complementari sono 10,6 milioni, il 3% in più rispetto alla fine del 2022. Nei fondi negoziali si registrano 188.000 posizioni in più rispetto alla fine dell’anno precedente (+4,9%), per un totale che sfiora i 4 milioni. Gli incrementi più alti continuano a registrarsi nel fondo rivolto al settore edile (+86.700) e nel fondo del pubblico impiego (+28.900 posizioni), per il quale è attiva l’adesione anche tramite silenzio-assenso per i lavoratori di nuova assunzione; seguono il fondo destinato al settore del commercio, turismo e servizi (+13.300) e quello rivolto all’industria metalmeccanica (+10.300). Nelle forme pensionistiche di mercato, si rilevano 71.000 posizioni in più nei fondi aperti (+3,8%); meno dinamico il segmento dei Pip (piano individuale pensionistico) con 40.000 posizioni in più (+1,1%).

I rendimenti

Nei primi nove mesi del 2023 tutte le tipologie di forme pensionistiche e di comparti registrano in media risultati positivi, in particolare nelle gestioni con una maggiore esposizione azionaria. Per i comparti azionari si riscontrano rendimenti in media pari al 4,5% nei fondi negoziali, al 5,5% nei fondi aperti e al 6% nei Pip. Per le linee bilanciate i risultati sono in media del 2,1% nei fondi negoziali, 2,2% nei Pip e 3% nei fondi aperti; più contenuti sono i rendimenti dei comparti obbligazionari e garantiti, in media dell’ordine dell’1-2%

Valutando i rendimenti su orizzonti temporali più coerenti con le finalità del risparmio previdenziale, nel periodo che ai dieci anni da inizio 2013 a fine 2022 aggiunge anche i primi nove mesi del 2023, i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si collocano intorno al 5% per tutte le tipologie di forme pensionistiche; per le linee bilanciate, i rendimenti medi vanno dall’1,8% dei Pip, al 2,7 dei fondi negoziali e al 3 dei fondi aperti. Osservando la distribuzione dei risultati dei singoli comparti tra le diverse tipologie di forma pensionistica e le diverse linee di investimento, tutti i comparti azionari e buona parte dei bilanciati mostrano rendimenti più elevati rispetto al Tfr.

La scelta

Chi sostiene che la destinazione più conveniente del trattamento di fine rapporto sia quella del fondo pensione, elenca diverse ragioni, la prima delle quali è sicuramente di tipo fiscale, in quanto il Tfr in azienda non viene tassato subito, ma solo al momento in cui il lavoratore lo riceverà come liquidazione al termine del rapporto di lavoro. In questo caso, sarà sottoposto a tassazione separata ad aliquota media degli ultimi cinque anni, comunque non inferiore al 23%. La stessa cosa avviene in caso di accantonamento al Fondo Tesoreria: il Tfr è soggetto a tassazione separata che, a seconda dei casi, può toccare percentuali pari o superiori al 23%.

Al contrario, in caso di adesione alla previdenza complementare, le somme liquidate al pensionamento, relativamente ai contributi versati dal 1° gennaio 2007, subiscono una ritenuta a titolo d’imposta del 15%. Non solo. Se l’anzianità di partecipazione al fondo è superiore ai 15 anni, l’aliquota diminuisce dello 0,30% per ogni anno di successiva adesione, sino al limite massimo di riduzione corrispondente al 6%. Di conseguenza, gli aderenti che hanno totalizzato 35 anni di partecipazione al fondo pensione vedranno applicarsi una tassazione al 9% e non al 15%. Da notare che la parte di rendita derivante da contributi non dedotti o dai rendimenti della gestione, è completamente esente da imposte. Ultima ma non meno importante è la deducibilità dall’Irpef (entro il limite di 5.164,57 euro) dei versamenti a carico del contribuente e/o del datore di lavoro. Altra differenza molto importante da valutare prima di scegliere l’uno o l’altro, riguarda l’accessibilità alle somme accantonate. Il Tfr accantonato in tesoreria o in azienda è liquidato alla cessazione del rapporto. Al contrario, eccezione fatta per le anticipazioni e i riscatti (soggetti comunque ad una serie di requisiti) le somme destinate alla previdenza complementare saranno disponibili solo al pensionamento.

