Solo il tempo potrà dire se è stata davvero la «migliore intesa possibile», come l’ha definita il premier Conte. Ma, di certo, quello uscito dal vertice europeo è un buon risultato per lui e per il suo governo. La quota italiana del Recovery fund si attesta a 209 miliardi, più di 80 in aiuti a fondo perduto e il resto prestiti. Si tratta di oltre un quarto del plafond complessivo delle risorse stanziate che arrivano a 750 miliardi.
Rispetto alle prime ipotesi avanzate dalla Commissione Ue, i paesi frugali capitanati dall’Olanda hanno imposto una serie di paletti e condizioni. Alla fine però l’asse Merkel-Macron l'ha spuntata e ora l'Unione europea potrà recuperare risorse sul mercato emettendo bond. Conte è stato abile a infilarsi nella scia dell’asse franco-tedesco e a portare a casa più soldi che poteva.
Si potrebbe dire, una bella vittoria in una trasferta difficile. Ma ora c’è una partita casalinga insidiosa che attende il premier. Non sarà facile gestire bene quei fondi con una squadra di governo e una maggioranza che spesso e volentieri sono parse inadeguate e piene di contraddizioni. Nell’esultanza generale già si vedono i primi segnali di tensioni sia nel Pd che fra i Cinque stelle. E non è un bell’inizio. Quel che serve ora è un cambio di passo. Bisognerebbe fare presto e bene. Investimenti produttivi che aiutino davvero la ripresa, invece che sussidi a pioggia. Su questa partita Conte si gioca le sue ambizioni politiche, forse anche quella di andare al Quirinale. Ma soprattutto l’Italia si gioca il suo futuro.
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