Possibili richieste di anticipazione di Tfr e fondi

Sia per quanto riguarda il Tfr che per i fondi pensione è possibile ritirare somme in anticipo, con qualche piccola differenza. Iniziamo dai fondi. Gli anticipi sul tesoretto maturato sono consentiti nel caso si debbano sostenere spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche, che riguardano l’iscritto, il coniuge e i figli, si può ottenere fino al 75% della posizione individuale maturata. La richiesta può essere inoltrata in qualsiasi momento. Altra motivazione consentita riguarda l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa di abitazione per sé o per i figli. Anche in questo caso si può ottenere fino al 75% della posizione individuale maturata. E' importante sottolineare che la richiesta può essere inoltrata soltanto dopo otto anni di partecipazione alla previdenza complementare. Per ulteriori esigenze non documentate è possibile ottenere una somma fino al 30% della posizione individuale maturata. Anche in questo caso la richiesta può essere inoltrata solo dopo otto anni di partecipazione alla previdenza complementare.

Per quanto riguarda il Tfr lasciato in azienda, se si vuole chiedere un anticipo è necessario, anche in questo caso, essere in possesso di alcuni requisiti. Innanzitutto la richiesta deve esser presentata da lavoratori dipendenti del settore privato, a patto che siano in azienda da almeno 8 anni. L’anticipo fino al 70% è erogato nel caso sussista una giusta motivazione, non solo sanitaria o legata all'acquisto di una casa. L'anticipo non può essere, invece, richiesto dal dipendente pubblico. Quest’ultimo può al più ricorrere ad un istituto in parte differente. Infatti, il legislatore ha previsto la possibilità di concludere un contratto con una banca al fine di ottenere la liquidazione di una somma corrispondente al trattamento di fine rapporto. Tuttavia, il lavoratore dovrà pagare un piccolo interesse.

Il parere dell'esperto

«La differenza tra fondi chiusi e fondi aperti - premette Paolo Zani, esperto di previdenza e fondatore del blog “tuttoprevidenza.it - è che il fondo chiuso è contrattuale, ovvero gestito dai contratti collettivi nazionali di lavoro. L'aspetto più importante che lo caratterizza è che prevede sempre il contributo obbligatorio del datore di lavoro». In sostanza, aderire al fondo pensione negoziale (ad esempio il Cometa per i lavoratori metalmeccanici o il Fonchim per i chimici), oltre al versamento del Tfr, permette di ottenere anche un contributo extra - spesso attorno all’1% della retribuzione lorda - che il datore di lavoro è tenuto a conferire.

«A mio parere oggi non conviene più lasciare il Tfr in azienda perché è cambiato il mondo del lavoro. Aveva un senso in passato perché le persone lavoravano in un'azienda per 30-40 anni. Oggi essendoci una mobilità spinta da un'impresa all'altra le persone si trovano ad avere tanti Tfr nel corso della vita lavorativa. Non solo. Al di là del rendimento che sicuramente non è molto alto, i fondi chiusi sono estremamente sicuri. Faccio un esempio: quando c'è stato il crac della Parmalat non c'era un solo fondo che avesse in pancia azioni della multinazionale del latte. Naturalmente se si passa, ad esempio, dal settore metalmeccanico a quello chimico anche il fondo può essere trasferito, diventa in pratica una sorta di Tfr ma con un rendimento sicuramente migliore. Oggi diventa fondamentale integrare la pensione, che ai miei tempi valeva circa l'80% dell'ultimo stipendio mentre oggi, con il sistema contributivo, se va bene raggiunge il 60%».

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